26 Gennaio 2016

La riforma delle sanzioni tributarie dal 2016. Parte II

di Fabio Pauselli
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Continua l’analisi iniziata in un precedente articolo in merito alle novità in materia di sanzioni amministrative tributarie apportate dal D.Lgs. n. 158/2015, la cui efficacia, inizialmente postergata al 1° gennaio 2017, è stata anticipata dalla legge Stabilità 2016 al 1° gennaio 2016.  

In questa sede vedremo le nuove modifiche apportate all’impianto sanzionatorio del comparto IVA.

In caso di omessa dichiarazione la sanzione varia dal 120% al 240% delle imposte dovute, con un minimo di € 250. In assenza d’imposte dovute la sanzione varia da € 250 a € 2.000. Se la dichiarazione è presentata entro il termine per l’invio di quella per l’anno successivo e comunque prima dell’inizio di un accertamento, la sanzione è dimezzata, e varia quindi dal 60% al 120% delle imposte, con un minimo di € 200. In assenza di imposte, la sanzione andrà da un minimo di € 150 ad un massimo di € 1.000.

In presenza di dichiarazione infedele, se dalla dichiarazione risulta un’imposta inferiore a quella dovuta ovvero un’eccedenza detraibile o rimborsabile superiore a quella spettante, si applica la sanzione dal 90% al 180% della maggiore imposta dovuta o della differenza del credito utilizzato. La sanzione è aumentata della metà, dal 135% al 270%, quando la violazione è realizzata mediante l’utilizzo di documentazione falsa o per operazioni inesistenti, mediante artifici o raggiri, condotte simulatorie o fraudolente. In assenza di documentazione falsa o raggiri, la sanzione è ridotta di 1/3 quando la maggiore imposta o la minore eccedenza detraibile o rimborsabile è complessivamente inferiore al 3% dell’imposta o dell’eccedenza dichiarati, e comunque complessivamente inferiori a € 30.000.

Nel caso di una richiesta di rimborso Iva non spettante in assenza dei presupposti dell’art. 30 D.P.R. n. 633/72, è prevista la sanzione del 30% del credito rimborsato.

Per la mancata presentazione o con indicazioni incomplete o inesatte della dichiarazione d’inizio, variazione e cessazione attività si applica la sanzione da € 500 a € 2.000. La medesima sanzione è applicabile anche alla dichiarazione per l’identificazione ai fini IVA dei soggetti non residenti.

In caso di dichiarazioni d’intento, si applica la sanzione da € 250 a € 2.000 al fornitore che effettua operazioni non imponibili ex art. 8, c. 1, lett. c) D.P.R. n.633/72 prima di aver ricevuto dall’esportatore abituale la dichiarazione di intento e di aver riscontrato telematicamente l’avvenuta presentazione della dichiarazione all’Agenzia delle Entrate.

La sanzione per errata documentazione o registrazione delle operazioni imponibili varia dal 90% al 180% dell’imposta relativa all’imponibile non correttamente documentato o registrato nel corso dell’esercizio, con un’imposta minima pari a € 500. La stessa sanzione è applicabile nel caso d’indicazione nella documentazione e nei registri di un’imposta inferiore a quella dovuta. La sanzione è dovuta nella misura da € 250 a € 2.000 quando la violazione non ha inciso sulla corretta liquidazione del tributo.

Alle violazioni relative alla documentazione o registrazione delle operazioni non imponibili, esenti, non soggette IVA rimane applicabile la sanzione dal 5% al 10% dei corrispettivi non documentati o non registrati, con imposta minima pari a € 500. Se la violazione non rileva nemmeno ai fini della determinazione del reddito, si applica la sanzione fissa da € 250 a € 2.000. Medesima sanzione è applicabile anche alle operazioni soggette a inversione contabile.

La mancata emissione di ricevute fiscali, scontrini fiscali o DDT o l’emissione per importi inferiori rimane soggetta alla sanzione del 150% dell’imposta corrispondente all’importo non documentato, con imposta minima pari a € 500. Se non constano omissioni e annotazioni, la mancata tempestiva richiesta d’intervento per la manutenzione è punita con sanzione da € 250 a € 2.000.

