6 Luglio 2023

CFC Rule: l’esimente dell’attività economica effettiva per le holding

di Marco Bargagli
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La scheda di FISCOPRATICO

Come noto, la normativa conosciuta tra gli addetti ai lavori come Controlled Foreign Companies, recepita nel nostro ordinamento con l’introduzione dell’articolo 167 Tuir prevede, in chiave antielusiva, un regime di imposizione per trasparenza in capo al socio residente in Italia, dei redditi realizzati dalle sue controllate estere, indipendentemente dalla effettiva percezione degli stessi per effetto della distribuzione dei relativi dividendi.

Nello specifico, il particolare regime fiscale CFC si applica al ricorrere congiunto di una duplice condizione pregiudiziale di accesso (prevista dall’articolo 167, comma 4, Tuir), che riguarda i soggetti controllati esteri quando gli stessi:

  • sono assoggettati a tassazione effettiva inferiore alla metà di quella a cui sarebbero stati soggetti qualora residenti in Italia;
  • oltre un terzo dei proventi realizzati oltre frontiera rientra in una o più delle seguenti categorie:
  1. interessi o qualsiasi altro reddito generato da attivi finanziari;
  2. canoni o qualsiasi altro reddito generato da proprietà intellettuale;
  3. dividendi e redditi derivanti dalla cessione di partecipazioni;
  4. redditi da leasing finanziario;
  5. redditi da attività assicurativa, bancaria e altre attività finanziarie;
  6. proventi derivanti da operazioni di compravendita di beni con valore economico aggiunto scarso o nullo, effettuate con soggetti che, direttamente o indirettamente, controllano il soggetto controllato non residente, ne sono controllati o sono controllati dallo stesso soggetto che controlla il soggetto non residente;
  7. proventi derivanti da prestazioni di servizi, con valore economico aggiunto scarso o nullo, effettuate a favore di soggetti che, direttamente o indirettamente, controllano il soggetto controllato non residente, ne sono controllati o sono controllati dallo stesso soggetto che controlla il soggetto non residente.

Ciò detto, in sede ispettiva, seguendo le indicazioni della prassi operativa (cfr. circolare 1/2018 del Comando Generale della Guardia di Finanza, volume III, pagina n. 387 e ss.), al momento della preparazione dell’attività di verifica, si dovrà prestare attenzione a riscontrare preventivamente se il contribuente detenga, direttamente o indirettamente, il controllo in una società o altro ente residente o localizzato in un paradiso fiscale, ossia:

  • in Paesi e territori inseriti nella lista di cui al D.M. 21.11.2001, limitatamente alle annualità antecedenti al 2016, prima della formale abrogazione della stessa black list;
  • in una giurisdizione ove è concessa una tassazione effettiva inferiore alla metà di quella prevista in Italia valutando, simmetricamente, l’iscrizione nel conto economico di passive income (oltre 1/3).

Per espressa disposizione normativa, la CFC legislation può essere disapplicata se il soggetto controllante residente in Italia dimostra che il soggetto controllato non residente svolge un’attività economica effettiva, mediante l’impiego di personale, attrezzature, attivi e locali (articolo 167, comma 5, Tuir).

La controllata estera si può costituire sotto una duplice veste: come una società operativa che svolge un’attività commerciale o industriale, ossia come una holding.

Nello specifico, una holding company, è una società finanziaria che detiene quote di partecipazione in altre società del Gruppo multinazionale, in modo da controllarne la gestione.

Esistono, in merito, differenti tipologie societarie:

  • la holding statica (passiva), che non effettua alcuna attività di gestione delle partecipazioni, ma si limita ad incassare e distribuire dividendi;
  • la holding dinamica, che invece effettua un’attività di gestione attiva delle partecipazioni attraverso la direzione e coordinamento delle società partecipate ed altre attività ausiliarie (es. gestione della tesoreria, concessione di finanziamenti, direzione e coordinamento delle partecipate);
  • la holding mista/operativa la quale, oltre a coordinare l’attività delle imprese controllate, svolge anche una propria attività industriale o commerciale.

Con riferimento alle società sopra descritte, nell’allegato n. 5 della circolare 18/E/2021, vengono formulati alcuni esempi di documentazione utile per la disapplicazione della disciplina CFC tipicamente ammessa per l’attività di holding e altre attività finanziarie.

Nello specifico, per quelle imprese che esercitano l’attività di holding e altre attività finanziarie, occorrerà esibire, a titolo esemplificativo, i seguenti documenti necessari ad attestare:

  • la descrizione delle funzioni effettivamente esercitate dalla controllata estera, nonché degli asset utilizzati e dei rischi assunti. Gli asset, in particolare, vanno descritti in termini di rendimento, livello di rischio e liquidità;
  • l’indicazione del personale idoneo allo svolgimento delle funzioni e all’assunzione dei rischi;
  • la descrizione dei rapporti economico-finanziari della società estera con le altre società del gruppo, dove si specifichi, in particolare, la consistenza e la tipologia delle operazioni, attive e passive, poste in essere con le stesse nel periodo di riferimento;
  • l’indicazione dell’entità delle componenti di reddito “tipiche” in relazione all’attività esercita dalla società estera e confronto tra tale dato e quello ricavabile dal bilancio della controllante residente;
  • l’analisi di bilancio della società estera con evidenziazione degli indicatori di redditività del capitale proprio e di quello totale investito, e confronto con quelli della controllante residente.

Avuto riguardo all’autonomia dell’organo decisionale, ossia il consiglio di amministrazione, la stessa potrebbe essere evidenziata, a titolo esemplificativo attraverso:

  • i verbali del consiglio di amministrazione in cui gli amministratori non si limitano a ratificare decisioni prese dalla capogruppo attraverso “shareholders resolution” unilaterali);
  • il sistema di deleghe e i relativi poteri attribuiti al consiglio di amministrazione;
  • la circostanza che gli amministratori non siano a loro volta dipendenti di società di mera “domiciliazione”;
  • la qualificazione professionale e un livello di seniority degli amministratori coerente con le funzioni svolte, così come l’attribuzione di una remunerazione adeguata.

In tale modo, sarà possibile invocare l’esercizio di un’attività commerciale anche da parte della società holding e, simmetricamente, ottenere la disapplicazione della CFC Rule.