15 Settembre 2014

Responsabilità del rappresentante fiscale in Italia di un soggetto estero

di Fabio Landuzzi
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Il tema della
responsabilità del rappresentante fiscale in Italia di un soggetto estero è un tema sicuramente delicato.
Con la
sentenza n. 18759 del 17 giugno 2014, la Corte di Cassazione, nell’accogliere il ricorso dell’Amministrazione Finanziaria avverso la pronuncia della Commissione Tributaria Regionale, ha confermato il principio secondo cui
il rappresentante fiscale ai fini Iva in Italia di un soggetto non residente nel territorio dello Stato è tenuto ad adempiere alla
generalità degli obblighi connessi a tutte le operazioni imponibili, nessunO escluso, e
risponde in solido con la società rappresentata relativamente a tali obblighi, ivi compresi
gli obblighi d’imposta.
Il caso oggetto della sentenza qui in commento attiene ad una vicenda molto complessa la quale verteva su di una grave
contestazione di frode fiscale con l’utilizzo di fatture soggettivamente inesistenti.
L’
Amministrazione Finanziaria, in forza delle indagini compiute, provvedeva quindi ad
accertare nei confronti del rappresentante fiscale in Italia della società estera coinvolta nella vicenda delle
maggiori imposte dirette ed
una maggiore Iva a fronte, appunto, di costi ritenuti non deducibili, di un’omessa tassazione di ricavi ed un’Iva ritenuta non detraibile.
Il
rappresentante fiscale eccepiva quindi nel contenzioso che nella propria veste non gli potevano essere addebitati fatti
omissioni o commissivi imputabili alla società rappresentata ed amministra tata da altri soggetti.
Dal testo della sentenza della Cassazione emerge che nei primi due gradi di giudizio era stato riconosciuto che la responsabilità del rappresentante fiscale non poteva essere estesa sino ad includere irregolarità commesse dalla società rappresentata ai fini delle imposte dirette, in quanto detta
responsabilità è stata
introdotta normativamente
solo
per quanto concerne gli obblighi Iva e non per quanto attiene ad un’eventuale omessa contabilizzazione di ricavi: un aspetto che, peraltro, dovrebbe sottendere l’eccepita esistenza in Italia di una stabile organizzazione della società estera.
La sentenza della
Cassazione, nell’accogliere una delle eccezioni sollevate dalla Amministrazione ricorrente,
sembra invece richiamare una presunta
responsabilità più vasta del rappresentante
fiscale del soggetto estero nominato ai sensi dell’articolo 17 del D.P.R. 633/1972, laddove si rivolge ad una nozione apparentemente omnicomprensiva di
“obblighi di imposta” da adempiere per conto del soggetto rappresentato.
La
giurisprudenza richiamata nella sentenza in commento (
Cassazione, n. 7672/2012 e n. 15848/2004), pare però riferirsi
sempre esclusivamente al comparto dell’Iva, e quindi non autorizzare ad una estensione della responsabilità del rappresentante fiscale del soggetto estero anche all’ambito delle imposte sul reddito.
Ai sensi del citato
articolo 17 del D.P.R.
633/1972, infatti,
il rappresentante fiscale risponde in solido con il soggetto rappresentato
relativamente agli obblighi Iva.
La stessa Cassazione afferma che è dal mandato che deve essere desunta la responsabilità del rappresentante fiscale, in quanto
non esiste un principio o una norma
che consenta in via generale di considerare il rappresentante fiscale come responsabile, in solido col rappresentato, di tutte le operazioni e
di tutte le violazioni commesse a partire dall’inizio dell’attività.
Il rappresentante fiscale è responsabile, ad esempio, in caso di inadempimento degli obblighi di conservazione dei documenti, ma secondo la disciplina di cui al Decreto Iva.
Anche il
tenore letterale della norma che fa un riferimento agli ”
obblighi ed i diritti derivanti dalla applicazione delle norme in materia di imposta sul valore aggiunto” deve ritenersi, secondo la precedente giurisprudenza di Cassazione, riferibile solamente alle operazioni Iva ed agli obblighi ad essa connessi.