25 Giugno 2018

Quale destino per le SSD senza scopo di lucro?

di Guido Martinelli
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L’ultima Giunta del Coni ha comunicato che il Consiglio Nazionale, già convocato per il prossimo 10 luglio, avrà il compito di valutare ed approvare molte delibere tra le quali quella che dovrebbe dare il via libera al riconoscimento ai fini sportivi, da parte del Coni, delle nuove società dilettantistiche lucrative introdotte nel nostro ordinamento dalla L. 205/2017.

Si ricorda che questo appare essere solo il primo passo verso la definitiva operatività di tali nuove società. Sarà infatti necessario, poi, affiliarsi ad una Federazione sportiva nazionale, disciplina sportiva associata, ente di promozione che abbia nel frattempo provveduto a modificare le proprie carte statutarie onde consentire l’affiliazione di detti nuovi enti.

Ciò premesso, quale destino avranno le “vecchie” società di capitali dilettantistiche non lucrative nel frattempo esistenti e, comunque, varrà ancora la pena costituirne di nuove?

Per poter affrontare il problema partiamo dall’analisi di una recente sentenza (sentenza n. 2050 del 30.04.2018) della CTR Lombardia che ha accolto l’appello della Agenzia delle entrate nei confronti di un contribuente, società a responsabilità limitata sportiva dilettantistica senza scopo di lucro che aveva visto, invece, accolte le sue ragioni dalla CTP Milano.

Le motivazioni dell’Ufficio partono da un ravvisato esercizio di attività di natura esclusivamente commerciale e lucrativa basata essenzialmente (ma non solo) sulla “cessione parziale effettuatasi dai tre familiari e soci amministratori delle loro quote ad un nuovo socio e l’omessa convocazione dell’organo assembleare per deliberare la materia” ravvisandosi così: “un esclusivo carattere commerciale ovvero mirato ad uno scopo di lucro”.

Il Giudicante di secondo grado accoglie l’appello della Agenzia evidenziando, tra l’altro, che la società aveva: “operato in maniera complessiva con iniziative tipiche di una impresa che gestisce impianti sportivi, astenendosi invece dall’avere ad un tempo attuato attività di carattere promozionale per lo sviluppo e la diffusione dell’attività sportiva dilettantistica”.

Emerge chiaramente che l’Agenzia, in sede di accertamento, non ha valutato che la SSD non lucrativa, come testualmente indicato dall’articolo 90, comma 17, L. 289/2002, è a tutti gli effetti una impresa disciplinata dal quinto libro del codice civile, come tale soggetta alla disciplina di cui all’articolo 2247 cod. civ..

Infatti, tale società non configura un “ente senza scopo di lucro” come spesso erroneamente definito, quanto un ente lucrativo che persegue l’obiettivo del lucro oggettivo ma rinuncia a quello soggettivo (ossia alla distribuzione di questo ai soci).

Pertanto, in tal caso, si dovrebbe più correttamente affermare che trattasi di enti che prevedono il divieto di distribuzione di utili.

Quindi, mentre nelle associazioni dovrà prevalere la vita associativa, il “minimo comune denominatore” che affratella gli associati, la c.d. affectio societatis, le SSD non lucrative si caratterizzano (o dovrebbero caratterizzarsi) dalla finalità imprenditoriale con l’obiettivo del reinvestimento dell’utile prodotto (il riferimento è alla impresa sociale della riforma del terzo settore).

A questo quadro di riferimento si unirà, presto, la nuova società di capitali sportiva dilettantistica lucrativa.

Questa dovrà essere iscritta al Registro Coni, affiliata ad una Federazione, disciplina sportiva associata o ente di promozione sportiva, svolgere effettiva attività sportiva e provvedere al tesseramento dei propri praticanti sportivi.

Ricordo, infatti, che il regolamento di funzionamento del registro (deliberazione CN Coni n. 1574 del 18.07.2017) prevede, al suo articolo 6, tra le cause di cancellazione dal registro, alla lettera b), la perdita di uno dei requisiti di cui al precedente articolo 3. Tra questi, al comma 1, lett. e): “svolgano comprovata attività sportiva e didattica nell’ambito istituzionale dell’organismo sportivo di appartenenza”.

Questo ci consente ora di trarre alcune considerazioni conclusive.

Le srl sportive dilettantistiche, sia lucrative che non, dovranno avere, sotto il profilo sportivo le medesime caratteristiche.

Di conseguenza l’unica vera differenza si avrà sotto il profilo civilistico legato alla previsione statutaria di divieto, o meno, di distribuzione di utili tra gli associati.

Ma la non lucrativa, godendo di maggiori agevolazioni, sarà tenuta a dimostrare, in un ipotetico giudizio, tale sua caratteristica.

Come riuscire a dimostrare tale natura, prescindendo dal mero tenore letterale dello statuto, che potrebbe non essere ritenuto sufficiente, appare la scommessa sul futuro della non lucrativa.

D’altro canto questa ha ragione d’essere solo se sfrutta integralmente le agevolazioni fiscali possedute, sia ai fini dei redditi (articolo 148 Tuir) che Iva. Ciò perché, altrimenti, diventerebbe, in caso di svolgimento di attività commerciale, fiscalmente più onerosa della lucrativa.

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