6 Aprile 2016

Risvolti presuntivi su finanziamenti e versamenti dei soci alla società

di Chiara RizzatoSandro Cerato - Direttore Scientifico del Centro Studi Tributari
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Nella recente norma di comportamento n. 194 dell’AIDC si afferma: “la presunzione contenuta nell’art. 46 del TUIR serve a distinguere i versamenti effettuati a titolo di mutuo (fruttifero o infruttifero) da quelli effettuati a titolo diverso (tipicamente ad incremento del patrimonio netto). Se il versamento è a titolo di mutuo, l’art. 1815 del codice civile presume che esso sia fruttifero “salvo diversa volontà delle parti”, la cui prova può essere data con qualunque mezzo. In assenza di pattuizioni o nel caso di mutuo convenuto tra le parti come fruttifero senza una quantificazione della misura e della tempistica degli interessi, si applicano le disposizioni dell’art. 45 c. 2 del Tuir”.

In relazione a quanto riportato, le norme del Tuir che si rende opportuno evidenziare sono:

  • il comma 1 dell’articolo 46, il quale stabilisce: “le somme versate alle società commerciali e agli enti di cui all’articolo 73, comma 1, lettera b), dai loro soci o partecipanti si considerano date a mutuo se dai bilanci o dai rendiconti di tali soggetti non risulta che il versamento è stato fatto ad altro titolo”;
  • il comma 2 dell’articolo 45, il quale stabilisce: “per i capitali dati a mutuo gli interessi, salvo prova contraria, si presumono percepiti alle scadenze e nella misura pattuite per iscritto. Se le scadenze non sono stabilite per iscritto gli interessi si presumono percepiti nell’ammontare maturato nel periodo d’imposta. Se la misura non è determinata per iscritto gli interessi si computano al saggio legale”.

In sostanza, per inquadrare fiscalmente in concreto l’operazione, nella quale vengono erogate delle somme da parte dei soci alla società, è necessario:

  1. stabilire la sua natura, ovvero quella di finanziamento oppure di versamento;
  2. nel qual caso fosse un finanziamento, disporre in merito alla fruttuosità o infruttuosità dello stesso.

Tralasciando quanto concerne il punto 2, nel presente intervento si è colto il pretesto, analizzando in parte ciò che è stato precedentemente citato in relazione alla norma di comportamento n. 194 del AIDC, per prendere in considerazione alcune fattispecie, a nostro avviso le più rilevanti, ricondotte alla presunzione contenuta all’interno dell’articolo 46 del Tuir, oppure a questa connesse. La norma appena citata reca un discrimen che si basa sulla natura dell’operazione e sugli effetti che la stessa produce. Il fatto consiste nell’erogazione di somme da parte dei soci alla società, la quale si considera un’operazione di mutuo con obbligo di relativo rimborso da parte della società. Tale considerazione viene meno se è stata attuata un’operazione difforme rispetto al mutuo, ove nello specifico manca la connotazione e l’incombenza del rimborso, la quale è correlata all’indicazione nei bilanci o nei rendiconti della società di un titolo che la identifichi.

Sull’indicazione del titolo, quale elemento discriminatorio che delimita la natura dell’operazione, si noti che la sentenza della CTP Bologna del 04-03-2011 dispone che i versamenti dei soci, sul piano della rappresentazione del bilancio, ai fini Ires, devono essere iscritti nella voce “altre riserve”, voce che contribuisce alla formazione del patrimonio netto.

In riferimento alle fattispecie presuntive, si evidenzia l’eventualità, secondo la sentenza della Cassazione 10030 del 2009, nella quale, nonostante vi sia una distribuzione degli utili regolarmente deliberata, i soci non hanno mai provveduto a ritirare le somme loro spettanti a tale titolo. In codesta situazione, l’esistenza di un legame di parentela tra tutti i soci e l’anormalità ed antieconomicità di tale comportamento rappresentano elementi indiziari idonei a far presumere una novazione dei crediti da utili in crediti da finanziamento, con conseguente applicazione della “praesumptio legis” di cui all’art. 46 Tuir, in forza della quale le somme versate alla società dai loro soci si considerano date a mutuo se dai bilanci o dai rendiconti di tali soggetti non risulta che il versamento è stato fatto ad altro titolo. Ciò comporta la conseguente tassazione dei relativi interessi (determinati al tasso legale) in capo ai soci-mutuanti.

Giova inoltre prendere in considerazione un’altra fattispecie, nella quale è presente una contestazione da parte dell’Amministrazione finanziaria su finanziamenti infruttiferi. In tal caso si segnala quanto stabilito dalla sentenza della Cassazione n. 12764 del 2015, nella quale si dispone in merito all’attribuzione della natura di ricavi in nero ai finanziamenti infruttiferi dei soci. Per la pronuncia non è sufficiente dimostrare che i redditi e la capacità di spesa dei soci sono stati tali da poter giustificare detti finanziamenti. Non si può, pertanto, desumere l’effettività di un finanziamento infruttifero solo dalla affermata capacità di spesa, non bastando la asserita disponibilità di liquidità a dimostrare l’effettività del finanziamento (nel caso di specie, i medesimi soci avevano concesso ingenti somme riconducibili a finanziamenti infruttiferi alle varie società del gruppo partecipate ed, a fronte di ciò, non era stata individuata alcuna prova concreta dell’effettività degli apporti e della provenienza delle somme versate).