5 Giugno 2024

La stratificazione delle riserve nella scissione con scorporo

di Paolo Meneghetti - Comitato Scientifico Master Breve 365
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La scheda di FISCOPRATICO

Abbiamo più volte segnalato che la peculiarità principale della scissione con scorporo consiste nel fatto che tramite questa operazione la società scissa non riduce il proprio patrimonio, bensì sostituisce beni di primo grado (quelli trasferiti alla beneficiaria) con beni di secondo grado (la partecipazione) con il risultato che il netto resta inalterato. A fronte di tale evidenza, come si può disciplinare il tema della assegnazione delle riserve della scissa alla beneficiaria nella operazione con scorporo?

In una scissione ordinaria, il tema è affrontato dall’articolo 173, comma 9, Tuir, che, in primo luogo, si preoccupa di disciplinare la questione delle riserve in sospensione di imposta, stabilendo che esse vanno ricostituite nel bilancio della beneficiaria, utilizzando il criterio proporzionale di cui al comma 4, del citato articolo 173, Tuir. Sicché, se una società detiene un patrimonio netto di 1000 nel quale figura un saldo attivo da rivalutazione in sospensione di imposta per 50 e l’operazione di scissione comporta che alla beneficiaria venga attribuito il 10% del patrimonio netto contabile della scissa, si avrà, anzitutto, che nel costituito patrimonio contabile di 100 della beneficiaria, il valore di 5 (10% di 50) va considerato riserva in sospensione di imposta.

Tale principio soffre di una eccezione per quelle riserve in sospensione di imposta che sono intimamente connesse ad elementi dell’attivo, nel qual caso l’intera riserva in sospensione di imposta viene ricostituita nel netto contabile della beneficiaria cui è stato assegnato il bene collegato alla riserva. È il caso, ad esempio, del saldo attivo da rivalutazione in una scissione che avvenga durante il periodo di monitoraggio dell’effetto fiscale della stesa rivalutazione (ad esempio nella rivalutazione di cui al D.L. 104/2020 il periodo di monitoraggio dell’effetto fiscale è terminato il 31.12.2023): in tale ipotesi, l’intero saldo attivo va iscritto nel netto della beneficiaria, se il bene rivalutato è stato trasferito a quest’ultima  (o resta interamente ancorato alla scissa se il bene rivalutato resta nella scissa stessa).

Questo principio è stato, peraltro, codificato con la risposta ad interpello n. 97/2020. La restante parte delle riserve (non in sospensione di imposta) viene ricostituita secondo il criterio proporzionale dettato per le fusioni nei commi 5 e 6, dell’articolo 172, Tuir. Quindi, se nel capitale originario della scissa ci fossero state riserve di utili per il 70% e di capitale per il restante 30%, il patrimonio netto della beneficiaria, per la parte trasferita, dovrebbe essere ritenuto per il 70% formato da utili e per il 30% da capitale.

Questo è lo scenario normativo per una scissione ordinaria nella quale il patrimonio netto si riduce essendo in parte assegnato alla beneficiaria, ma in una scissione con scorporo (in cui tale riduzione non si manifesta) come ci si deve comportare? Sul punto, la dottrina è intervenuta con la Circolare Assonime n. 14/2023 nella quale si confuta la tesi secondo cui alla scissione con scorporo si dovrebbe applicare “de plano” la norma prevista per le scissioni ordinarie. Infatti, anche ammettendo che non vi siano riserve in sospensione di imposta, se si prendesse una normale riserva di utili e la si trasferisse in quota percentuale alla beneficiaria, si avrebbe che, in caso di sua futura distribuzione, la società scissa, quale socio della beneficiaria, sarebbe tassata nuovamente su utili che essa stessa ha prodotto e sui quali ha già corrisposto l’imposizione diretta ordinaria. Si potrebbe obiettare che questo aspetto è fisiologico in una scissione con scorporo, ma poi risulterebbe comunque inaccettabile la tesi se solo si considera che quegli utili attribuiti alla beneficiaria restano, comunque, presenti nel netto della scissa (che, come detto più volte, non riduce il proprio patrimonio per effetto della scissione) e tale conclusione porterebbe ad una palese duplicazione di imposta.

Su questo aspetto interviene il decreto legislativo di riforma dell’Ires (approvato il via preliminare dal Consiglio dei ministri, lo scorso 30.4.2024) che inserisce un comma (15 ter, lett. f), all’articolo 173, Tuir, con una duplice previsione:

  • le riserve preesistenti in capo alla scissa mantengono inalterata la loro natura fiscale, cristallizzandosi l’ammontare totale di esse al bilancio chiuso prima della data di efficacia della scissione, e ciò è perfettamente coerente con il fatto che non vi è alcuna riduzione di patrimonio
  • il patrimonio della beneficiaria va considerato quale formato da riserve di capitale, e anche ciò è coerente con il fatto che nella scissione scorporo viene eseguito sostanzialmente un apporto alla beneficiaria, e l’apporto configura una riserva di capitali.

Con questa previsione, di fatto, l’operazione di scissione con scorporo viene trattata esattamente come un conferimento di azienda, nel quale la società conferente apporta beni senza ridurre il proprio patrimonio netto ed il patrimonio netto della conferitaria si genera con una posta di capitale. Peraltro, questa assimilazione permette di risolvere anche il tema delle riserve in sospensione di imposta che, nel conferimento d’azienda, restano ancorate alla società conferente, a prescindere dal fatto che sia trasferito alla conferitaria il bene che le ha generate (il riferimento è sempre al saldo attivo da rivalutazione), e ciò anche nel caso in cui l’operazione di scissione scorporo/conferimento di azienda avvenga durante il periodo di monitoraggio dell’effetto fiscale ( della rivalutazione).

Legato a questo tema, vi è anche quello del trasferimento delle posizioni soggettive dalla scissa alla beneficiaria, passaggio regolato sempre dall’articolo 173, comma 4, Tuir, sulla base del criterio proporzionale del patrimonio netto contabile trasferito alla beneficiaria. Era lecito attendersi che, proprio in funzione della specificità della scissione con scorporo, non si dovesse eseguire alcun trasferimento di elementi soggettivi. Si pensi, tra gli altri, alle perdite fiscali riportate a nuovo; ebbene, a fronte della stabilità del patrimonio netto della scissa, si dovrebbe ipotizzare che le perdite restino ancorate a quest’ultima. Invece, il decreto correttivo sopra citato stabilisce una finzione giuridica, in base alla quale la percentuale del netto apportato, rispetto al netto totale ante scissione, individua anche la percentuale degli elementi soggettivi trasferiti. Questa previsione riguarda, in generale, gli elementi soggettivi; quindi, per fare un esempio, oltre alle perdite, i crediti d’imposta, le eccedenze di interessi passivi o le eccedenze Ace. Unica eccezione, quindi, quale posta soggettiva che non andrà ripartita, è rappresentata dai crediti di imposta richiesti a rimborso prima della scissione, che restano a vantaggio interamente della scissa.