27 Ottobre 2023

Qualificazione dei corrispettivi per acquisto e rivendita di software

di Fabio LanduzziRiccardo Carrieri
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La scheda di FISCOPRATICO

L’annosa questione della qualificazione come “royalties”, piuttosto che come “corrispettivo” e quindi “utile di impresa”, dei compensi corrisposti dai soggetti residenti in Italia a soggetti non residenti, privi di stabile organizzazione in Italia, per l’acquisto di software destinato alla distribuzione nel mercato italiano, è stata oggetto di attenzione da parte di Assonime nella recente circolare n. 27 del 12.10.2023, la cui disamina mira anche a sensibilizzare l’Agenzia delle entrate a fornire ponderati chiarimenti agli operatori del settore, che svolgono nel territorio dello Stato italiano un’attività che si sostanzia nella intermediazione nel commercio di software acquistati presso produttori non residenti.

Come è noto, i compensi per l’uso o concessione in uso di un diritto d’autore su opere letterarie, artistiche o scientifiche di cui all’articolo 23, comma 2, lettera c), Tuir, tra i quali si ricomprendono i diritti sui programmi informatici tutelati ex Legge 633/1941 (ossia i software protetti da copyright), se corrisposti a soggetti non residenti privi di stabile organizzazione in Italia, sono soggetti ad una ritenuta in uscita nella misura del 30%, ai sensi dell’articolo 25, comma 4, D.P.R. 600/1973, salvo l’applicazione della misura ridotta disposta generalmente dalle Convenzioni contro le doppie imposizioni stipulate dallo Stato italiano, in conformità all’articolo 12 del Modello Ocse. Pertanto, la qualificazione di detti corrispettivi come “royalties”, ovvero “canoni” nella terminologia convenzionale, consente allo Stato ove risiede l’impresa che corrisponde il corrispettivo – salvo non ricorra un diverso disposto della specifica Convenzione – di attrarre a tassazione un reddito che, ove qualificato, diversamente, come “utile di impresa”, sarebbe soggetto alla potestà impositiva esclusiva dello Stato estero di residenza del percipiente.

Entrando nello specifico, in materia di software, il Commentario all’articolo 12 del Modello Ocse analizza le principali fattispecie configurabili nel caso del trasferimento di diritti d’autore ed in primis chiarisce che, ai fini del corretto inquadramento della natura del reddito, il carattere dei pagamenti, che riguardano il trasferimento di software, dipende dalla natura dei diritti che il cessionario acquisisce; di conseguenza, i pagamenti per i trasferimenti del diritto d’uso del software – quali l’acquisto di una licenza per utilizzare il software per finalità meramente personali o commerciali dell’imprenditore (ricomprendendo altresì il diritto di fare copie per consentire ad esempio lo sfruttamento in rete a più utenze o su più terminali) – rientrerebbe nel novero del business income, previsto dall’articolo 7 del Modello di Convenzione Ocse, poiché il pagamento non sarebbe configurabile come corrispettivo per l’acquisizione del diritto allo sfruttamento economico e commerciale del software nei confronti dei terzi. Ciò in quanto tale tipologia di acquisto ad utilizzo personale prescinde, appunto, “da qualsiasi forma di riproduzione e di commercializzazione del software stesso” (risoluzione n. 169/E/1997).

Al contrario, il paragrafo 13.1 del Commentario all’articolo 12 del Modello di Convenzione Ocse chiarisce che “i pagamenti effettuati per l’acquisizione di diritti parziali sul diritto d’autore (senza che il trasferente alieni totalmente il diritto d’autore) rappresentano un canone per il quale il corrispettivo viene riconosciuto per la concessione del diritto di usare il programma in casi in cui l’utilizzo del programma costituirebbe una violazione del diritto d’autore. Esempi di tali accordi comprendono le licenze per riprodurre e distribuire al pubblico un software che incorpora il programma protetto dal diritto d’autore o per modificare e diffondere in pubblico il programma”.

L’Agenzia delle entrate, già con la risoluzione n. 128/E/2008, aveva ricondotto i pagamenti effettuati da un distributore locale per l’acquisto e la successiva rivendita in Italia ad utenti finali di software prodotti da una software house non residente, senza che gli stessi subissero alcuna riproduzione o personalizzazione, alla fattispecie delle royalties, con l’annessa conseguenza in tema di applicazione della ritenuta in uscita.

