17 Novembre 2022

Errori contabili e derivazione rafforzata: una nuova via per la rilevanza fiscale della correzione

di Paolo Meneghetti - Comitato Scientifico Master Breve 365
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La scheda di FISCOPRATICO

Il tema dell’errore contabile rappresenta certamente elemento di interesse generalizzato tra gli operatori tributari, non fosse altro per la frequenza quotidiana con cui si riscontrano omissioni, errate interpretazioni di fatti economici, negligenze nella gestione della contabilità.

E così la problematica della correzione di tali errori, specie per i suoi risvolti fiscali, ha sempre rappresentato un argomento di estrema delicatezza e allo stesso tempo di importanza centrale per chi opera nel mondo della gestione di contabilità.

Su questo tema recentemente è intervenuto l’articolo 8 D.L. 73/2022 (Decreto Semplificazioni) che innova profondamente rispetto al passato, specie sotto il profilo del risvolto tributario della correzione.

Ma il primo concetto da mettere a fuoco, per inquadrare correttamente il problema, è quello di “errore contabile”. Che cosa è precisamente l’errore contabile e in che cosa esso si distingue dall’aggiornamento della stima, che invece non è errore contabile?

La definizione di errore contabile è rinvenibile nel documento Oic 29 par. 44, laddove si afferma:

Un errore consiste nell’impropria o mancata applicazione di un principio contabile se, al momento in cui viene commesso, le informazioni ed i dati necessari per la sua corretta applicazione sono disponibili. Possono verificarsi errori a causa di errori matematici, di erronee interpretazioni di fatti, di negligenza nel raccogliere le informazioni ed i dati disponibili per un corretto trattamento contabile.

Quindi si può dire che elemento imprescindibile per definire “errore contabile” è il possesso di una corretta informazione circa una operazione economica, mentre non è corretta, per vari motivi, la sua rappresentazione contabile.

Diverso è il caso in cui, a posteriori, ci si accorga che l’importo di una certa operazione è errato, ma l’informazione a suo tempo ottenuta comportava proprio quella rappresentazione contabile poi rivelatasi non corretta: in tale secondo caso siamo di fronte ad un aggiornamento di stima che va collocato nella voce A5 (se attivo) o B 14 (se passivo), così come stabilito nel documento Oic 12.

Il citato documento, a proposito della voce B 14 di Conto economico, afferma: “Possono essere incluse le rettifiche in aumento di costi causate dal normale aggiornamento di stime compiute in precedenti esercizi…”

Ora, come veniva trattato fino al 2021 il tema della correzione di errori contabili?

Per rispondere a tale domanda bisogna scindere il versante contabile da quello tributario nel senso che sotto il primo versante la correzione è disciplinata dai paragrafi 47/53 del documento Oic 29, mentre per il profilo fiscale è fondamentale la circolare 31/E/2013 della Agenzia delle Entrate.

Nel documento Oic 29 emerge che la correzione si esegue andando ad incrementare o decrementare direttamente il patrimonio netto, senza passaggio quindi per il conto economico (il passaggio per il conto economico avviene solo se l’errore non è rilevante).

Per fare un esempio, l’omissione nella rilevazione di un costo avverrà apponendo in dare una riserva di utili e in avere il debito verso il creditore.

Questa imputazione diretta nel patrimonio netto assume rilevanza reddituale in forza dell’articolo 109, comma 4, Tuir, secondo il quale si considerano imputati a conto economico i componenti imputati a direttamente a patrimonio netto per effetto dei principi contabili adottati dall’impresa.

Questo passaggio è fondamentale per ottemperare al principio di derivazione semplice, poiché senza passaggio a conto economico non si avrebbe rilevanza fiscale di una operazione economica.

Ma se il componente imputato a patrimonio netto va inteso figurativamente imputato a conto economico, si può pensare che esso sia deducibile (tramite una variazione diminutiva, nel caso di costi corretti e riferiti ad anni precedenti)?

È qui che interviene la circolare 31/E/2013 (par. 1) che, invocando non tanto il concetto di assenza del componente a conto economico (problema risolto dall’articolo 109, comma 4, Tuir), bensì il mancato rispetto del principio di competenza, nega che il componente corretto possa essere rilevante fiscalmente nell’anno di correzione.

Ciò anche per i soggetti che applicano la derivazione rafforzata, affermando, sempre la citata circolare, che la correzione dell’errore contabile non rientra tra le ipotesi di qualificazione, classificazione e imputazione temporale che sono i tre aspetti per i quali il comportamento contabile assume anche rilevanza fiscale.

Francamente che la correzione contabile non rientrasse nel tema della imputazione temporale è passaggio che da sempre ha generato perplessità, però è indubbio che nella maggioranza dei casi gli operatori fino al 2022 hanno scelto di adottare la linea della Agenzia, andando a redigere la dichiarazione rettificativa con riferimento all’anno in cui l’errore è stato commesso, senza toccare l’imponibile dell’anno di correzione.

La modalità di correzione contabile sopra descritta viene sostituita dal 2022, da una procedura certamente più semplice ma limitata ai soggetti che per loro scelta o per obbligo di legge applicano la derivazione rafforzata (quindi comprese le micro imprese che per opzione redigeranno il bilancio in forma ordinaria).

L’articolo 8 D.L. 73/2022, infatti, risolve il dualismo fiscale/contabile affermando che la correzione contabile assume anche rilevanza fiscale e ciò in base al principio di imputazione temporale: di fatto viene smentita per legge la opinabile tesi della circolare 31/E/2013.

Tuttavia la procedura di correzione contabile “old style” non potrà essere messa per sempre nel cassetto dei ricordi poiché per tutte le imprese che non applicano le derivazione rafforzata (e sono certamente un numero ancora molto elevato nonostante l’allargamento dell’ambito soggettivo prodotto dal citato articolo 8 del D.L. 73/2022) sarà necessario applicare ancora il procedimento che separa l’effetto fiscale della correzione (dichiarazione rettificativa) con quello contabile (intervento sul patrimonio netto).