17 Aprile 2024

Cause di disapplicazione parziali facoltative per le società non operative

di Sandro Cerato - Direttore Scientifico del Centro Studi Tributari
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La scheda di FISCOPRATICO

Le cause di disapplicazione parziale delle società non operative, previste nel provvedimento direttoriale n. 23681/2008, sono facoltative e possono non essere utilizzate qualora non convenienti per il test di operatività delle società di comodo. Anche per il periodo d’imposta 2023 si pone la questione del superamento del test di operatività di cui al comma 1, dell’articolo 30, L. 724/1994, soprattutto per quelle società “statiche” (immobiliari di gestione e holding) che hanno volumi di ricavi effettivi dipendenti da alcuni asset presenti nell’attivo del bilancio. Le cause che consentono di evitare il test di operatività sono di due tipi:

  • le cause di esclusione, previste nello stesso articolo 30, L. 724/1994;
  • le cause di disapplicazione, introdotte con il provvedimento direttoriale n. 23681/2008.

In entrambi i casi, ossia al ricorrere di una delle cause di esclusione o di disapplicazione, la società può evitare di compilare i righi del modello Redditi dedicati al test di operatività, indicando la causa di esclusione o disapplicazione nell’apposito rigo (ad esempio RS116 del modello Redditi SC).

Tuttavia, mentre le cause di esclusione previste nell’articolo 30, L. 724/1994, sono “totali”, non tutte quelle previste nel citato Provvedimento n. 23681/2008 hanno lo stesso effetto, in quanto alcune di esse sono “parziali”, vale a dire consentono di escludere dal test di operatività alcuni beni presenti nell’attivo del bilancio. In particolare, si segnalano due ipotesi interessanti:

  • per le società immobiliari che locano immobili ad enti pubblici o con canone vincolato ex L. 431/1998, è possibile escludere tali beni dal test di operatività;
  • per le società “holding” che detengono partecipazioni immobilizzate in altre società, è possibile non tener conto nel test di operatività del valore delle partecipazioni detenute in società non di comodo, ovvero in società escluse dalla disciplina.

L’esclusione dal test di operatività dei citati beni consente alla società di uscire dalla disciplina delle società di comodo in tutti quei casi in cui i beni in questione non abbiano prodotto ricavi nel periodo d’imposta (si pensi alla mancata distribuzione dei dividendi alla holding), ovvero abbiano realizzato ricavi “calmierati” e non variabili (come nel caso di immobili locati ad enti pubblici).

Tuttavia, come precisato nello stesso Provvedimento direttoriale n. 23681/2008, a fronte dell’esclusione dal test di operatività del valore dei predetti beni, il contribuente non può tener conto degli eventuali ricavi iscritti nel conto economico derivanti dagli stessi asset nell’eseguire il confronto tra ricavi minimi presunti e ricavi effettivi. Ciò sta a significare che non sempre la causa di esclusione parziale comporta dei vantaggi a favore della società.

Può, infatti, accadere che in un esercizio le società partecipate (non di comodo) abbiano distribuito dei dividendi alla società capogruppo in misura sufficiente per superare la percentuale del 2% del valore delle partecipazioni (potenzialmente escluse dal test), e che l’importo ricevuto sia anche sufficiente a coprire i ricavi minimi presunti relativi agli altri beni dell’attivo (ad esempio quando l’importo dei dividendi erogati è significativo).

In tale ipotesi pare, quindi, preferibile rinunciare alla causa di disapplicazione parziale contenuta nel Provvedimento direttoriale ed eseguire il test di operatività nei modi ordinari, ossia non escludendo alcun bene dell’attivo, né i ricavi correlati iscritti nel conto economico. La conferma che si tratti di cause disapplicative facoltative si ricava dalla lettura del Provvedimento stesso, nella parte in cui prevede che i soggetti “possono disapplicare la disciplina sulle società di comodo”, con la conseguenza che non sussiste alcun obbligo in tal senso.