1 Dicembre 2014

Triangolazioni comunitarie all’esportazione con IVA

di Marco Peirolo
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Nelle triangolazioni comunitarie che prevedono l’intervento di un soggetto extracomunitario occorre prestare attenzione al soggetto che organizza il trasporto della merce nel Paese di destinazione finale.

Si consideri il caso dell’impresa italiana che vende i beni al cliente di altro Paese membro dell’Unione europea con consegna, da parte dell’operatore nazionale, in un Paese non appartenente all’Unione europea.

Nella situazione considerata, esaminata dalla C.M. 23 febbraio 1994, n. 13-VII-15-464 (§ 16.3), la cessione posta in essere dall’impresa italiana non ha natura intracomunitaria in quanto non risulta integrato il presupposto del trasferimento materiale della merce – immediato o, comunque, finale – in altro Paese membro. È vero, infatti, che la controparte dell’operatore nazionale è identificata ai fini IVA in un diverso Paese comunitario, ma i beni sono destinati, come detto, in un Paese extracomunitario.

Ed è proprio in considerazione del luogo di destinazione della merce che la cessione, in linea di principio, può beneficiare del regime di non imponibilità previsto per le cessioni all’esportazione, a nulla rilevando la circostanza che il cessionario sia comunitario.

Utilizzando uno dei termini di resa del gruppo C o del gruppo D, la consegna della merce avviene, a cura del cedente italiano, nel Paese extracomunitario.

Ai fini IVA, l’operazione è riconducibile alle cessioni all’esportazione “dirette”, non imponibili ai sensi dell’art. 8, comma 1, lett. a), del D.P.R. n. 633/1972. Si considerano, infatti, tali “le cessioni, anche tramite commissionari, eseguite mediante trasporto o spedizione di beni fuori del territorio della Comunità economica europea, a cura o a nome dei cedenti o dei commissionari, anche per incarico dei propri cessionari o commissionari di questi”.

Se, invece, il trasporto/spedizione all’estero dei beni è organizzato dal cliente comunitario, con la merce consegnata in Italia a quest’ultimo, il quale ne cura l’esportazione, la cessione continua ad essere non imponibile, ma ai sensi dell’art. 8, comma 1, lett. b), del D.P.R. n. 633/1972. A seguito della pronuncia della Corte di giustizia nella causa C-563/12 del 19 dicembre 2013, la risoluzione dell’Agenzia delle Entrate n. 98 del 10 novembre 2014 ha precisato che il termine di 90 giorni, entro il quale i beni devono essere inviati al di fuori dell’Unione europea, non è perentorio, a condizione che il cedente sia in grado di dimostrare l’avvenuta esportazione.

Nella prassi commerciale, la clausola Incoterms normalmente utilizzata per quest’ultima tipologia di cessione all’esportazione è la resa EXW (franco fabbrica), che implica l’effettuazione delle formalità doganali a cura del cessionario comunitario, il quale è pertanto libero di scegliere non solo il vettore, ma anche l’ufficio doganale.

Infine, nell’ipotesi in cui il trasporto/spedizione all’estero dei beni sia organizzato dal cliente finale extracomunitario, la citata C.M. n. 13-VII-15-464/1994 ha precisato che la consegna della merce in Italia direttamente al destinatario finale non residente “non comporta la realizzazione, neanche in senso lato, della cessione all’esportazione da parte del contribuente nazionale, il quale in tale ultima ipotesi è tenuto ad emettere fattura soggetta ad IVA nei confronti del proprio cessionario”.

L’applicazione dell’IVA alla cessione interna resta confermata anche utilizzando la clausola FCA (franco vettore). Anche in questo caso, infatti, la merce viene consegnata, seppure già sdoganata all’esportazione, in Italia (nella specie, al vettore scelto dal cessionario extracomunitario), per cui opera il divieto indicato dall’Amministrazione finanziaria.

Dal punto di vista del cliente comunitario, l’IVA addebitata dal fornitore italiano non può essere chiesta a rimborso ai sensi dell’art. 38-bis2 del D.P.R. n. 633/1972, in quanto la successiva cessione nei confronti del destinatario finale extracomunitario, essendo territorialmente rilevante in Italia, è diversa da quelle espressamente consentite, che sono le operazioni il cui debitore d’imposta è il cessionario/committente e quelle non imponibili di trasporto o ad esse accessorie (si veda anche l’art. 3 della Direttiva n. 2008/9/CE).