La tesi dell’Amministrazione era che il contratto sottoscritto dal distributore prevedesse “il trasferimento parziale del diritto di autore nella forma diritto limitato alla distribuzione del programma informatico al pubblico per mezzo di appositi supporti magnetici (diritto che altrimenti spetterebbe esclusivamente al titolare del diritto d’autore)” in modo che “in assenza della specifica licenza, la commercializzazione del software informatico comporterebbe, infatti, una violazione del diritto d’autore”.

Più di recente, nel principio di diritto n. 5/2023, in tema di qualificazione di compensi per l’uso o la concessione in uso di software ai fini delle Convenzioni contro le doppie imposizioni, l’Agenzia delle entrate ha nuovamente confermato l’orientamento espresso con la risoluzione n. 128/E/2008, ritenendo che“i compensi corrisposti per la concessione del diritto di usare, riprodurre e distribuire il programma, in casi in cui ciò costituirebbe una violazione del diritto d’autore, vengano regolati, ai fini della ripartizione della potestà impositiva, dalla pertinente norma del Trattato”.

Tuttavia, questo orientamento, come in modo a nostro avviso condivisibile emerge dalla disamina di Assonime, desta fondate perplessità e serie preoccupazioni tra gli operatori, in quanto sembra prescindere dal considerare i contenuti del paragrafo 14.4 del Commentario all’articolo 12 del Modello Ocse. In tale paragrafo, il corrispettivo pagato a fronte del diritto di distribuzione di copie di un software, senza che il distributore goda del diritto alla riproduzione del medesimo, si qualifica come utile di impresa ai sensi dell’articolo 7 del Modello di Convezione Ocse.

Il Commentario precisa che il distributore, che non acquisisce contrattualmente anche il diritto di riprodurre e/o modificare e/o diffondere in pubblico il software, si qualifica come un intermediario nella commercializzazione del programma informatico, sicché i corrispettivi che versa al titolare del copyright sono configurabili come business income di cui all’articolo 7 del Modello di Convenzione Ocse.

Si consideri, poi, che ciò prescinderebbe dal fatto che le copie distribuite siano consegnate su supporti materiali o, come ormai usuale, distribuite elettronicamente (cd. downloading) e anche indipendentemente dalla circostanza che il software sia soggetto a personalizzazioni minori ai fini della sua installazione.

Per tali ragioni, considerate le istruzioni operative riportate al paragrafo 14.4 del Commentario, i compensi versati a soggetti non residenti privi di stabile organizzazione in Italia per distribuire un software ai propri clienti (senza poter effettuare modificazioni di sorta e secondo le indicazioni del licenziante estero) non dovrebbero qualificarsi come royalties e, pertanto, non dovrebbero essere assoggettati a una ritenuta in uscita; bensì, dovrebbero essere qualificati come utili di impresa e quindi sottratti alla potestà impositiva dello Stato ove risiede il soggetto che esegue il pagamento.

Infine, si deve rammentare che il paragrafo. 14.4 era stato aggiunto al Commentario dell’articolo 12 del Modello Ocse proprio pochi mesi dopo la pubblicazione della risoluzione n. 128/E/2008, specificatamente con la finalità di chiarire che il corrispettivo versato dal distributore per l’acquisto delle copie di software oggetto di rivendita costituisce componente del reddito di impresa del percettore; quindi, era lecito attendersi che l’Amministrazione finanziaria ne avesse tenuto conto nei propri successivi interventi. Diversamente, ciò non è avvenuto, come era emerso già nella risposta a interpello n. 361/2023.

Infine, se è vero che il Governo italiano ha espresso delle riserve, ritenendo che l’interpretazione fornita dal paragrafo 14.4 sia troppo generale e richieda una valutazione caso per caso, viste le incertezze ingenerate nel mondo imprenditoriale, sarebbe raccomandato che l’Amministrazione affrontasse il tema mediante la pubblicazione di un documento interpretativo aggiornato e sistematico trattando separatamente le principali fattispecie di trasferimento dei diritti d’uso e di sfruttamento dei software tutelati ed in particolare dei diritti connessi al distributore nell’ambito del processo di commercializzazione, in modo da fornire agli operatori indicazioni univoche, evitando che l’incertezza possa produrre anche fenomeni indesiderati sul piano della competizione sul mercato.