22 Ottobre 2020

Per la società canoni di locazione di immobili commerciali da tassare anche se non riscossi

di Gioacchino De Pasquale
Scarica in PDF
La scheda di FISCOPRATICO

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 22906 depositata ieri, 21 ottobre, in linea con il consolidato orientamento giurisprudenziale (Corte di Cassazione sent. n. 11556 dell’11.05.2018; sent. n. 19240 del 28.09.2016), ha ribadito il principio in base al quale, ai sensi dell’articolo 109, comma 2, lettera b), Tuir, in tema di redditi di impresa, i ricavi derivanti dai canoni di locazione devono considerarsi percepiti e costituiscono reddito tassabile, alla data di maturazione dei medesimi e fino alla risoluzione del contratto o fino alla convalida di sfratto per morosità.

In merito alla questione analizzata dalla Suprema Corte, si premette che uno dei principi cardine della disciplina del reddito d’impresa è il criterio di competenza, secondo cui i componenti positivi e negativi di reddito concorrono a formarlo per maturazione.

Tale regola trova applicazione anche per i contratti continuativi, come lo sono i contratti di locazione, i cui corrispettivi si considerano conseguiti, appunto, alla data di maturazione, indipendentemente dall’avvenuto incasso (ex articolo 109, comma 2, lett. b, Tuir).

Tale principio è stato confermato nella sentenza della Corte di Cassazione n. 22906 depositata ieri, 21 ottobre.

Va evidenziato che la suddetta regola si applica per la locazione di immobili commerciali. Diversamente, i canoni relativi a un immobile abitativo comportano, generalmente, a norma dell’articolo 90 Tuir, la determinazione del reddito con le regole fondiarie, anche se esso rimane reddito d’impresa.

In applicazione della richiamata disposizione normativa per le imprese si pone il problema di dover dichiarare, e quindi tassare, canoni di locazione attivi spettanti relativi a immobili commerciali anche se non effettivamente riscossi.

Si rileva che le locazioni di immobili commerciali possono essere caratterizzate da accordi in base ai quali il canone di locazione viene stabilito in modo variabile, in funzione di uno o più elementi preventivamente individuati e concordati dalle parti contrattuali.

In tali ipotesi, si è in presenza del c.d. “canone di locazione a scaletta”, in cui il canone è sottoposto ad aumenti o diminuzioni, in base alle variabili pattuite, quali ad esempio:

  • il fatturato annuale; l’ammontare delle spese necessarie per adeguare l’immobile oggetto della locazione;
  • i giorni di apertura;
  • ecc.

La Corte di Cassazione, nel corso degli anni, si è più volte espressa sulla legittimità di tale previsione contrattuale, da ultimo con la sentenza n. 23986/2019 dell’11.7.2019 depositata il 26.9.2019, in cui è stata affermata (riconfermata) la liceità della disposizione contrattuale in commento.

Nel caso di specie, l’Agenzia delle Entrate aveva emesso un avviso di accertamento con recupero a tassazione Ires dei ricavi di competenza relativi a maggiori canoni previsti contrattualmente, in base a specifici accordi contrattuali, non percepiti e non dichiarati.

La CTR aveva accolto il ricorso del contribuente, il quale sosteneva la non assoggettabilità a tassazione Ires dei maggiori canoni di locazione in quanto non percepiti.

L’Agenzia delle entrate, non condividendo la tesi della CTR ha proposto ricorso, rilevando che:

  • i canoni di locazione, relativi all’attività d’impresa della società, non costituivano redditi fondiari ex articolo 26 Tuir, che si riferisce ai canoni di locazione di immobili ad uso abitativo, rappresentando invece una componente attiva del reddito di impresa, da considerarsi conseguita alla data di maturazione del corrispettivo;
  • i canoni di locazione dovevano essere iscritti in bilancio e soggetti a tassazione alla loro maturazione annuale, indipendentemente dagli accordi intercorsi tra le parti per un pagamento anticipato o posticipato.

La sentenza della Corte di Cassazione ha accolto i rilievi dell’Amministrazione Finanziaria, evidenziando che “in tema di redditi di impresa, i ricavi derivanti dai canoni di locazione devono considerarsi percepiti e costituiscono reddito tassabile, ai sensi del D.P.R. n. 917 del 1986, articolo 109, comma 2, lettera b), alla data di maturazione dei medesimi e fino alla risoluzione del contratto o fino alla convalida di sfratto per morosità”.

In conclusione, a differenza di quanto previsto per i soggetti Irpef, i soggetti Ires devono tassare i canoni di locazione indipendentemente dallo loro percezione, basandosi esclusivamente sul criterio di competenza in base al quale rileva la data di maturazione, fino all’eventuale risoluzione del contratto; fino alla risoluzione del contratto, infatti, questi non possono essere qualificati come componenti positivi dei quali non sia certa l’esistenza o la determinazione dell’ammontare, a prescindere dalla concreta percezione.