30 Dicembre 2014

Denuncia penale “personale” per i doppi termini di accertamento

di Leonardo Pietrobon
Scarica in PDF

Secondo quanto stabilito dalla Commissione Tributaria Provinciale di Milano, con la sentenza 9438/46/14 del 04.11.2014, l’avviso di accertamento è illegittimo se la notizia di reato, sotto forma di denuncia alla Procura della Repubblica, viene presentata oltre il termine ordinario di accertamento.

Come noto, il raddoppio dei termini di accertamento è determinata dalla constatazione di reati tributari ai fini delle imposte dirette o Iva. Secondo quanto stabilito dagli articoli 43 del D.P.R. n. 600/1973 e dall’articolo 57 del D.P.R. n. 633/1972, infatti, in presenza di un reato fiscale di natura penale, la decadenza di accertamento passa dal 31 dicembre del quarto anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione all’ottavo anno, e dal quinto anno successivo, in caso di omessa presentazione, al decimo anno. Di conseguenza, gli accertamenti che dovrebbero essere notificati entro il 31.12.2014, riguardanti il periodo d’imposta 2009, o 2008 in caso di omessa dichiarazione, qualora sussistano una o più violazioni di reato penale pongono nelle condizioni l’Amministrazione finanziaria di accedere al citato raddoppio dei termini accertativi.

Sulla base di tale impostazione la Commissione Tributaria di Milano con la citata sentenza (n. 9438/46/14) è stata chiamata ad esprimersi su un avviso di accertamento notificato ad un socio di una società di capitali dall’Agenzia delle entrate, oltre il termine ordinario di accertamento, per il solo fatto che sussisteva la notizia di reato alla Procura della Repubblica nei confronti della società (S.r.l.) “distributrice” dei presunti maggiori ricavi accertati.

Ripercorrendo le sopra riportate indicazioni, la CTP di Milano ha proprio stabilito che il raddoppio dei termini di accertamento è illegittimo qualora la denuncia penale sia stata notificata al contribuente successivamente all’avviso di accertamento. A parere dei giudici di primo grado, la denuncia penale va, infatti, notificata entro il termine ordinario di accertamento; in tal caso l’Ufficio può usufruire di ulteriori quattro anni per poter inviare l’avviso di accertamento.

A parere dei giudici di primo grado, l’Agenzia delle entrate ha utilizzato una procedura inversa rispetto a quella stabilita normativamente, avendo notificato (prima) l’avviso di accertamento e (soltanto dopo la presentazione del ricorso), la denuncia della notizia di reato.

Proprio tale procedura “inversa”, a parere dell’Agenzia, determina l’annullamento dell’avviso di accertamento, in quanto, ai fini del raddoppio dei termini di accertamento, l’Ufficio è tenuto ad inviare la denuncia penale entro il termine ordinario di accertamento, condizione che, nel caso preso in esame, non si è manifestata.

Sulla questione, la CTR Lombardia, con la sentenza n. 3730 del 08.07.14, ha sancito che “ai fini della verifica della legittimità dell’utilizzo del maggior termine, debba essere accertata l’esistenza dell’obbligo di denuncia penale da parte del pubblico ufficiale o dell’incaricato di un pubblico servizio”.

Per i giudici della CTR Lombardia non basta la mera indicazione nell’atto di accertamentodell’inoltro o del futuro inoltro della notizia di reato alla Procura della Repubblica, bensì è necessario che tale atto impositivo contempli l’esistenza dell’obbligo di denuncia, cioè l’emersione di fatti illeciti che integrino un reato, commessi dal soggetto. Il reato tributario, cioè, deve risultare ipotizzabile sia nei suoi elementi oggettivi che soggettivi, essendo di tutta evidenza che la mancanza di uno di tali elementi comporterebbe l’illegittimità del raddoppio dei termini accertativi e l’utilizzo improprio della norma da parte dell’ufficio”.

Sulla questione dell’allegazione della denuncia alla Procura della Repubblica nell’avviso di accertamento, a pena di nullità, si ricorda che numerose sono le sentenze di merito che hanno affrontato la questione. A mero titolo esemplificativo, secondo la CTR Lombardia, sentenza n. 231/40/2001, la semplice enunciazione nell’atto di accertamento (o nel p.v.c.) dell’inoltro della notizia di reato alla Procura della Repubblica, senza ulteriori elementi, non legittima l’Ufficio a beneficiare del raddoppio. In tal caso, infatti, il Giudice tributario non sarebbe posto nella condizione di valutare il legittimo ricorso al raddoppio dei termini. La citata Commissione ribadiva che in presenza di una contestazione sul punto da parte del contribuente l’onus probandi della sussistenza dei presupposti per l’applicabilità del raddoppio dei termini spetta all’Amministrazione finanziaria (dello stesso avviso si segnala anche la CTP di Lecco, sentenza n. 74/1/12).

Sul punto è intervenuta anche la Cassazione, la quale ha precisato che non basta un semplice sospetto di una attività illecita, per essere obbligato alla denuncia, ma occorre individuare con sicurezza gli elementi del reato da denunciare, individuando tali elementi nella sussistenza di un fatto reato e nella ragionevole percepibilità di questo da parte del soggetto agente (Cass. S.U. Penali, sentenza n. 15400 dell’11.02.2008).