21 Ottobre 2015

Fallimento e TASI: impervia la via del differimento dei versamenti

di Fabio Garrini
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Solo ai fini IMU risulta puntualmente codificata la disciplina riguardante gli obblighi (soprattutto di versamento) relativi agli immobili posseduti da un soggetto interessato da fallimento (così come nel caso di liquidazione coatta amministrativa). Le similarità tra i due tributi sono tali da suggerire l’ipotesi di un trattamento comune, che estenda anche alla tassa sui servizi indivisibili la sospensione IMU per il periodo fallimentare.

In realtà le peculiarità TASI (in particolar modo il fatto che l’imposta risulta dovuta, oltre che da parte del possessore, in parte anche dall’utilizzatore) sono tali da generare non pochi dubbi circa la possibilità di una applicazione analogica, che quindi suggeriscono di effettuare il versamento alle scadenze canoniche.

Ad occuparsi degli obblighi di versamento IMU è il comma 6, dell’articolo 10, D.Lgs. 504/1992: l’articolo 9, comma 7, D.Lgs. 23/2011 fa infatti esplicito richiamo, tra le altre, all’unica disposizione che anche nel precedente tributo comunale era prevista per regolare il trattamento degli immobili interessati da procedure concorsuali. Essa dispone che:

“Per gli immobili compresi nel fallimento o nella liquidazione coatta amministrativa il curatore o il commissario liquidatore, entro novanta giorni dalla data della loro nomina, devono presentare al comune di ubicazione degli immobili una dichiarazione attestante l’avvio della procedura. Detti soggetti sono, altresì, tenuti al versamento dell’imposta dovuta per il periodo di durata dell’intera procedura concorsuale entro il termine di tre mesi dalla data del decreto di trasferimento degli immobili”.

Preliminarmente occorre individuare una distinzione circa l’obbligazione tributaria del fallito ai fini IMU; in particolare sono da tenersi distinte:

  • l’imposta che matura nel periodo antecedente la dichiarazione di fallimento (tanto per il periodo d’imposta dal primo gennaio alla data della sentenza dichiarativa del fallimento come pure per i periodi d’imposta precedenti) ha natura di debito concorsuale; in relazione a tale periodo il contribuente deve effettuare i versamenti alle scadenze canoniche, così come il Comune, per il recupero del credito relativo a tale periodo (spesso l’imposta viene omessa nelle annualità immediatamente precedenti al fallimento del contribuente), dovrà insinuarsi nel fallimento secondo le ordinarie procedure previste dalla Legge fallimentare. Credito che comunque beneficia di privilegi;
  • l’imposta che matura durante la procedura dovrà essere versata dal curatore per l’importo complessivo, in un’unica soluzione, una volta che sia stato venduto l’immobile, oggetto dell’imposta stessa: tale onere è infatti una spesa a carico della “massa fallimentare” e, come tale, dovrà essere soddisfatto in prededuzione. Il presupposto impositivo dell’IMU non viene meno con l’avvio della procedura concorsuale, ma viene semplicemente procrastinato il momento impositivo: vi è una sorta di sospensione del versamento finalizzato ad attendere un momento in cui il fallimento possegga sufficiente liquidità per adempiere all’obbligazione tributaria (appunto quando sarà ceduto l’immobile). Da notare che tale calcolo dovrà essere effettuato separatamente in relazione ad ogni immobile posseduto dal fallito, rendendo articolata la gestione del tributo dovuto quando il fallito risulta essere possessore di molti immobili ceduti in momenti diversi.

È implicito osservare come, per detti periodi d’imposta, il Comune non è tenuto ad insinuarsi al passivo, come evidenziato dalla Corte di Cassazione nella sentenza n. 15478/2010: d’altro canto si tratta di una obbligazione che inerisce il periodo fallimentare.

Molto più delicato è, invece, il ragionamento che riguarda l’imposta sui servizi indivisibili: il problema, in particolare, deriva dal fatto che la vicenda non risulta avere alcuna precisa regolamentazione.

La tecnica legislativa poco convincente utilizzata è, infatti, causa di non pochi dubbi: la TASI è stata infatti introdotta dalla L. 147/2013 con specifiche disposizioni e parziali rimandi alla disciplina IMU.

A sostegno della prima tesi – quella dell’equiparazione tra i due tributi – depone il fatto che, nella disciplina IMU, tale differimento è legato alle difficoltà finanziarie che sono connaturate nella procedura fallimentare (quantomeno all’avvio), difficoltà che necessariamente interessano anche il tributo sui servizi.

Inoltre, vanno notate le somiglianze tra i due tributi, per cui nella disciplina TASI non vi sarebbe una specifica previsione applicabile solo a causa della sbadataggine del legislatore, e non perché abbia voluto trattare diversamente i due tributi. A sostegno di tale tesi va notato come nelle risposte FAQ del 3 giugno 2014 vi siano analoghe estensioni in relazione all’imputazione dell’imposta in caso di separazione dei coniugi, ovvero per la riduzione al 50% nel caso di fabbricati inagibili o vincolati. Quindi assimilazioni analogiche che vanno ben oltre la previsione che riguarda la base imponibile (comma. 675 della L. 147/2013) e che finiscono per interessare anche l’individuazione del soggetto passivo e l’applicazione di riduzioni ed esenzioni.

A ciò va però controbattuto che, in assenza di una previsione ad hoc, pare eccessivamente arbitrario sospendere il versamento TASI.

L’elemento più convincente a sostegno di questa seconda tesi – che respinge l’estensione interpretativa – pare invece il differente presupposto impositivo: mentre ai fini IMU soggetto passivo è unicamente il possessore, ai fini TASI viene interessato anche il detentore dell’immobile. Se risulta infatti sensato rinviare la TASI, al pari dell’IMU, quando il fallito è proprietario, al contrario, quando il fallito deve solo la TASI in qualità di conduttore dell’immobile, non sarebbe ipotizzabile alcun differimento visto che non dovrà essere disposta alcuna cessione dell’immobile.

Quindi, a patto di non voler creare due distinte fattispecie – da una parte il fallito possessore e detentore, dall’altro il fallito solo detentore – l’unica soluzione è quella di versare la TASI alle scadenze canoniche del 16 giugno e 16 dicembre.

Buona parte dei colleghi, comunque, si fa guidare dal pragmatismo: se il fallimento ha adeguata liquidità e le somme dovute sono gestibili, adempie al versamento alle scadenze ordinarie; in caso contrario, procrastinerà il versamento in analogia all’IMU, pensando a difendersi a tempo debito in caso di eventuale contestazione, anche sulla base delle indicazioni viste in precedenza.

 

Della descritta vicenda lascia perplessi soprattutto un aspetto, ossia che dopo due anni di applicazione della TASI non si sia posto rimedio alla vicenda, in via normativa o interpretativa, considerando anche che non sono mancate sollecitazioni in tal senso da parte della dottrina.