22 Settembre 2014

Gli inviti al contraddittorio del “nuovo” redditometro

di Nicola Fasano
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Nell’ambito dell’accertamento da redditometro, l’Agenzia delle Entrate, come noto, a partire dal mese di maggio scorso ha recapitato i primi
inviti a comparire richiedendo informazioni e documenti, ex art. 32, d.P.R. 600/73, aventi ad oggetto il
periodo di imposta 2009 e finalizzati a far chiarire lo
scostamento (di oltre un quinto) rilevato fra il reddito dichiarato e quello determinabile sinteticamente sulla base del “nuovo” art. 38, co. 4 e seguenti, d.P.R. 600/73.
A fronte di tali inviti il contribuente, nella gran parte dei casi, avrà fornito all’Ufficio la documentazione richiesta, cercando di
giustificare il disallineamento, anche perché in caso di
omessa risposta l’Ufficio potrebbe optare per l’applicazione di
più penetranti poteri di controllo (come ad esempio le indagini finanziarie), oltre che applicare la
sanzione da 258 a 2.065 euro prevista dall’art. 11, D.Lgs. 471/97.
L’effetto più insidioso, tuttavia, della mancata o incompleta risposta da parte del contribuente potrebbe essere quello previsto dall’art. 32 co. 4 del d.P.R. 600/73 ”
le notizie ed i dati non addotti e gli atti, i documenti, i libri ed i registri non esibiti o non trasmessi in risposta agli inviti dell’ufficio non possono essere presi in considerazione a favore del contribuente, ai fini dell’accertamento in sede amministrativa e contenziosa. Di ciò l’ufficio deve informare il contribuente contestualmente alla richiesta”. Tale preclusione, peraltro, spesso invocata in giudizio dagli Uffici, è stata notevolmente
mitigata dalla giurisprudenza di legittimità secondo cui la disposizione opera solo quando nell’invito vi è l’espressa indicazione degli effetti del rifiuto di esibizione della documentazione (in tal senso Cass. n. 453/10). Disposizione che, d’altro canto, la CTP di Como (sent. n. 133 del 25.2.2014) ha recentemente
rinviato alla Corte Costituzionale in quanto potenzialmente lesiva del principio costituzionale della
parità delle parti in ambito processuale.
La stessa Agenzia delle Entrate, inoltre, con specifico riferimento alla procedura del nuovo redditometro nella
circolare 10/E/2014 ha chiarito che eventuali documenti non prodotti in esito al primo invito a comparire
possono essere esibiti nel (secondo) contraddittorio che l’Ufficio è comunque tenuto ad attivare.
E proprio in queste ultime settimane, a parte i casi “fortunati” in cui il controllo è stato archiviato, stanno arrivando gli inviti a comparire per attivare il contraddittorio finalizzato all’eventuale
accertamento con adesione, contenenti la pretesa impositiva formalizzata dall’Amministrazione finanziaria, a fronte dei quali sono possibili
diverse strategie, da valutare a seconda dei casi.
La prima, da considerare soprattutto in presenza di importi non particolarmente elevati o comunque quando la ricostruzione dell’Ufficio appaia solida e le giustificazioni nonché i documenti addotti dalla parte siano “lacunosi”, è
l’integrale adesione alle pretese avanzate dall’Agenzia delle Entrate, che comporta la riduzione delle sanzioni a
un sesto del minimo. In tal caso, per chiudere la partita con il Fisco, si devono pagare tutte le somme dovute (imposte, interessi e sanzioni ridotte) entro i
15 giorni precedenti alla data di comparizione (art. 5 co. 1-bis del D.lgs. 218/97). Qualora si opti per la
rateizzazione, entro il suddetto termine, deve essere pagata la prima rata. Si ricorda che gli importi possono essere versati fino ad un massimo di otto rate trimestrali oppure dodici rate trimestrali, se le somme definite superano i 51.645,69 euro. In ogni caso, non è richiesta la prestazione di
alcuna garanzia.
Qualora invece si ritiene che vi possano essere margini apprezzabili di difesa, il contribuente potrà dar corso
all’accertamento con adesione con l’intento di ottenere una riduzione dell’imponibile tale da determinare, complessivamente, una somma dovuta inferiore a quella iniziale formalizzata nell’invito, tenendo conto del fatto che, in caso di accertamento con adesione, le sanzioni sono
ridotte a un terzo del minimo. E’ possibile chiedere la
rateizzazione alle medesime condizioni viste nell’ipotesi precedente.
Qualora l’adesione non si dovesse perfezionare (o il contribuente non si presenti al contraddittorio), l’Ufficio notificherà
l’avviso di accertamento vero e proprio a fronte del quale il contribuente può:
  • prestare acquiescenza ai sensi dell’art. 15 del D.Lgs. 218/97, fruendo della riduzione delle sanzioni a un terzo dell’irrogato. Si tratterà, verosimilmente, di un’ipotesi rara, in quanto sarebbe stato senz’altro più conveniente aderire fin dall’inizio all’invito al contraddittorio sfruttando la riduzione ad un sesto delle sanzioni E’ possibile comunque optare per la rateizzazione alle stesse condizioni viste in precedenza;
  • definire le sole sanzioni a un terzo dell’ammontare irrogato ai sensi dell’art. 17 del D.Lgs. 472/97, pagando quanto dovuto entro il termine per il ricorso (in tal caso non è prevista alcuna possibilità di rateizzazione) e impugnare l’accertamento per ciò che riguarda le sole imposte, tenendo presente che, anche in caso di esito positivo del contenzioso, non si potrà richiedere la restituzione delle sanzioni pagate;
  • impugnare l’avviso di accertamento ricordando che se le imposte accertate non superano i 20.000,00 euro, il contribuente è tenuto a presentare, a pena di improcedibilità, apposita istanza di mediazione/reclamo (art. 17-bis, D.Lgs. 546/92), con riduzione delle sanzioni al 40% in caso di avvenuta mediazione. Anche in questo caso è possibile richiedere la rateizzazione;
  • se le imposte richieste superano i 20.000,00 euro, è possibile definire la lite tramite conciliazione giudiziale (art. 48, D.Lgs. 546/92) fino all’udienza di trattazione del giudizio di primo grado, beneficiando della riduzione delle sanzioni al 40%. Anche in questo caso è possibile richiedere la rateizzazione.
Da ultimo, vale la pena evidenziare che a seguito della notifica dell’accertamento vero e proprio non potrà essere esperita la procedura di adesione, svolta già in precedenza, con la conseguenza che la connessa
sospensione di
90 giorni del termine per impugnare,
non opera.