La sanzione per l’indebita detrazione dell’imposta assolta, dovuta o addebitatagli in via di rivalsa è pari al 90% della stessa.

Il cessionario o il committente che, nell’esercizio d’imprese, arti o professioni, abbia acquistato beni o servizi senza che sia stata emessa fattura nei termini di legge o con emissione di fattura irregolare da parte dell’altro contraente, rimane soggetto alla sanzione, salva la responsabilità del cedente o del commissionario, pari al 100% dell’imposta, con un minimo di € 250, sempreché non provveda a regolarizzare l’operazione.

Se il cessionario/committente omette gli adempimenti connessi all’inversione contabile (reverse charge) è prevista la sanzione fissa da € 500 a € 20.000. Qualora, però, l’operazione non risulti nemmeno dalla contabilità tenuta ai sensi del D.P.R. n.600/73, la sanzione è elevata ad una misura compresa tra il 5% e il 10% dell’imponibile, con un minimo di € 1.000. Al cessionario/committente, inoltre, si applicano le sanzioni da indebita detrazione e da dichiarazione infedele per l’imposta che non avrebbe potuto detrarre.

Al cedente/prestatore che omette la fatturazione di operazioni soggette a reverse charge è irrogabile la sanzione compresa tra il 5% ed il 10% dei corrispettivi non documentati, oppure da € 250 a € 2.000, se la violazione non rileva né ai fini IVA né ai fini delle imposte sul reddito. Se il cedente/prestatore non emette fattura o la emette in maniera errata il cessionario/committente deve regolarizzare entro i 30 giorni decorrenti dallo spirare dei 4 mesi da quando l’operazione avrebbe dovuto essere fatturata o dalla fatturazione irregolare, presentando un’autofattura in duplice esemplare. In assenza di regolarizzazione da parte del cessionario (autofatturazione) si applica la sanzione fissa da € 500 a € 20.000. Se l’operazione non risulta nemmeno dalla contabilità tenuta ai sensi del D.P.R. n. 600/73, la sanzione è elevata ad una misura compresa tra il 5% e il 10% dell’imponibile, con un minimo di € 1.000.

Nel caso d’imposta irregolarmente assolta dal cedente/prestatore, il cessionario/committente non è tenuto all’assolvimento dell’imposta ma è punito con la sanzione da € 250 a € 10.000. Il cedente/prestatore è obbligato solidale per la sanzione. Rimane fermo il diritto di detrazione, in costanza dei requisiti di legge, in capo al cessionario/committente. Tale disposizione non opera e il cessionario/committente è punito con la sanzione dal 90% al 180% dell’imposta, con un minimo di € 500, quando l’applicazione dell’imposta nel modo ordinario anziché mediante l’inversione contabile è stata determinata da intento di evasione o di frode del quale sia provato che il cessionario o committente era consapevole, senza possibilità di recupero dell’imposta.

Se il cedente/prestatore emette, in assenza dei requisiti prescritti, una fattura senza IVA con applicazione del reverse charge, e il cessionario/committente ha, a sua volta, applicato indebitamente l’inversione contabile, la sanzione a carico del cedente/prestatore varia da € 250 a € 10.000. Il cessionario/committente è obbligato solidale per la sanzione. Rimane fermo il diritto di detrazione, in costanza dei requisiti di legge, ad opera del cessionario/committente. Anche in questo caso il cedente/cessionario è punito con la sanzione dal 90% al 180% dell’imposta con un minimo di € 500, quando l’applicazione dell’imposta mediante l’inversione contabile anziché nel modo ordinario è determinata da intento di evasione o di frode del quale sia provato che il cedente o prestatore era consapevole, senza possibilità di recupero dell’imposta.

Se il cessionario o committente applica per errore l’inversione contabile per operazioni esenti, non imponibili o comunque non soggette a imposta, in sede di accertamento devono essere espunti sia il debito computato da tale soggetto nelle liquidazioni dell’imposta che la detrazione operata nelle liquidazioni anzidette.

Nel caso di emissione di fatture per operazioni inesistenti, è prevista una sanzione compresa tra il 5% e il 10% dell’imponibile, con un minimo di € 1.000. L’imposta deve essere pagata dal cedente/prestatore per l’intero ammontare indicato in fattura.