17 Luglio 2023

Società di persone: quando tassare il reddito da liquidazione degli eredi di soci defunti?

di Fabio Giommoni
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La scheda di FISCOPRATICO

L’individuazione dell’esercizio nel quale tassare i redditi derivanti dalla liquidazione degli eredi di soci defunti di società di persone (e nel quale dedurre la “differenza da recesso” in capo alla società) rimane una questione particolarmente problematica nella pratica professionale.

In tale ambito alcuni accorgimenti operativi possono evitare il rischio di pesanti accertamenti fiscali.

Nelle società di persone il contratto sociale è caratterizzato dalla considerazione personale e soggettiva del singolo contraente; pertanto, la morte del socio (salvo diverse soluzioni previste dall’atto costitutivo o concordate tra eredi e soci) non determina la trasmissione della quota agli eredi, bensì la “trasformazione” della quota nel corrispondente importo pecuniario di cui diventano creditori gli eredi e debitrice la società (articoli 2284 e 2289, cod. civ.).

In particolare, gli eredi hanno diritto a una somma di denaro che rappresenti il valore della quota del socio defunto, da liquidarsi in base alla situazione patrimoniale della società nel giorno in cui si verifica lo scioglimento del rapporto sociale, che si identifica con la data del decesso del socio (articolo 2289 cod. civ.)

In sostanza, rilevano le stesse regole civilistiche del recesso del socio, per cui anche ai fini fiscali si applica l’articolo 20-bis Tuir, il quale stabilisce che costituiscono reddito le somme “attribuite” o il valore normale dei beni assegnati ai soci delle società di persone nei casi di recesso o agli eredi in caso di morte del socio, per la differenza che eccede il prezzo pagato per l’acquisto o la sottoscrizione delle quote annullate (applicandosi le disposizioni dell’articolo 47, comma 7, Tuir, in quanto compatibili).

La società di persone potrà invece dedurre la c.d. differenza da recesso, rappresentata dalla differenza tra quanto complessivamente liquidato agli eredi e l’entità della quota di patrimonio netto spettante al socio deceduto in proporzione alla sua quota di partecipazione, che viene annullata in conseguenza del recesso.

Il rimando all’articolo 47 Tuir ha fatto sorgere il dubbio se le somme ricevute a seguito di recesso da società di persone, anche per causa di morte, debbano essere qualificate dal percettore come redditi di capitale, da tassare quindi in base al principio di cassa, oppure quale reddito di impresa attribuito per trasparenza, da tassare secondo il principio di competenza.

L’orientamento prevalente è quello di considerarli nell’ambito della disciplina del reddito di impresa, anche perché la stessa Agenzia delle entrate, con la risoluzione 64/E/2008, ha qualificato sia il reddito da recesso per il socio, sia la differenza da recesso della società, come componenti di reddito di impresa, quindi, rispettivamente, tassabili e deducibili secondo il principio di competenza.

A complicare le cose ci ha però pensato la recente sentenza n. 8743/2023 della Cassazione (seppure in ambito penale), secondo la quale il recesso del socio sarebbe soggetto al principio di trasparenza, mentre la liquidazione degli eredi a quello di cassa, non essendo equiparabile la posizione dell’erede a quella del socio, il quale è il solo che risulta ordinariamente tassato per trasparenza ai sensi dell’articolo 5 Tuir.

Tale tesi non pare tuttavia condivisibile in quanto l’articolo 20-bis Tuir non opera alcun distinguo tra socio receduto ed erede del socio defunto, equiparando le modalità di tassazione delle due fattispecie di recesso.

In ogni modo, anche qualificando il reddito “differenziale” attribuito dagli eredi come di impresa, non si risolvono le questioni circa l’individuazione del corretto esercizio in cui questo deve essere tassato, in quanto i principi sanciti dall’articolo 109 Tuir (alle società di persone non si applica la derivazione rafforzata) stabiliscono che i ricavi, le spese e gli altri componenti positivi e negativi, concorrono a formare il reddito dell’esercizio sulla base del principio di competenza (rendendosi dunque irrilevante il relativo incasso/pagamento), ma detti componenti, per concorrere alla formazione del reddito, devono altresì risultare certi nell’esistenza e determinabili in modo obiettivo nell’ammontare.

In caso contrario la competenza è rinviata all’esercizio in cui dette condizioni si verificano.

Ma proprio in sede di liquidazione del socio deceduto si generano spesso contenziosi tra società ed eredi sulla quantificazione della somma da corrispondere; contenziosi che rendono incerto l’ammontare della liquidazione e possono far slittare il relativo pagamento di diversi anni.

L’incertezza normativa circa l’individuazione dell’esercizio in cui tassare il reddito da liquidazione degli eredi comporta il rischio di subire pesanti accertamenti da parte dell’Amministrazione finanziaria, che tuttavia una tempestiva attivazione da parte della società e degli eredi stessi può contribuire a ridurre.

