20 Settembre 2016

Le convinzioni limitanti

di Laura Maestri
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Quando mi si chiedono informazioni sul mio lavoro, e io rispondo raccontando della formazione in aula, è facile che mi senta ribattere: “caspita, io non riuscirei mai a parlare di fronte a così tante persone sconosciute!”.

Ma è proprio così? È assodato che parlare in pubblico richieda studio, volontà e tanta pratica, ma non è un’impresa impossibile per i più, non richiede un talento speciale: nessuno è idealmente escluso da questa capacità.

Molte persone ritengono di non essere assolutamente in grado di fare qualcosa: “non sono portato per le lingue e non imparerò mail l’inglese”, “sono troppo vecchio per quei marchingegni tecnologici e non imparerò mai ad usarli”, “mio figlio è negato per la matematica e non c’è niente da fare” e così via.

La Programmazione Neurolinguistica definisce questo genere di affermazione come “convinzione limitante”: ci si autoconvince di un proprio limite (o di quello di qualcun altro) e si vive entro questo, con tutte le conseguenze – spesso negative – del caso.

È giusto asserire che queste certezze siano frutto della propria esperienza diretta: un’azione effettuata nel passato ha scatenato una risposta esterna, e da questo evento si sono tratte delle conclusioni. In generale, questo processo aiuta a non ripetere errori o comportamenti poco funzionali: l’esperienza determina quali scelte siano da replicare e quali invece da evitare.

Tuttavia, capita che un singolo episodio possa dare origine ad una visione circoscritta delle proprie reali capacità, in particolar modo quando ciò sopravviene in giovane età.  Nel periodo dell’adolescenza è frequente giungere a conclusioni false e parziali che si ripercuotono per tutta la vita: “da ragazzo ho provato a salire su uno skateboard, ma dopo qualche metro sono caduto e mi sono slogato una caviglia; ho capito di essere negato per questo sport e non l’ho mai più provato: mio figlio troverà qualcun altro con cui imparare”.

Quando un tentativo non riesce bene, è tipico appellarsi ad una convinzione limitante, sia per giustificare la presunta inabilità, che per liberarsi dal senso di colpa provocato dal fallimento. Ma in questo modo, non si impara mai e si creano confini ridimensionati su come si penserà e su cosa si farà in futuro.

Superare le convinzioni limitanti è un processo fattibile e, in molti casi, utile a migliorare la qualità della propria vita. La partenza risiede nel comprendere che se non si sa fare qualcosa, si è comunque in grado di trovare il modo giusto per imparare a farla. Probabilmente si collezionerà una serie di tentativi malriusciti, ma prima o poi si troverà la giusta strategia per raggiungere l’obiettivo.

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