6 Novembre 2023

Scissione scorporo: primi orientamenti interpretativi

di Paolo Meneghetti - Comitato Scientifico Master Breve 365
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La scheda di FISCOPRATICO

È stato introdotto nel nostro ordinamento societario, l’articolo 2506.1 cod. civ., in vigore dallo scorso 22.3.2023, con cui è stata aggiunta, alle diverse articolazioni di scissione realizzabili, la cosiddetta “scissione scorporo”.

Con questa operazione una società trasferisce parte del suo patrimonio ad una altra società neocostituita, ricevendo in cambio una partecipazione societaria che viene iscritta direttamente nell’attivo della società scissa e non attribuita ai soci della medesima.

Questo disegno societario si presta particolarmente a perseguire l’obiettivo di tutelare il patrimonio societario (argomento al quale sarà dedicata la quarta giornata del Master Breve Euroconference), potendosi suddividere, ad esempio, gli asset immobiliari dall’attività industriale, sottraendo così gli immobili dal rischio intrinseco derivante dallo svolgimento di una qualsivoglia attività operativa.

L’istituto della “scissione scorporo” è una novità assoluta nel panorama nazionale e, quindi, esso presenta alcuni aspetti che dovranno essere chiariti, ma su cui ora iniziano a formarsi consolidate opinioni dottrinali che è importante prendere in considerazione, insieme ad elementi critici che, diversamente, non sono stati ancora oggetto di approfondita analisi.

Un primo elemento su cui sembra convergere la dottrina è il tema del significato da attribuire al comma 1 del citato articolo 2506.1 cod. civ., laddove afferma che con “la scissione con scorporo una società assegna parte del suo patrimonio ad una o più società di nuova costituzione e a sé stessa le relative azioni, continuando la propria attività”.

Che cosa significa in concreto “continuare la propria attività”?

È possibile affermare che la continuazione della attività sia rappresentata dalla mera detenzione della partecipazione totalitaria nella scissa, diventando essa stessa sostanzialmente una holding?

Il recente studio del Notariato n. 45/2023 propende per escludere che si sia in presenza di continuazione dell’attività, laddove questa si concretizzi nella mera gestione della partecipazione ricevuta. Milita a favore di tale tesi il passaggio normativo in cui si afferma che viene trasferita “parte” dell’attività, lasciando intendere che il trasferimento della intera attività configura un conferimento più che una scissione. Secondo la richiamata prassi notarile, “Il primo requisito, consistente nell’assegnazione di “parte” del patrimonio della scissa, sembrerebbe sul piano testuale escludere la possibilità di configurare come scorporo (e, quindi, di avvalersi della disciplina della scissione), l’operazione con cui una società trasferisca l’intero patrimonio ad altra società di nuova costituzione, della quale sarà unica socia per effetto dell’acquisizione dell’intero capitale della beneficiaria dell’assegnazione” .

Del medesimo avviso anche Assonime (circolare n. 14/2023) secondo cui “L’unica condizione posta dalla norma è che la società scissa debba continuare la propria attività. Di conseguenza, la scissione mediante scorporo non può essere una scissione totale”.

Peraltro, a parere di chi scrive, non è neppure ipotizzabile la scissione totale nell’ambito della “scissione scorporo” poiché non vi sarebbe estinzione della società scissa, nemmeno ammettendo che sia possibile la scissione scorporo per mera detenzione di partecipazioni. Il solo fatto che viene ricevuta la partecipazione “mantiene in vita” la società scissa, il che esclude l’applicabilità della scissione totale, la quale presuppone l’estinzione della società scissa.

Ma dando per scontato che una attività diversa da quella della holding debba essere mantenuta, si discute sul fatto che tale attività debba essere necessariamente la medesima a quella svolta prima della “scissione scorporo”. Facciamo l’esempio tipico della “scissione scorporo” finalizzata alla tutela del patrimonio societario, ossia lo spin off immobiliare, per il cui tramite l’attività operativa viene trasferita alla beneficiaria neocostituita, mentre la scissa diventa società immobiliare. Ebbene, anche se la scissa cambia l’oggetto sociale (da operativa a immobiliare) un’attività viene comunque eseguita e ciò è sufficiente per ritenere soddisfatta la previsione normativa, laddove espressamente richiede la continuazione dell’attività.

Altro tema su cui si registra una prima convergenza in dottrina, è la continuità dei valori contabili dei beni trasferiti alla beneficiaria, con l’unica eccezione del valore contabile negativo del compendio trasferito che, però, si rivela positivo se valorizzato al valore corrente. In tal caso emerge, infatti, un disallineamento tra valori contabili ante “scissione scorporo” e quelli post scissione, come peraltro affermato da Assonime nella richiamata circolare n. 14/2023: In considerazione di ciò, nella normalità dei casi, la scissione mediante scorporo si realizza senza far emergere i plusvalori relativi ai beni attribuiti alla beneficiaria e in regime di continuità contabile. Un’eccezione è rappresentata dal caso in cui venga scorporato un patrimonio netto contabile negativo che, però, valorizzando gli asset netti trasferiti al loro valore corrente, ha un saldo positivo. In questo caso la beneficiaria della scissione si trova ad iscrivere gli asset ad un valore superiore rispetto a quello già contabilizzato presso la scissa.

In ottica di tutela del patrimonio, proviamo ad ipotizzare che venga scorporato un immobile iscritto a libro cespiti per 100, con un valore corrente di 150 e un collegato debito bancario di 140. Il capitale della beneficiaria sarà pari a 10 = (150 Valore corrente immobile – 140 debito collegato), mentre nella scissa si avrà l’iscrizione di una partecipazione per 10 e la genesi di una posta di patrimonio netto di 50 = (150 Valore corrente immobile – 100 valore contabile immobile) da qualificarsi come riserva di utili (risoluzione n. 12/E/2009).

La situazione consolidata delle due società certamente si presenta migliorata a livello patrimoniale per effetto di una sostanziale rivalutazione dell’immobile, ma non va sottaciuto che la società scissa rimane responsabile, in solido con la beneficiaria, delle passività trasferite a quest’ultima, ai sensi dell’articolo 2506 quater, ultimo comma, cod. civ., pur nei limiti del valore effettivo del patrimonio netto rimasto in carico.

Quindi la tutela patrimoniale è in qualche modo temperata dal mantenimento della responsabilità solidale, ma resta pur sempre vero che la scissa ottiene una liberazione dal debito, almeno in prima battuta, che certamente non va sottovalutata.

L’operazione così descritta pone poi una serie di interrogativi fiscali, tra cui l’acquisizione o meno dei requisiti pex in capo alla partecipazione ricevuta dalla scissa, con l’automatismo di cui parla l’articolo 176 comma 4, Tuir, tema sul quale si discute, ma una applicazione automatica dell’automatismo sopra citato sembra ostacolata dal fatto che oggetto del trasferimento non è un compendio aziendale, ma un singolo bene.