20 Luglio 2023

Nullo l’accertamento su crediti R&S per difetto di motivazione tecnica

di Angelo Ginex
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La scheda di FISCOPRATICO

Nella pratica professionale si assiste sempre più frequentemente al disconoscimento, da parte dell’Amministrazione finanziaria, del credito d’imposta per le attività di ricerca, sviluppo, innovazione e design (CIRSID).

Come noto, il credito d’imposta R&S, previsto nell’ambito del Piano Transizione 4.0 e finanziato con le risorse del P.N.R.R. (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza), rappresenta una misura di incentivazione rivolta alle imprese residenti nel territorio nazionale con l’obiettivo di sostenere la competitività delle stesse, stimolando gli investimenti privati nei settori della ricerca e sviluppo, innovazione tecnologica, design e ideazione estetica.

Si tratta di una forma di agevolazione fiscale – attiva sin dall’anno 2015, con il D.M. 27.05.2015, e più volte rivisitata dalle successive Leggi di Bilancio – la quale, agendo in riduzione, mediante compensazione, sull’importo annuo complessivo dovuto a titolo di tassazione dalle imprese nazionali, permette loro di operare un significativo taglio alle imposte dovute e al contempo di rendersi più competitive e innovative sul mercato.

Di recente si riscontrano con maggiore frequenza modalità accertative da noi ritenute illegittime, in quanto l’Amministrazione finanziaria, al fine di disconoscere tale credito d’imposta, si limita a mere valutazioni discrezionali circa la meritevolezza e il carattere innovativo dell’attività svolta dall’impresa che intende avvalersi della misura fiscale.

Non di rado accade, infatti, che l’Ente accertatore contesti ad un’impresa la illegittima fruizione del credito d’imposta R&S, senza avvalersi del preventivo parere tecnico del Mi.S.E. e, per questo, rivendicando a sé erroneamente dirette conoscenze di natura tecnico-scientifica tali da consentirgli di emettere un atto di recupero del credito – a giudizio dell’Ente, validamente motivato – sul convincimento di aver effettuato una congrua valutazione circa la rispondenza delle attività svolte dall’impresa accertata rispetto ai parametri normativamente previsti per la fruizione della misura fiscale.

In realtà, in dette circostanze, succede che l’Agenzia delle Entrate, nella motivazione dell’avviso di accertamento per il recupero del credito per ricerca e sviluppo, si limiti banalmente a richiamare la normativa di riferimento (articolo 3, comma 4, D.L. 145/2013, D.M. 27.05.2015), le circolari emesse in materia dalla stessa Amministrazione Finanziaria nonché i Manuali di Frascati e Oslo.

Ad avviso dell’Ente, tanto appare sufficiente per affermare genericamente che il progetto del contribuente non abbia i caratteri della creatività e dell’innovazione posti alla base dell’agevolazione fiscale.

Al riguardo, è d’uopo rammentare che la normativa di riferimento subordina il riconoscimento del credito d’imposta R&S al soddisfacimento di determinati requisiti tecnico-documentali, sempre e in ogni caso nel rispetto da parte dell’impresa richiedente della regolarità contributiva e della normativa in materia di sicurezza dei luoghi di lavoro.

In un siffatto contesto così particolarmente tecnico e articolato, non è semplice immaginare la portata dei criteri valutativi con i quali vengono oggi esercitati i poteri di accertamento da parte dell’Agenzia delle Entrate in quelle ipotesi, poco infrequenti, in cui l’Amministrazione finanziaria voglia recuperare a tassazione il credito d’imposta utilizzato in compensazione dall’impresa beneficiaria.

Tuttavia, sono sempre più numerose le occasioni in cui le Corti di Giustizia tributaria hanno assunto decisive, e quasi ormai consolidate, posizioni sulla giuridica necessità, a pena di nullità dell’atto impositivo, che l’Agenzia delle Entrate acquisisca il preventivo parere tecnico del Ministero dello Sviluppo Economico per fondare il legittimo recupero del credito d’imposta (cfr., C.T.P. Rimini 22/03/2023, n. 99; C.T.P. La Spezia 16/09/2022, n. 276; C.T.P. Vicenza 11/01/2022, n. 14; C.T.P. Bologna 22/12/2022, n. 977).

Pertanto, sebbene la richiesta del parere tecnico al Mi.S.E. rappresenti una mera facoltà e non un obbligo per l’Ente accertatore, non vi è dubbio che quest’ultimo non disponga di idonee conoscenze tecnico-scientifiche per provvedere autonomamente al disconoscimento della misura fiscale.

Quindi appare ragionevole ritenere che, in materia di accertamento per il recupero del credito d’imposta R&S, le valutazioni elaborate dall’Amministrazione finanziaria e addotte come valide motivazioni per sorreggere il disconoscimento dell’agevolazione fiscale – ancorché convincenti, ma pacificamente prive di un parere tecnico del Mi.S.E. – risentono in ogni caso della carenza assoluta di specifiche competenze tecniche in capo all’Ente accertatore e, per questo, rappresentano mere deduzioni di parte inidonee a fondare la legittimità della pretesa impositiva.

In definitiva, tenendo anche conto dei favorevoli e recenti orientamenti giurisprudenziali elaborati dalle Corti di Giustizia tributaria, è opportuno che il difensore tributario, ogni qualvolta l’atto impositivo per il recupero del credito d’imposta R&S non contempli una congrua motivazione tecnica elaborata dal Mi.S.E., contesti la nullità e/o illegittimità dell’atto impugnato per difetto di motivazione, anche e soprattutto alla luce del dettato normativo ex articolo 7 L. 212/2000, secondo cui l’atto di recupero del credito deve indicare le ragioni di fatto e di diritto alla base della pretesa impositiva.