20 Dicembre 2016

I prestiti tra privati e i limiti per la raccolta del risparmio

di Fabio Pauselli
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La Banca d’Italia l’8 novembre scorso ha pubblicato un provvedimento recante disposizioni per la raccolta del risparmio dei soggetti diversi dalle banche che entrerà in vigore dal 1° gennaio 2017. Trattasi di un elaborato alquanto interessante che raccorda al suo interno, oltre alle disposizioni in materia presenti nel TUB, anche le note delibere del CICR del 19 luglio 2005 e del 22 febbraio 2006.

L’articolo 11 del TUB definisce raccolta del risparmio quell’attività consistente nell’acquisizione di fondi con obbligo di rimborso, vietando tali attività ai soggetti diversi dalle banche. Da un lato esclude talune fattispecie dalla nozione di raccolta del risparmio tra il pubblico, dall’altro elenca le deroghe al citato divieto nei confronti dei soggetti non bancari. Sotto il primo profilo, che ci interessa in questa sede, non costituisce raccolta del risparmio tra il pubblico la ricezione di fondi connessa all’emissione di moneta elettronica o da inserire in conti di pagamento utilizzati esclusivamente per la prestazione di servizi di pagamento e quella che, in conformità dei limiti e dei criteri fissati dal CICR, è effettuata presso specifiche categorie di soggetti individuate in ragione di rapporti societari e di lavoro.

Come accennato, costituisce raccolta del risparmio l’acquisizione di fondi con obbligo di rimborso anche quando i tempi e l’entità del rimborso sono condizionati da clausole di postergazione o dipendono da parametri oggettivi, come quelli rapportati all’andamento economico dell’impresa o di uno specifico affare, oppure nei casi in cui esso, ancorché escluso o non esplicitamente previsto, sia desumibile dalle caratteristiche dei flussi finanziari connessi con l’operazione.

Ovviamente viene sancito che non costituisce obbligo di rimborso la partecipazione a una quota degli utili derivanti dall’attività dell’impresa oppure la ripartizione del patrimonio netto in sede di liquidazione.  In linea generale, tuttavia, viene specificato che la distinzione tra quelle fattispecie implicanti attività di acquisizione di fondi con obbligo di rimborso e quelle in cui detto obbligo è escluso deve essere individuata avendo riguardo alla complessiva struttura finanziaria dell’operazione concretamente posta in essere, a prescindere dalla configurazione giuridica assunta.

Il provvedimento in esame elenca tutte quelle attività connesse con l’acquisizione di fondi che non costituiscono raccolta di risparmio tra il pubblico e, nello specifico, quelle:

  1. connesse con l’emissione di moneta elettronica o da inserire in conti di pagamento utilizzati esclusivamente per la prestazione di servizi di pagamento;
  2. connesse con l’emissione e l’acquisizione di strumenti di pagamento (ad es. carte prepagate) che possono essere utilizzati per acquistare beni o servizi solo nella sede utilizzata dall’emittente o, in base ad un accordo commerciale con l’emittente, all’interno di una rete limitata di prestatori di servizi o per una gamma limitata di beni o servizi;
  3. effettuate presso soci, dipendenti o società del gruppo;
  4. effettuate sulla base di trattative personalizzate con singoli soggetti, per i quali tale operazione si inserisce, di norma, in una gamma più ampia di rapporti di natura economica con il soggetto finanziato;
  5. effettuate presso soggetti sottoposti a vigilanza prudenziale, operanti nei settori bancario, finanziario, mobiliare, assicurativo e previdenziale.

Il provvedimento in esame riprende e amplia un concetto già definito in occasione delle prime delibere in materia emesse dal CICR, ovvero che i generici prestiti tra privati o i prestiti tra società e terzi finanziatori non professionali sono pacificamente ammessi purché dal contratto emerga con chiarezza la natura di “finanziamento” del rapporto stesso e che si sia formato per iniziativa e sulla base di una trattativa personalizzata tra le parti. È evidente, tuttavia, che il reperimento di risorse effettuato in tal modo non deve presentare connotazioni, quali la numerosità e la frequenza, tali da configurarsi come una forma di raccolta di risparmio tra il pubblico.

In questo contesto è noto che le società possano raccogliere risparmio presso i soci ricorrendo, oltre che all’emissione di strumenti finanziari, anche a modalità diverse, purché tale facoltà sia prevista nello Statuto. È preclusa, tuttavia, la raccolta di fondi a vista e ogni forma di raccolta collegata all’emissione o alla gestione di mezzi di pagamento a spendibilità generalizzata. In tal senso il provvedimento della Banca d’Italia ricalca le disposizioni civilistiche in materia, specificando che la generalità delle società (non cooperative) possono effettuare raccolta di risparmio, senza alcun limite, esclusivamente presso i soci che detengano una partecipazione di almeno il 2% del capitale sociale risultante dall’ultimo bilancio approvato e siano iscritti nel libro dei soci da almeno tre mesi, condizioni che, come specificato, non sono richieste nelle società di persone.

Dottryna