16 Giugno 2022

Attività professionali: cessione quote con valide ragioni extra fiscali non marginali

di Barbara Marrocco di MpO & Partners
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Nelle operazioni straordinarie che coinvolgono le attività professionali le parti intendono avere ben chiari gli aspetti organizzativi collegati all’operazione in essere e i relativi inquadramenti di prassi e normativa.

Per avere una panoramica di quelle che sono le attuali esigenze dei professionisti, senza pretesa di esaustività, si rinvia al contributo “Organizzazione E Passaggio Generazionale Negli Studi Professionali: Cosa Ci Chiedono I Professionisti”.

Nello specifico, la riorganizzazione di un’attività può essere più o meno strutturata a seconda delle esigenze delle parti e degli obiettivi da raggiungere e, tra le varie operazioni che possono essere considerate, la cessione delle quote risulta una strada percorribile nell’ipotesi di attività costituite in forma societaria.

 Dal punto di vista fiscale, le plusvalenze realizzate dalla cessione a titolo oneroso delle partecipazioni

costituiscono redditi diversi di natura finanziaria se realizzate da persone fisiche, purché  il  reddito non sia conseguito nell’esercizio di attività  d’impresa, arti o professioni o in qualità di lavoratore dipendente (art. 67, c. 1, lett. c) e c-bis) Tuir). La plusvalenza è costituita dalla differenza tra il corrispettivo percepito e il costo di acquisto della partecipazione, aumentato di ogni onere inerente la produzione (art. 68 Tuir).

Come chiarito in numerosi documenti di prassi, il presupposto impositivo della plusvalenza si origina con il momento di ‘perfezionamento del trasferimento’ della proprietà, distinto dal momento relativo ‘all’incasso del corrispettivo’.

In sostanza, il momento di realizzo della plusvalenza consente di determinare il regime di tassazione applicabile, mentre quello in cui il corrispettivo viene percepito determina, sulla base del principio di cassa, il periodo d’imposta in cui il reddito deve essere assoggettato a tassazione.

Ma cosa succede se i soci di una STP (o di un Centro Elaborazione Dati, costituito in forma di Srl) predispongono un accordo di cessione delle partecipazioni pattuendo che il corrispettivo sarà corrisposto in forma rateale fino a concorrenza dell’importo determinato in sede di cessione, o comunque nel limite massimo di 10 anni, anche se inferiore all’importo negoziato?

Potrebbero essere rilevate delle criticità ai fini delle imposte dirette e indirette, tra le quali, ad esempio, il rischio di riqualificare l’operazione quale abusiva ai sensi dell’articolo 10-bis L. 212/2000, oppure riqualificarla quale negozio misto con donazione?

Una fattispecie simile è stata analizzata dall’Agenzia delle Entrate nella Risposta all’interpello n. 156 del 2022.

Nella fattispecie esaminata dall’Agenzia, 3 soci di una società di consulenza (settore proprietà industriale) hanno avviato una trattativa per favorire l’ingresso nella compagine societaria di 4 acquirenti, già membri del consiglio di amministrazione e in passato dipendenti della società, nell’ottica di garantire alla società continuità aziendale e concrete prospettive di crescita attraverso un maggior coinvolgimento dei nuovi soci nella dinamica imprenditoriale.

Nella trattativa sono stabiliti i seguenti accordi:

  • cessione parziale delle rispettive partecipazioni;
  • pagamento rateale del corrispettivo pattuito, a partire dall’esercizio in corso alla data di esecuzione dell’accordo e per i successivi sino alla concorrenza del corrispettivo;
  • pagamento del corrispettivo sulla base degli utili netti futuri deliberati in assemblea (con importo pro quota nel primo esercizio, in relazione alle mensilità successive a quelle della cessione);
  • periodo di riferimento di 10 anni solari successivi alla data di esecuzione dell’accordo;
  • se al termine dei 10 anni l’importo risulterà inferiore rispetto a quanto, stabilito la differenza costituirà il ‘corrispettivo aggiustato’;
  • per i promissari acquirenti (anche amministratori) sono previsti degli obblighi per tutta la durata del periodo di esecuzione finalizzati a tutelare la redditività della società.

Sulla base dei citati accordi, e del fatto che l’istante ha anche rideterminato il valore della partecipazione detenuta alla data del 1° luglio 2011, si chiede se possano essere rilevati dei profili di abuso del diritto o se si possa riqualificare l’operazione come ‘negozio misto con donazione’ qualora il ‘corrispettivo aggiustato’ dovesse risultare inferiore a quello originariamente pattuito.

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