1 Febbraio 2014

Fabbricati rurali: non trascuriamo il classamento

di Fabio Garrini
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Ennesima sentenza della Cassazione riguardante i fabbricati rurali. Con la recente ordinanza 422 del 10 gennaio 2014 la Suprema Corte è tornata sul tema della debenza ICI (poi, come diremo, ai fini IMU, il ragionamento può essere, almeno in parte, diverso) in relazione ai fabbricati impiegati in ambito agricolo.

Sul tema eravamo già intervenuti in un precedente contributo pubblicato in questa rivista telematica a seguito della conversione in legge del DL 102/13 , ma la recente sentenza permette di tornare sul tema per proporre alcune puntualizzazioni.

L’importanza del classamento ai fini ICI

La questione oggetto di contestazione verteva su di un fabbricato di tipo strumentale originariamente classato nella categoria catastale D/8 e che, a seguito dell’opportunità offerta con il DL 70/11, è stato successivamente classato nella categoria catastale D/10 (quella propria degli strumentali, mentre per gli abitativi la categoria di riferimento è A/6).

Qual’era il tema dibattuto? Il Comune era ricorso per Cassazione contro la sentenza della Commissione Tributaria Regionale dell’Emilia Romagna eccependo il fatto che i giudici di merito avessero riconosciuto al fabbricato la ruralità indipendentemente dal classamento, facendo esclusivamente riferimento all’utilizzo dell’immobile.

Sul punto viene constatato che invece, ai fini ICI, la stessa Cassazione (sentenza a sezioni unite n.18565/09) aveva affermato come per riconoscere la sussistenza dello status di ruralità fosse necessario possedere uno specifico classamento in determinate categorie (A/6 e D/10), attribuzione che è conseguente all’esistenza dei requisiti di ruralità. La situazione catastale risultava talmente importante che se il contribuente riteneva di avere diritto all’esenzione ICI, doveva contestare il classamento dell’immobile, così come se era il Comune a non ritenere rurale il fabbricato, non poteva semplicemente accertare il contribuente, ma doveva contestarne il classamento.

Ruralità con certificazione retroattiva

Nella sentenza viene poi constatato come norme sopravvenute consentono ai contribuenti di richiedere il classamento in categorie rurali (DL 70/11) con applicazione retroattiva; tale retroattività, ad opera dell’art. 2 c. 5-bis del DL 102/13 con il quale è stata esplicitamente introdotta (in precedenza su tale effetti si discuteva, tanto che alcune sentenze di merito andavano a negarla), esplica efficacia quinquennale a decorrere dal 2011. Il DL 102/13 infatti afferma l’effetto “a decorrere dal quinto anno antecedente a quello di presentazione della domanda”: viene evidenziato come tale effetto si materializzi per le annualità dal 2006 al 2010.

Sul punto però la Cassazione non si esprime: malgrado la controversia riguardi un periodo d’imposta compreso tra questi (nel caso particolare 2007) e quindi potrebbe astrattamente beneficiare di tale previsione, la Cassazione non può decidere su questioni di merito (come viene ritenuta questa) e quindi rinvia alla commissione regionale competente.

Quindi, tirando le fila della vicenda, l’autocertificazione presentata dal contribuente per il classamento in categoria rurale esplica efficacia retroattiva quinquennale (come disposto dal DL 102/13), ma conferma anche che tale adempimento è necessario per scongiurare contestazioni ICI sino al 2011, non essendo sufficiente il semplice utilizzo conforme al’ambito agricoli.

Classamento e ruralità ai fini IMU

Occorre concludere ricordando quanto il Ministero abbia affermato ai fini IMU nella CM 3/DF/2012: “l’IMU colpisce i fabbricati rurali strumentali ricompresi anche nell’elenco di cui all’art. 9, comma 3-bis del D. L. n. 557 del 1993, a prescindere dalla categoria catastale di appartenenza, poiché, come risulta, ad esempio, nel caso di cui alla lett. f) dell’art. 9, comma 3-bis, tra gli immobili strumentali in argomento sono ricompresi anche quelli a destinazione abitativa che comunque non possono rientrare nella categoria D/10 e quelli classati, ad esempio, nelle categorie C/1, C/2, C/6 etc., in ottemperanza alle vigenti norme catastali. Si può, quindi, affermare che, anche nel caso in cui detti immobili siano accatastati in una delle categorie dei gruppi ordinari e non in D/10, si può certamente riconoscerne la strumentalità e conseguentemente l’applicazione del regime di favore ai fini IMU.”

Questo significa che, a partire dal 2012, ciò che rileva è l’utilizzo e non il classamento catastale: si ricordi infatti che per i fabbricati rurali nel 2012 era prevista un’aliquota ridotta (2 per mille eventualmente ulteriormente riducibile da parte del Comune), nel 2013 era stata introdotta transitoriamente l’esenzione (DL 54/13 per l’acconto e DL 133/13 per il saldo), esenzione che poi è stata confermata a regime dal 2014 (L. 147/13, Legge di stabilità per il 2014). Peraltro dal 2014 i fabbricati rurali scontano l’applicazione della TASI in misura ridotta (1 per mille).

Malgrado tale interpretazione ministeriale estensiva, è consigliabile ai contribuenti di non tralasciare il dato catastale: quando non vi siano ostacoli urbanistici, sarà infatti opportuno verificare il corretto accatastamento di tali immobili. Non va infatti dimenticato che anche nel passato l’Agenzia delle Entrate aveva definito irrilevante la situazione catastale (definendo la rendita solo “inventariale”), poi sappiamo bene come la Cassazione abbia invece del tutto censurato tale opinione (e non è detto che non accada nuovamente …)