18 Luglio 2023

Riforma tributaria e nuove agevolazioni previste ai fini Ires

di Paolo Meneghetti - Comitato Scientifico Master Breve 365
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Tra i contenuti del Disegno di Legge per la Riforma Tributaria, spicca, nell’ambito della disciplina sulle società di capitali, l’articolo 6 (atto n.1038 presentato il 23 marzo 2023) dedicato ai principi e criteri direttivi per la revisione del sistema di imposizione sui redditi delle società e degli enti.

All’interno di tale norma, vi è poi un ulteriore punto qualificante, la lett. a), che introduce una riduzione dell’Ires che potrà essere applicata in presenza di talune circostanze.

Più precisamente si tratta di tre circostanze che dovevano verificarsi congiuntamente (nella previsione originaria della norma), mentre oggi possiamo dire, a seguito delle modifiche apportate in sede referente, che è sufficiente che almeno una delle condizioni d’impiego dell’utile sia verificata.

Le tre condizioni sono le seguenti:

  • si proceda ad effettuare investimenti. La norma non cita il termine “nuovi” che è stato in questi anni una conditio sine qua non per ottenere agevolazioni, bensì il termine “qualificati” che sembra alludere ad una agevolazione preferenziale per investimenti, appunto qualificati, a fronte di una agevolazione più modesta con riferimento ad investimenti non qualificati (il termine di paragone potrebbe essere investimenti 4.0 rispetto a quelli privi di tale connotazione);
  • si proceda ad eseguire nuove assunzioni, in tal caso il termine “nuove” lascia suppore che debbano essere assunzioni che incrementino il personale dipendente, e non nuove nel senso di assunzioni che sostituiscano personale dipendente già impiegato;
  • non si proceda ad eseguire distribuzione di utili, nel senso che per la parte di utili attribuiti ai soci non si applica l’agevolazione. La norma, al riguardo, parla anche di utile destinati a finalità estranee all’esercizio di impresa (es. donazioni), e comprende nella nozione di utili distribuiti anche quelli che si possono presumere distribuiti per effetto dell’accertamento di componenti positivi non dichiarati o componenti negativi inesistenti.

Va subito messo in evidenza un aspetto di originalità della previsione normativa.

Mentre nel passato norme analoghe assegnavano agevolazioni con effetti retroattivo, cioè, verificandosi alcuni presupposti, a consuntivo si poteva beneficiare di riduzioni nel prelievo fiscale, la disposizione contenuta nel disegno di Legge è costruita in modo diverso.

Infatti, la riduzione dell’Ires si applica da un certo periodo d’imposta, e poi essa sarà confermata o meno a seconda che entro il biennio successivo si verifichino i comportamenti virtuosi sopra descritti.

Sicché è lecito pensare che laddove tali comportamenti non si verifichino sarà necessario restituire l’agevolazione ricevuta con il versamento delle imposte relativo al secondo anno successivo a quello di applicazione della riduzione.

Dalla lettura della norma e da quella della Relazione Illustrativa non emerge il tema di eventuali sanzioni da applicare insieme alla restituzione della differenza tra aliquota ridotta ed aliquota piena, il che desta più di un dubbio.

È evidente che così fosse, ogni impresa procederebbe alla riduzione della aliquota, ipotizzando che, nella peggiore delle ipotesi, dopo un significativo lasso temporale potrebbe versare la differenza.

In sostanza, così congegnato, il sistema sembra autorizzare una dilazione legittima nel pagamento dell’Ires, dilazione che appare irrazionale e certamente molto onerosa per l’Erario e ciò porta a pensare che la questione verrà fatta oggetto di cautele legislative.

Altro elemento interessante da segnalare è il rapporto tra la disposizione in commento ed altre agevolazioni che oggi sono destinate ad incentivare, con agevolazioni fiscali, i medesimi obiettivi.

Non a caso nel periodo finale del citato articolo 6 si prevede un necessario coordinamento tra la nuova disciplina ed altre disposizioni relative al reddito d’impresa.

In primo luogo un coordinamento dovrà essere ipotizzato con l’Ace, Aiuto alla crescita Economica, il cui obiettivo è la capitalizzazione delle imprese (obiettivo condiviso con la norma in commento per uno dei suoi punti, cioè il sopra citato punto 3), mentre in essa è totalmente assente la destinazione dell’utile (investimenti e nuove assunzioni).

È difficile ipotizzare la convivenza delle due agevolazioni, anche in considerazione del fatto che la precedente Mini Ires (articolo 1, comma 28-34, L. 145/2018, che verrà ripresa oltre), norma che presenta significative analogie con l’articolo 6, era stata ipotizzata in sostituzione dell’Ace.

In secondo luogo, un coordinamento dovrà essere ipotizzato con la normativa del credito d’imposta per acquisto di beni strumentali nuovi 4.0.

Tale normativa, infatti, non è stata abrogata con il 2023 (come, invece, è accaduto per l’acquisto di beni strumentali non 4.0) ed è destinata a proseguire fino al 2025 (o 30 giugno 2026 per i beni prenotati entro il 2025).

Fermo restando che ad oggi non sono noti i tempi di effettiva applicazione della Riforma Tributaria, è tuttavia lecito pensare che qualche cumulo delle agevolazioni si potrà avere (sempre ovviamente fino a concorrenza del costo del bene), anche perché va tutelato il legittimo affidamento di chi oggi inizia investimenti che magari saranno conclusi fra qualche anno, contando sul credito d’imposta nella misura attuale del 20%.

 Il rapporto con norme analoghe del passato

Leggendo l’articolo 6 del DDL è immediato il confronto con le disposizioni di cui all’articolo 1, comma 28 e seguenti, L. 145/2018, in materia di c.d. “Mini Ires”, mai entrata in vigore poiché abrogata prima dall’articolo 2 D.L. 34/2019.

Anche in quel caso si ipotizzava una riduzione dell’Ires (al 15%) a condizione che l’utile venisse reinvestito in investimenti e costo del personale.

La nozione di investimento era definita normativamente come segue: “per investimento si intendono la realizzazione di nuovi impianti nel territorio dello Stato, il completamento di opere sospese, l’ampliamento, la riattivazione, l’ammodernamento di impianti esistenti e l’acquisto di beni strumentali materiali nuovi, anche mediante contratti di locazione finanziaria, destinati a strutture situate nel territorio dello Stato”.

Ma ancora più importante era la precisazione successiva alla definizione di investimento, e cioè che per l’investimento veniva computato, per ciascun singolo periodo d’imposta, l’ammortare della quota di ammortamento dei beni nuovi acquistati e questo è un passaggio centrale.

Il punto dovrà essere chiarito poiché l’articolo 6 cita in modo generico il termine “investimento”, che potrebbe lasciare intendere che la condizione della agevolazione è correttamente conseguita se a fronte di un utile, per esempio, di 100 (tassato con aliquota ridotta), viene eseguito un investimento di 100, anche se le quote di ammortamento, nel biennio successivo a quello di tassazione ridotta dell’utile, per quello stesso bene, ammontassero a 20.