15 Febbraio 2016

Aspetti fiscali sul contratto di sponsorizzazione

di Guido Martinelli
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Con il comma 8 dell’art. 90 della legge n. 289/2002 è stato stabilito che “il corrispettivo in denaro o in natura in favore di società, associazioni sportive dilettantistiche e fondazioni costituite da istituzioni scolastiche, nonché di associazioni sportive scolastiche che svolgono attività nei settori giovanili riconosciuti dalle Federazioni sportive nazionali o da enti di promozione sportiva costituisce, per il soggetto erogante, fino ad un importo annuo complessivamente non superiore a 200.000 euro, spesa di pubblicità, volta alla promozione dell’immagine o dei prodotti del soggetto erogante mediante una specifica attività del beneficiario”.

La ratio del provvedimento è ricavabile esclusivamente dal tentativo, operato dal legislatore, di creare un ponte tra forme di mecenatismo puro e attività commerciale. Pertanto questa disposizione è stata chiaramente posta al fine di agevolare i rapporti commerciali tra soggetti che operano nel settore dello sport dilettantistico e aziende sponsor pur in “parziale” assenza di un equilibrio sinallagmatico tra le prestazioni.

Nella circolare numero 21/E del 2003 l’Agenzia delle Entrate ha precisato che “la disposizione in esame introduce, in sostanza, ai fini delle imposte sui redditi, una presunzione assoluta circa la natura di tali spese, che vengono considerate – nel limite del predetto importo – comunque di pubblicità e, pertanto, integralmente deducibili per il soggetto erogante ai sensi dell’art. 74 [ora 108], comma 2, del TUIR nell’esercizio in cui sono state sostenute o in quote costanti nell’esercizio medesimo e nei quattro anni successivi“.

La circolare precisa inoltre che il trattamento agevolato è consentito a condizione che i corrispettivi erogati siano necessariamente destinati alla promozione dell’immagine o dei prodotti del soggetto erogante e che sia riscontrata, a fronte dell’erogazione, una specifica attività del beneficiario della medesima. La circolare non ha però chiarito gli ulteriori aspetti applicativi della disposizione.

Si può comunque ritenere che scopo della norma sia quello di attribuire una connotazione fiscale indiscutibile alle somme fino a 200.000 euro, restando però immutato il potere, per gli organi di controllo, di verificare l’effettiva valenza pubblicitaria degli importi corrisposti eccedenti tale importo. Conseguentemente, si deve ritenere che gli importi eccedenti il limite di 200.000 euro all’anno non sono soggetti ad alcuna disposizione di interpretazione e il loro trattamento fiscale è determinato dalla verifica sulla natura di tali somme come spese di pubblicità o spese di rappresentanza, nonché sulla loro inerenza o economicità.

E’ poi necessario considerare che il riferimento dei 200.000 euro annui, ai fini dell’applicazione del regime fiscale di favore, è posto in relazione all’azienda sponsor e non al soggetto sponsorizzato. La norma riguarda, infatti, esclusivamente lo sponsor, dal momento che per il soggetto sponsorizzato non vi sono conseguenze fiscali o contabili particolari legate all’entrata monetaria (la stessa si configura sempre come un ricavo dell’attività tipica, a prescindere dalla circostanza della qualificazione che la stessa assume per il soggetto erogatore). Il comma 8 dell’articolo 90 della legge numero 289/2002, nel fornire, come detto, un’interpretazione autentica dell’articolo 108 del Tuir, identifica le somme fino a 200.000 euro all’anno come spese di pubblicità ai fini della dichiarazione dei redditi dello sponsor. E’ quindi in capo a quest’ultimo che deve essere verificato il superamento del limite dei 200.000 euro annui. Tale limite resta infatti unico, anche qualora la stessa azienda stipuli diversi contratti di sponsorizzazione con soggetti diversi, tutti potenzialmente riconducibili alla fattispecie in questione. All’atto della compilazione della dichiarazione dei redditi, per tutti i contratti di sponsorizzazione posti in essere e potenzialmente rientranti nella fattispecie in discorso, lo sponsor dovrà “sterilizzare” un importo di 200.000 euro, sempre deducibile come spesa di pubblicità, e verificare, per le eccedenze, la natura fiscale della spesa (di pubblicità o di rappresentanza). Sul punto sarà necessario, poi, valutare anche la presunta anti economicità della spesa da parte dello sponsor.

Per concludere, si può quindi ritenere che solo se le somme erogate dallo sponsor siano eccedenti il limite di 200.000 euro, devono essere soddisfatti tutti i requisiti per essere considerate “spese di sponsorizzazione“; sarà quindi necessario evincere dal contenuto del contratto stipulato tra le parti, le prestazioni sinallagmatiche che competono allo sponsor ed al soggetto sponsorizzato e che l’azienda possa dimostrare l’interesse commerciale (legato all’incremento delle vendite) collegato a tale sponsorizzazione.