26 Settembre 2014

Obblighi di fatturazione e di certificazione dei corrispettivi nel commercio elettronico

di Marco Peirolo
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Con la risposta  all’
interrogazione parlamentare n.  5-03615 del  24 settembre 2014, l’Agenzia delle Entrate ha ribadito che, attualmente nella legislazione nazionale,  le
operazioni di commercio elettronico “diretto” (cd. “
servizi di e-commerce”), ove territorialmente rilevanti ai fini IVA in Italia, sono soggette all’
obbligo di fatturazione, nei termini di cui all’art. 6, comma 3, del D.P.R. n. 633/1972, ossia avuto riguardo al momento del pagamento del corrispettivo.
È noto che nel commercio elettronico diretto l’ordine, la consegna e il pagamento avvengono in tempo reale con modalità elettroniche, sicché
l’operazione si conclude via Internet.
Già nella risoluzione n. 274 del 3 luglio 2008, l’Agenzia delle Entrate si era espressa in merito alla possibilità di certificare i corrispettivi derivanti da queste tipologie di operazioni, effettuate
nei confronti di “privati consumatori”, mediante
riepilogo giornaliero nel registro dei corrispettivi (di cui all’art. 24 del D.P.R. n. 633/1972), anziché emettendo la fattura.
Nell’occasione, è stato chiarito che “
sussiste l’obbligo di emissione della fattura per la certificazione dei corrispettivi relativi alle operazioni in parola,
anche se incassati tramite intermediari finanziari (nello specifico, i gestori delle carte di credito utilizzate dagli acquirenti dei servizi prestati dalla società)”. L’
e-commerce non è, infatti, riconducibile ad alcuno dei
casi di esonero dagli obblighi di certificazione fiscale dei corrispettivi previsti dalla normativa in materia di IVA, né le operazioni in esame rientrano nell’ambito applicativo dell’art. 22 del D.P.R. n. 633/1972, stante l’
assenza delle condizioni per beneficiare dell’esonero dall’obbligo di emissione della fattura.
È stato, pertanto, ritenuto
irrilevante il fatto che il corrispettivo pagato dagli acquirenti a mezzo di carta di credito sia direttamente accreditato sul conto corrente del venditore, in quanto è vero che l’art. 101 della L. n. 342/2000 ha previsto che questa modalità di pagamento esclude l’obbligo di emissione della fattura “in presenza di idonea documentazione”, ma la semplificazione è subordinata all’emanazione di appositi provvedimenti attuativi ad oggi non ancora approvati.
Si rammenta che le vendite effettuate nell’ambito del commercio elettronico diretto si qualificano come
prestazioni di servizi e, ad esse, si applica
sempre l’aliquota ordinaria (attualmente pari al 22%), come recentemente ribadito dalla circolare dell’Agenzia delle Entrate 24 luglio 2014, n. 23 (§ 6) a proposito dei prodotti editoriali elettronici.
Diversa è l’ipotesi del
commercio elettronico indiretto, caratterizzato dalla
consegna materiale del bene attraverso i canali tradizionali (posta, corriere, ecc.), seppure la transazione commerciale avviene in via telematica.
È dato, infatti, osservare che la disciplina IVA applicabile nei rapporti “B2C”, cioè con “privati consumatori”, è quella delle
vendite per corrispondenza. Per questa ragione, secondo la risoluzione dell’Agenzia delle Entrate 5 novembre 2009, n. 274, le corrispondenti operazioni
non sono soggette:
  • né all’obbligo di emissione della fattura, salvo che la stessa sia richiesta dal cliente non oltre il momento di effettuazione della cessione, come previsto dall’art. 22, comma 1, n. 1), del D.P.R. n. 633/1972;
  • né all’obbligo di certificazione dei corrispettivi mediante il rilascio dello scontrino o della ricevuta fiscale, siccome opera l’esonero di cui all’art. 2, lett. oo), del D.P.R. n. 696/1996.
I corrispettivi giornalieri delle vendite, comprensivi dell’IVA, devono essere, tuttavia, annotati nel
registro di cui al citato art. 24 del D.P.R. n. 633/1972
entro il giorno non festivo successivo a quello di effettuazione dell’operazione e con riferimento al giorno di effettuazione. In sede di liquidazione periodica, si provvede allo
scorporo dell’IVA con il metodo matematico, dato che l’art. 27, comma 2, del D.P.R. n. 633/1972, a seguito della modificata introdotta dal D.L. n. 138/2011 (convertito dalla L. n. 148/2011), non consente più di adottare il metodo percentuale. Il “metodo matematico”, in particolare, consente di evitare l’inconveniente che caratterizzava il “metodo percentuale”, dal quale si otteneva una base imponibile e un’imposta che, se sommate, non corrispondevano al corrispettivo assunto al lordo dell’imposta.
Ipotizzando che i beni venduti siano soggetti all’aliquota ordinaria (22%), i corrispettivi, al lordo dell’imposta, vanno divisi per 122, per poi moltiplicare il risultato ottenuto per 100; l’arrotondamento va effettuato, per difetto o per eccesso, al centesimo di euro.