27 Ottobre 2018

Estensione della cedolare secca con molte incognite

di Sandro Cerato - Direttore Scientifico del Centro Studi Tributari
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Il disegno di Legge di Bilancio 2019, reso noto in questi giorni, contiene importanti novità in materia di cedolare secca ai fini Irpef, estendendo tale opportunità anche alle locazioni di immobili non abitativi.

Prima di analizzare il contenuto delle proposte di modifica normativa è bene ricordare, a grandi linee, che il regime della cedolare secca, nell’attuale formulazione:

  • è sostitutivo dell’Irpef dovuta sul reddito fondiario derivante dalla locazione degli immobili ad uso abitativo;
  • richiede che il locatore sia una persona fisica che stipula il contratto al di fuori dell’esercizio d’impresa o arte e professione;
  • prevede che l’immobile oggetto di locazione sia ad uso abitativo (con la precisazione, secondo l’interpretazione dell’Agenzia delle entrate nella circolare AdE 26/E/2011, che il locatario non può essere un soggetto esercente attività commerciale anche laddove l’immobile non sia utilizzato ai fini d’impresa);
  • richiede l’esercizio di un’opzione da parte del locatore, con conseguente applicazione di un’imposta sostitutiva del 21% (ovvero del 10% in presenza di locazioni a canone concordato).

L’obiettivo del disegno di Legge di Bilancio 2019, come già preannunciato nei mesi scorsi, è quello di ampliare la possibilità di optare per la cedolare secca anche in relazione a contratti non aventi ad oggetto immobili abitativi.

Tuttavia, il testo in bozza contiene non pochi aspetti critici e necessita senza dubbio di alcune migliorie.

In primo luogo, la disposizione prevede che il contratto sia stipulato nell’anno 2019, mentre parrebbe più corretto che tale opportunità riguardasse più in generale i contratti di locazioni sottoscritti a partire dal 2019, altrimenti si tratterebbe di una norma a carattere temporaneo (ossia limitata ai contratti stipulati nel 2019), mentre l’obiettivo è quello di introdurre una disposizione a regime.

In ogni caso, si esclude la possibilità di esercitare l’opzione per “i contratti stipulati nell’anno 2019, qualora al 15 ottobre 2018 risulti già in essere un contratto non scaduto, tra i medesimi soggetti e per lo stesso immobile”. Si tratta, evidentemente, di una cautela normativa tesa ad evitare che si proceda alla risoluzione di contratti in essere, con contestuale sottoscrizione di altro contratto tra le stesse parti ed avente ad oggetto lo stesso bene con effetto dal 2019.

Il secondo aspetto critico, più sostanziale, riguarda l’ambito oggettivo di applicazione della norma, poiché si prevede che abbiano ad “oggetto unità immobiliari destinate all’attività commerciale per la vendita o la rivendita di prodotti, e relative pertinenze locate congiuntamente”.

Leggendo testualmente la norma, quindi, l’opzione per la cedolare secca non si applicherebbe a tutti gli immobili non abitativi, ma limitatamente a quelli destinati ad attività commerciale di vendita o rivendita di prodotti.

Pertanto, resterebbero escluse tutte quelle locazioni di immobili ad uso ufficio (categoria A/10), nonché quelle aventi ad oggetto fabbricati destinati ad attività industriali o artigianali (capannoni, laboratori, ecc.).

Si auspica che nel corso dell’iter di approvazione della legge definitiva si provveda a definire in maniera più ampia l’ambito oggettivo, ricomprendendo in maniera più semplice anche gli immobili (con locatore persona fisica) diversi da quelli abitativi (per i quali l’opzione resta ovviamente valida).

Resta confermata l’aliquota di imposta sostitutiva del 21%, nonché l’applicazione limitata alle locazioni che producono reddito fondiario (sono quindi escluse quelle poste in essere dalle imprese e quelle che danno origine a redditi diversi).

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