Nuovi chiarimenti sui soci volontari
di Alberto RocchiLa figura del socio volontario si caratterizza per la gratuità della prestazione lavorativa nei confronti della cooperativa, la quale non può in alcun modo remunerare questa categoria di soci, se non attraverso il rimborso delle spese effettivamente sostenute e documentate.
Nelle cooperative sociali, i soci volontari sono disciplinati dalla legge. L’articolo 2, L. 381/1991, dispone che gli statuti possano prevedere la presenza di soci volontari che prestino la propria attività gratuitamente. Ogni volta che la legge o lo statuto di una cooperativa introducono una categoria di soci diversi da quelli che danno vita allo scambio mutualistico (denominati soci cooperatori), si pone il problema della coesistenza tra di loro e dell’applicabilità delle norme di funzionamento della cooperativa che coinvolgono i soci in generale.
Il primo tema da affrontare è di comprendere se il socio volontario possa essere assimilato, ovvero contrapposto, al socio cooperatore. Accade in altre situazioni che la legge consenta l’istituzione di classi speciali di soci: in alcuni casi, il sottogruppo è un “di cui” dello stesso macro-gruppo dei soci cooperatori; si pensi al caso del cosiddetto “socio in prova” di cui all’articolo 2527 cod. civ., la cui istituzione è finalizzata all’inserimento lavorativo. In altri casi, invece, la legge ci pone di fronte a categorie di soci che si differenziano nettamente dai soci cooperatori, perché estranei allo scambio mutualistico. È il caso del “socio tecnico” previsto dall’articolo 23, D.Lgs. 1577/1947. In questo caso siamo in presenza, a tutti gli effetti, di un socio lavoratore che, tuttavia, attua lo scambio mutualistico con modalità che si differenziano rispetto all’attività caratteristica dell’ente. La differenza con i soci cooperatori diviene ancora più marcata nel caso dei soci finanziatori. Questa categoria ricomprende, in realtà, diverse casistiche (più o meno simili) nelle quali si ravvisa, tuttavia, un fattore comune: i soci finanziatori, pur nelle varie sfumature, partecipano alla cooperativa non in ragione della mutualità, ma perché interessati alla remunerazione del capitale con il quale hanno finanziato la società. Infine, particolari figure di socio non sono nemmeno previste dalla legge, ma vengono create dall’autonomia statutaria: è il caso del socio onorario, figura controversa di cui non vi è traccia nel Codice civile né nella legge speciale.
Tornando al caso del socio volontario, proviamo a stabilire in quale rapporto questa figura si pone rispetto al socio cooperatore. Ricordiamo che, a norma di legge:
- i soci volontari prestano la propria attività gratuitamente e sono iscritti in un’apposita sezione del libro dei soci;
- il loro numero non può superare la metà del numero complessivo dei soci;
- ai soci volontari non si applicano i contratti collettivi e le norme di legge in materia di lavoro subordinato ed autonomo;
- può essere corrisposto loro soltanto il rimborso delle spese effettivamente sostenute e documentate;
- le prestazioni dei soci volontari possono essere utilizzate in misura complementare e non sostitutiva rispetto ai parametri di impiego di operatori professionali e le loro prestazioni non concorrono alla determinazione dei costi di servizio, fatta eccezione per gli oneri per assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali ed il rimborso delle spese effettivamente sostenute e documentate.
Il Ministero Imprese e Made in Italy, con nota del DG del 3.4.2023, aveva sostenuto che i soci volontari non possono essere considerati al pari dei soci cooperatori, ma ad essi contrapposti. La conclusione ha conseguenze importanti nell’applicazione di alcune norme. L’articolo 2542, comma 3, cod. civ., ad esempio, prevede che la maggioranza degli amministratori sia scelta tra i soci cooperatori. Ne consegue che, adottando tale linea interpretativa, il Cda di una cooperativa sociale, composto in prevalenza da soci volontari, è da considerare irregolare. Conclude, pertanto, la Nota del 2023, invitando i revisori a diffidare le cooperative che dovessero trovarsi in questa situazione.
La linea dettata dal Ministero, tuttavia, non incontrava il favore degli studiosi. A tal proposito, va rilevato che nelle cooperative sociali, lo scopo mutualistico ha una portata molto più ampia che negli altri tipi di cooperative. La mancanza di retribuzione non impedisce che il socio volontario partecipi al beneficio mutualistico “esterno” che è proprio del mondo della cooperazione sociale, dove l’utilità realizzata dalla cooperativa non ricade soltanto sui soci, ma anche sulla collettività. Quindi, anche il volontario, partecipe dell’attività economica della cooperativa, contribuisce alla realizzazione delle finalità mutualistiche in termini di interessi di utilità sociale. In secondo luogo, non va dimenticato che, pur se non retribuito, il volontario è un socio a tutti gli effetti, titolare di tutti i diritti ed obblighi derivanti dalla partecipazione sociale: egli è tenuto al conferimento, può percepire dividendi, vota nelle assemblee, presta attività lavorativa, sebbene non beneficiando in proprio del vantaggio mutualistico.
La stessa normativa sembra andare, sia pure indirettamente, nella direzione della parificazione tra socio volontario e socio cooperatore. Infatti, quando il legislatore ha voluto tracciare una linea di demarcazione tra categorie di soci, lo ha fatto con disposizione specifica; ad esempio, l’articolo 4, comma 3, L. 59/1992, consente ai soci sovventori di essere nominati amministratori, ma la maggioranza dei soci deve essere costituita da soci cooperatori.
Facendo leva in particolare su quest’ultimo aspetto, il Ministero è intervenuto di nuovo sull’argomento con ulteriore Nota 36921 del 20.6.2024, rettificando la posizione assunta nel precedente documento. Secondo il documento interpretativo, in assenza di espressa contraria previsione, è da ritenersi regolare il Consiglio di amministrazione di una cooperativa sociale composto integralmente da soci volontari. Tale conclusione, oltre ad aprire scenari inediti per la governance di questo tipo di società, sancisce, di fatto, la parificazione tra socio volontario e socio cooperatore. Naturalmente sarà necessario verificare la sussistenza di altre condizioni, quale la partecipazione concreta del socio alle adunanze, il contributo effettivo alle scelte gestionali e l’apporto decisionale, l’esercizio della rappresentanza e ogni altro aspetto connaturale al ruolo assunto.