5 Novembre 2015

Deducibilità degli interessi passivi relativi a finanziamenti

di Fabio Garrini
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A decorrere dal periodo d’imposta 2016 (in tal senso depone il quinto comma dell’articolo 4 D.Lgs. 147/2015) gli interessi passivi relativi a finanziamenti garantiti da ipoteca su immobili destinati alla locazione saranno deducibili senza tener conto dei limiti imposti dall’articolo 96 Tuir per tutte le società che svolgono in via effettiva e prevalente attività immobiliare. In questo modo il legislatore interviene sulla disposizione contenuta nell’ar­ticolo 1, comma 36, L. 244/2007 (Finanziaria 2008) che esonera dalla verifica del ROL la citata tipologia di interessi passivi.

 

Il requisito soggettivo: la pregressa tesi ministeriale…

L’intervento apportato dall’articolo 4, quarto comma, Decreto crescita e internazionalizzazione non interviene sul requisito “oggettivo” della norma agevolativa (ad essere sottratti dalla verifica del ROL sono sempre e comunque solo gli interessi relativi a finanziamenti per immobili destinati alla locazione), ma viene cristallizzato anche un requisito soggettivo: quindi, oltre a dover individuare gli interessi che rispettano la destinazione dell’immobile, è necessario che il soggetto che possiede l’immobile (e sostiene gli interessi) vada a rispettare specifici requisiti.

Sotto tale profilo non sfuggirà che il tema relativo alla qualifica della società già era stato posto dall’Agenzia delle entrate all’interno della nota Circolare 37/E/2009, di fatto limitando il beneficio alle “immobiliari di gestione”, definite, prendendo spunto dalla Risoluzione 32/E/2007 quali società il cui valore del patrimonio (assunto a valori correnti) è prevalentemente costituito da beni immobili diversi da:

  • gli immobili alla cui produzione o al cui scambio è effettivamente diretta l’attività;
  • nonché dagli immobili direttamente utilizzati nell’esercizio dell’impresa.

Venne fornita, quindi, una definizione utilizzando a contrario il requisito di commercialità PEX di cui all’articolo 87, primo comma, lett d), Tuir: si tratta, in sintesi, delle società la cui attività consiste principalmente nella mera utilizzazione passiva degli immobili cd. “patrimonio” e strumentali per natura locati o comunque non utilizzati direttamente.

Tale interpretazione restrittiva, priva di presupposti normativi, fu causa di non poche contestazioni; si segnalano peraltro diverse pronunce favorevoli ai contribuenti, su tutte la sentenza n. 637/2014 della CTP di Brescia (pronuncia che, comunque, non è affatto isolata nella giurisprudenza di merito).

 

… e la nuova definizione normativa

Al fine di ovviare a tale situazione il legislatore è intervenuto attraverso il D.Lgs. 147/2015, codificando normativamente la necessità di rispettare un requisito soggettivo con lo scopo di beneficiare della piena deducibilità degli interessi passivi. Va da subito osservato che nel Decreto crescita e internazionalizzazione non si trova una definizione che ricalca il pensiero ministeriale sul tema, ma occorre riscontrare un requisito ben più restrittivo.

Viene infatti stabilito che il diritto alla piena deduzione spetta esclusivamente a favore delle società che svolgono “in via effettiva e prevalente attività im­mobiliare”, fornendone anche la definizione. Sono tali le società che rispettano un duplice parametro:

  • Parametro patrimoniale: il valore dell’attivo deve essere costituito in prevalenza dal va­lore normale degli immobili destinati alla loca­zione (confronto quindi da eseguirsi non in base ai dati contabili, bensì tenendo conto del valore effet­tivo),
  • Parametro reddituale: i ricavi devono derivare per almeno due terzi (quindi la richiesta è numericamente ancora più stringente) da canoni di locazione o da affitto di aziende il cui valore com­plessivo è costituito prevalentemente dal valore normale di fabbricati. Sotto quest’ultimo profilo non pare sufficiente che nell’azienda affittata vi sia genericamente il diritto all’utilizzo dell’immobile di proprietà di un soggetto terzo, ma per ragioni sistematiche pare di doversi affermare che l’immobile, il cui valore sia preminente, debba essere posseduto dalla società che affitta l’azienda.

Da notare, quindi, come la nuova disciplina sia ben più vincolante rispetto all’interpretazione del requisito soggettivo avanzato in passato dall’Agenzia delle entrate:

  • Prima di tutto va notato che è presente un requisito reddituale prima non contemplato. Non basta rispettare una determinata composizione patrimoniale, ma è necessario che tale patrimonio generi un determinato ammontare di ricavi. Se la società svolgesse, accanto a quella immobiliare, un’attività commerciale (con ridotto impiego di assets, quindi senza alterare il rapporto patrimoniale), questa potrebbe di per sé inficiare la piena deducibilità degli interessi passivi.
  • Inoltre va evidenziato come anche il requisito patrimoniale sia ben più stringente del precedente. Se in base alla Circolare 37/E/2009 erano utili a soddisfare la composizione patrimoniale tanto gli immobili locati quanto quelli a disposizione, la nuova formulazione richiede che la prevalenza dell’attivo sia caratterizzata da immobili destinati alla locazione. Diventa quindi di fondamentale importanza dare evidenza di tale destinazione: in assenza di indicazioni operative in tale senso, pare utile dotarsi, ad esempio, di mandati ad agenzie immobiliari, meglio se provvisti di data certa.