1 Ottobre 2021

Fuori dal reddito agrario la donazione di sangue animale per fini farmaceutici

di Alberto RocchiLuigi Scappini
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L’Agenzia delle entrate, con la risposta a interpello n. 633/E del 30 settembre 2021, ha ritenuto non rientrante nel perimetro di cui all’articolo 32 Tuir, la donazione (cessione) di plasma prelevato da equini e bovini a un’azienda farmaceutica/veterinaria da parte di un allevatore, restando possibilista sulla ricomprensione dell’attività nel perimetro applicativo dell’articolo 56-bis Tuir.

Nel caso di specie, un allevatore di bovini e di equini aveva ceduto il plasma ad aziende farmaceutiche/veterinarie che avevano autonomamente effettuato il prelievo.

Successivamente, il plasma veniva trattato con appositi macchinari di plasmaferesi e commercializzato, dalla stessa, come prodotto farmaceutico sterile iniettabile come rimedio naturale e biologico per la cura delle infezioni di equini e bovini in sostituzione degli antibiotici chimici.

Come noto, l’articolo 32, comma 2, lettera c), Tuir prevede che sono produttive di reddito agrario le attività connesse di cui all’articolo 2135 cod. civ., dirette alla manipolazione, conservazione, trasformazione, commercializzazione e valorizzazione, ancorché non svolte sul terreno, di prodotti ottenuti prevalentemente dalla coltivazione del fondo o del bosco o dall’allevamento di animali, a condizione che tali prodotti siano ricompresi in un decreto Mef, su proposta del Mipaaf, di emanazione biennale (da ultimo vedasi il D.M. 13.02.2015).

La risposta dell’Agenzia delle entrate, a dire il vero, è a dir poco asciutta. Infatti, si legge testualmente che “Dall’analisi della summenzionata tabella ( il decreto 13 febbraio 2015 n.d.A) emerge che il sangue non viene elencato come bene che forma oggetto dell’attività agricola. Pertanto, ai fini fiscali, la cessione di sangue da parte di un imprenditore agricolo, non rientrando fra i prodotti presenti nel decreto ministeriale, non può essere assoggettata al regime dell’articolo 32 del Tuir.”.

A parere di chi scrive, la soluzione proposta non convince in quanto frutto di un errore interpretativo.

Nella risposta n. 633/2021 vi è un rimando alla precedente circolare 44/E/2004 che, insieme alla circolare 44/E/2002, rappresenta il punto di partenza per l’eventuale qualificazione di un’attività come “connessa”.

La risposta afferma che le attività connesse rientranti nell’articolo 32 Tuir, “sono quelle derivanti dalla manipolazione, conservazione, trasformazione, commercializzazione e valorizzazione di determinati prodotti agricoli tassativamente indicati ed ottenuti dall’imprenditore agricolo prevalentemente dalla coltivazione del fondo, del bosco o dell’allevamento;  – tali determinati prodotti agricoli sono quelli indicati nel decreto a cui fa riferimento l’articolo 32, comma 2, lettera c), del Tuir”.

Prosegue poi affermando che “le attività di conservazione, commercializzazione e valorizzazione dei “determinati” prodotti agricoli rientrano nell’ambito applicativo dell’articolo 32 del Tuir quando riguardano prodotti propri, ossia ottenuti dall’esercizio dell’attività agricola principale (coltivazione del fondo, del bosco, allevamento) dell’imprenditore agricolo” con conseguente obbligo di “connessione con l’attività agricola principale“.

A ben vedere, la circolare 44/E/2004 stabilisce che non si potrà mai avere un’attività connessa tassata ex articolo 32 Tuir quando essa si limiti a una conservazione, commercializzazione e valorizzazione di prodotti acquistati da terzi, a prescindere dal rispetto della prevalenza richiesta.

In tal senso depone la Relazione di accompagnamento all’allora Decreto 19.03.2004; affermazione tuttora valida ed estendibile all’attuale decreto del febbraio 2015.

Eccezione è l’ipotesi in cui tali attivitàriguardano prodotti propri, ossia ottenuti dall’esercizio dell’attività agricola principale (coltivazione del fondo, del bosco, allevamento) dell’imprenditore agricolo.”.

Ecco che allora, affinché un prodotto trovi copertura nel reddito agrario senza necessità di una fase di manipolazione e/o di trasformazione e la ricomprensione nel decreto ministeriale previsto dalla lettera c) dell’articolo 32, comma 2, Tuir, è sufficiente che esso sia di proprietà dell’azienda o, in altri termini, sia ottenuto dall’attività agricola principale esercitata. Non rileva nemmeno la circostanza che il prodotto commercializzato sia, nella percezione comune, agricolo.

Se così non fosse, non si potrebbe considerare quale agricola l’attività di produzione del latte, la cessione di uova o delle deiezioni degli animali allevati, nonché, per estremizzare, la vendita delle corna da parte degli allevatori di cervi.

Ne deriva che, a parere di chi scrive, la cessione del sangue prelevato a cura di soggetti terzi dai propri bovini ed equini allevati svolgendo l’intero ciclo biologico o una fase necessaria dello stesso, trova piena copertura nel reddito agrario come previsto dall’articolo 32 Tuir.