Occorre, infatti, considerare che sono 4 i possibili momenti rilevanti ai fini della tassazione degli eredi.

  1. Il primo momento coincide con la data di decesso del socio, a fronte del quale si verifica ope legis la causa di recesso dalla società e matura il diritto alla liquidazione della quota da parte degli eredi.
  2. Tuttavia, l’importo della liquidazione deve essere determinato, sulla base del valore della quota di patrimonio sociale detenuta dal de cuius (considerando anche i maggiori valori correnti dei beni rispetto a quelli contabili, il valore di avviamento, nonché la quota parte degli utili in corso di formazione), per cui interviene il secondo momento rilevante, ovvero quello in cui viene formalizzata l’uscita del socio deceduto dalla compagine sociale (mediante scrittura privata autenticata di modifica del contratto sociale) e viene quantificata la somma da liquidare agli eredi. Contabilmente è ridotto il patrimonio netto di pertinenza del socio defunto ed è contabilizzata l’eventuale differenza da recesso, nonché viene iscritto il debito verso gli eredi per la liquidazione della quota.
  3. Il terzo momento rilevante è quello in cui la somma oggetto di liquidazione è definita, a seguito di sentenza o con accordo stragiudiziale, tra la società e gli eredi del de cuius, in quanto, come detto, molto spesso questi ultimi contestano il valore della quota individuato dalla società, chiedendo un importo più elevato.
  4. L’ultimo momento rilevante è quello del pagamento a favore degli eredi, evento che può avvenire anche dopo diverso tempo qualora, per avere le somme liquide occorrenti, la società debba liquidare beni sociali (es. immobili).

Ovviamente, per evitare rischi di accertamento da parte dell’Amministrazione finanziaria (sia in capo agli eredi che alla società), l’ideale sarebbe che tutti i suddetti momenti si verificassero nello stesso anno, perché in tale ipotesi non vi potrebbero essere dubbi circa l’esercizio di tassazione del reddito per gli eredi (dato che competenza, oggettiva determinabilità e pagamento cadrebbero nello stesso periodo di imposta).

Ma ciò, anche se la società e gli eredi si attivano prontamente, non sempre è possibile, per i motivi indicati in precedenza, per cui nella pratica il suggerimento è quello di fare in modo che almeno la formalizzazione dell’uscita del de cuius dalla compagine sociale e/o la quantificazione (anche in via provvisoria) della somma da liquidare agli eredi, cadano nello stesso anno del decesso del socio.

Infatti, a parere di chi scrive, va individuato in quello della formalizzazione del recesso e della quantificazione della somma da liquidare il momento in cui si verificano i presupposti per la tassazione del reddito degli eredi e per la deducibilità in capo alla società della differenza da recesso; da considerarsi entrambi come componenti del reddito di impresa e dunque da tassare/dedurre secondo il principio di competenza fiscale ex articolo 109 Tuir.

In tale ambito la sentenza n. 253/2022 della C.T.P. di Pisa, depositata il 29.07.2022, ha affermato che il momento in cui tassare il reddito di liquidazione degli eredi va individuato nell’anno in cui si verifica la morte del socio, che rappresenta un riferimento oggettivo e non modificabile dal comportamento delle parti.

Se si ragionasse diversamente, infatti, si finirebbe per ammettere la facoltà delle parti di rinviare la tassazione del reddito in oggetto semplicemente differendone il pagamento oppure facendo emergere un contenzioso circa la sua quantificazione.

D’altra parte però, aggiungiamo noi, alla data del decesso del socio sorge effettivamente il diritto alla liquidazione della quota, ma il relativo valore non può essere ancora determinato, anche ai sensi dell’articolo 109 Tuir, perché ciò richiede una certa attività professionale di valutazione della società.

In tal senso è opportuno che il valore della quota sia quantificato con un atto ufficiale in data quanto più prossima a quella della morte del de cuius, altrimenti potrebbero emergere le censure evidenziate dalla citata giurisprudenza di merito, circa il fatto che il momento in cui un componente del reddito di impresa assume rilevanza fiscale non può essere lasciato alla scelta insindacabile del contribuente.

Secondo questa ricostruzione, ferma restando l’immediata rilevanza reddituale degli importi “provvisoriamente” individuati nella citata formalizzazione del recesso, qualora poi si generasse un contenzioso con gli eredi circa la quantificazione delle somme da liquidare, allora gli eredi potrebbero tassare il maggior valore che dovesse essere riconosciuto, in via giudiziale o per accordo stragiudiziale, nell’esercizio in cui questo assumerà certezza.

In detto momento anche la società dedurrà, quale sopravvenienza passiva, l’eventuale maggiore differenza da recesso che si dovesse trovare a corrispondere.