29 Novembre 2022

Flat tax incrementale: prime riflessioni

di Sandro Cerato - Direttore Scientifico del Centro Studi Tributari
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Nel disegno di legge relativo alla Legge di Bilancio 2023, presentato dal Governo nei giorni scorsi, spicca, tra le misure finalizzate alla riduzione della pressione fiscale, quella denominata “flat tax incrementale”.

Si tratta di un’assoluta novità nel panorama tributario nazionale che non trova precedenti, ed in questo contributo si esprimono alcune prime riflessioni, evidenziando che nel cammino parlamentare è molto probabile che la misura in commento potrà subire modifiche ed integrazioni.

Sul fronte dei soggetti interessati, la proposta di legge coinvolge solamente le persone fisiche esercenti attività d’impresa o di lavoro autonomo, con esclusione di quelle che applicano il regime forfettario.

Per tali ultimi soggetti, infatti, è già prevista l’applicazione di una tassa piatta, con la conseguenza che il beneficio riguarda coloro che sono soggetti ad un regime di tassazione progressivo.

Per tali soggetti è possibile applicare nell’anno di imposta 2023 (si tratta quindi di una misura “spot” e non a regime) un’imposta sostitutiva dell’Irpef e delle addizionali nella misura del 15% (e quindi in misura pari alla tassazione normalmente applicata nel regime forfettario) sulla differenza positiva tra i due seguenti parametri:

  • il reddito d’impresa e di lavoro autonomo determinato nel 2023;
  • il più elevato dei redditi d’impresa e di lavoro autonomo dichiarati negli anni dal 2020 al 2022 (ossia nel triennio precedente).

Una volta determinato l’ammontare della predetta differenza, la stessa è decurtata di un importo pari al 5% della stessa, e sul risultato si applica l’imposta sostitutiva del 15%.

Esemplificando, si pensi ad un professionista che nel 2023 determina un reddito di lavoro autonomo di euro 60.000, mentre nel triennio precedente i redditi dichiarati sono stati rispettivamente di euro 35.000 nel 2020, di euro 40.000 nel 2021 e di euro 18.000 nel 2022.

In tal caso, la differenza positiva su cui applicare l’imposta sostitutiva del 15% è di euro 20.000 (60.000 – 40.000 quale reddito più elevato del triennio) al netto della decurtazione di euro 1.000 (pari al 5% di 20.000).

In sostanza, l’imposta sostitutiva del 15% è applicata sul reddito incrementale di euro 19.000 (pari ad euro 2.850) mentre sulla restante parte di reddito di euro 41.000 si applica l’Irpef ordinaria (senza tener conto della parte di reddito soggetto ad imposta sostitutiva) e le relative addizionali.

La prima, e più agevole riflessione, riguarda l’esclusione di quei soggetti che nel triennio precedente (ossia nel “periodo di osservazione”) abbiano dichiarato, anche per effetto di picchi straordinari, un reddito più elevato rispetto a quello determinato nel 2023.

Tale aspetto, se pur scontato, porta ad escludere dalla flat tax incrementale quei soggetti che pur avendo redditi ordinari bassi, hanno realizzato componenti straordinari di reddito in uno dei periodi di osservazione con conseguente “inquinamento” del reddito finale (si pensi, ad esempio, ad importanti plusvalenze derivanti dalla cessione di asset di particolare valore).

Sarebbe forse più corretto prevedere dei meccanismi volti a “disinquinare” il reddito dei tre anni antecedenti da componenti straordinari.

Lo stesso dicasi per il periodo d’imposta 2023 in cui è applicata l’imposta sostitutiva, allo scopo di evitare che vi possano essere comportamenti volti a far confluire in tale anno elementi straordinari con l’obiettivo di ottenere il reddito incrementale ed “appiattire” la tassazione.

Una seconda e ultima considerazione che deriva da una prima lettura della norma è quella relativa all’esclusione di coloro che applicano il regime forfettario.

Si tratta di capire se l’esclusione sia limitata al periodo d’imposta 2023 (elemento certo) o riguardi anche i tre periodi d’imposta precedenti.

Parrebbe corretto sostenere che l’esclusione del regime forfettario debba riguardare anche per i periodi d’imposta 2020, 2021 e 2022, sulla considerazione che così facendo i redditi posti a confronto con il 2023 sono omogenei in quanto determinati con le stesse regole.

Si avrà comunque modo di tornare su questi temi e sugli altri aspetti di questa norma con i prossimi interventi.