30 Aprile 2019

Rivalutazione beni e partecipazioni: disciplina fiscale e contabile

di Federica Furlani
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La Legge di Bilancio 2019 (articolo 1, commi 940950, L. 145/2018) ha riaperto i termini per la rivalutazione di beni e partecipazioni possedute dai soggetti di cui all’articolo 73, comma 1, lett. a) e b), Tuir (spa, sapa, srl, …), che redigono il bilancio secondo il codice civile e i principi contabili nazionali Oic.

Per effetto del richiamo operato dall’articolo 1, comma 946, L. 145/2018 all’articolo 15 L. 342/2000, l’ambito della norma si estende anche ai beni e partecipazioni detenuti da imprenditori individuali, società personali, enti pubblici e privati (per i beni detenuti nello svolgimento di attività d’impresa) e stabili organizzazioni di soggetti non residenti.

Dal punto di vista oggettivo sono rivalutabili:

  • i beni d’impresa, ammortizzabili e non ammortizzabili, esclusi quelli alla cui produzione o scambio è diretta l’attività di impresa, anche se interamente ammortizzati;
  • le partecipazioni, costituenti immobilizzazioni finanziarie, in società controllate o collegate ai sensi dell’articolo 2359 cod. civ..

Sia i predetti beni che le partecipazioni devono risultare dal bilancio al 31 dicembre 2017 ed essere presenti anche in quello al 31 dicembre 2018; in quest’ultimo bilancio infatti andrà eseguita la rivalutazione, quantomeno per i soggetti con esercizio sociale coincidente con l’anno solare.

A tal proposito il Cndcec, con il comunicato stampa dello scorso 21 febbraio, ha ritenuto che l’applicazione della rivalutazione concessa dalla Legge sul bilancio 2019 potrebbe essere causa per il rinvio dell’approvazione del bilancio da parte dell’assemblea dei soci, qualora lo statuto sociale contenga tale facoltà (articolo 2364 e 2478 bis cod. civ.): “L’analisi di convenienza della suddetta rivalutazione potrebbe, infatti, richiedere tempi che mal si conciliano con l’approvazione del bilancio entro i 120 giorni”.

La rivalutazione è riconosciuta con il versamento di un’imposta sostitutiva:

  • del 16%, sul maggior valore iscritto in bilancio, per i beni ammortizzabili;
  • del 12% sul maggior valore iscritto in bilancio, per i beni non ammortizzabili.

Deve riguardare tutti i beni appartenenti alla stessa categoria omogenea ed il maggior valore è riconosciuto ai fini Ires ed Irap a decorrere dal terzo esercizio successivo a quello in relazione al quale si è proceduto alla rivalutazione (2021), ad eccezione degli immobili, i cui maggiori valori iscritti in bilancio si considerano riconosciuti con un anno di anticipo (2020).

Nel caso in cui, invece, il bene sia ceduto a titolo oneroso, assegnato ai soci, destinato a finalità estranee o al consumo personale o familiare dell’imprenditore, il periodo di osservazione arriva fino all’inizio del quarto esercizio successivo a quello in cui la rivalutazione è seguita. Se quindi la cessione/assegnazione avviene in data anteriore a quella di inizio 2022, il valore fiscalmente riconosciuto sarà quello non rivalutato.

È inoltre possibile affrancare il saldo attivo della rivalutazione, che confluisce in una specifica riserva, in tutto o in parte, con l’applicazione di un’imposta sostitutiva del 10%; nell’ipotesi di mancato affrancamento la riserva sarà assoggetta ad imposizione solamente in caso di distribuzione dei dividendi ai soci.

L’imposta sostitutiva come sopra determinata va versata in un’unica rata entro il termine di versamento del saldo delle imposte sui redditi dovute per il periodo d’imposta con riferimento al quale la rivalutazione è eseguita (1° luglio 2019 per i soggetti solari che approvano il bilancio entro maggio/ 31 luglio se l’approvazione avviene, avvalendosi della proroga, in giugno), con possibilità di compensazione.

Per quanto riguarda il procedimento contabile di rivalutazione l’Organismo Italiano di Contabilità (Oic) ha pubblicato di recente il Documento interpretativo n. 5/2019: un discussion paper sui nuovi aspetti contabili della rivalutazione dei beni d’impresa introdotti dalla Legge di Bilancio 2019.

Il suddetto documento specifica innanzitutto che il redattore del bilancio procede con la rivalutazione in presenza di alcuni aspetti: maggiore capacità produttiva, prolungata possibilità di utilizzazione del bene nonché, per i titoli immobilizzati, osservando il valore corrente delle quotazioni in mercati regolamentati italiani o esteri. Pertanto ai fini dell’individuazione del valore costituente il limite massimo alla rivalutazione, si può utilizzare sia il criterio del valore d’uso, che quello del valore di mercato.

La rivalutazione è un’operazione contabile e pertanto non comporta di per sé una modifica della vita utile dei beni; sarà opportuno aggiornare la vita utile solo nei casi in cui si sia verificato un mutamento delle condizioni originarie di stima.

Nel caso dei beni ammortizzabili materiali ed immateriali, la società può eseguire la rivalutazione adottando tre distinte modalità:

  • rivalutazione del costo storico (valore lordo) e del relativo fondo ammortamento;
  • rivalutazione del solo costo storico (valore lordo);
  • riduzione del fondo ammortamento.

Nel bilancio in cui è eseguita la rivalutazione (2018), gli ammortamenti sono calcolati sui valori non rivalutati, in quanto la rivalutazione è ritenuta un’operazione successiva e pertanto l’ammortamento di tali maggiori valori è effettuato a partire dall’esercizio successivo alla loro iscrizione.

Per quanto riguarda la fiscalità differita, il documento interpretativo osserva che i maggiori valori iscritti nell’attivo sono riconosciuti anche ai fini fiscali e quindi, alla data in cui è effettuata la rivalutazione non sorge alcuna differenza temporanea, essendo il valore contabile pari al valore fiscale, considerando che la rivalutazione è effettuata dopo gli ammortamenti.

Pertanto la società non iscrive imposte differite nel bilancio in cui è eseguita la rivalutazione.  Solo nei bilanci successivi la società rileva la fiscalità differita ai sensi dell’Oic 25, allorché si generano differenze temporanee, come nel caso degli ammortamenti sui maggiori valori, che sono deducibili fiscalmente a partire da un esercizio successivo a quello in cui gli ammortamenti civilistici sono effettuati.

Pertanto, negli esercizi precedenti a quello in cui gli ammortamenti diventano fiscalmente deducibili, emergono differenze temporanee sulle quali va considerata la fiscalità differita attiva, se esiste la ragionevole certezza del loro recupero.

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