6 Maggio 2021

Nota credito estera tra TD17 ed esterometro

di Clara PolletSimone Dimitri
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La scheda di FISCOPRATICO

Può capitare di ricevere una nota di credito emessa da un soggetto non residente, a storno di una precedente operazione di acquisto di beni o di una prestazione di servizi.

Con la risposta n. 308 del 30 aprile 2021 l’Agenzia delle entrate ha analizzato gli adempimenti che gravano sul cessionario/committente.

La società istante italiana ha acquistato nel mese di novembre 2020 una licenza di un software venduta da una società del Regno Unito. Subito dopo l’acquisto il soggetto italiano, riscontrata un’anomalia tecnica nei propri sistemi, richiede il rimborso di quanto pagato: fornitore GB ed acquirente IT convengono nella risoluzione consensuale per sopravvenuto accordo fra le parti.

La società italiana riceve l’accredito delle somme pagate ma il fornitore non emette alcuna nota credito: pertanto, viene interpellata l’Agenzia per chiarire il corretto trattamento ai fini Iva dell’operazione, con particolare riferimento alle modalità di emissione della fattura elettronica, oltre all’eventuale necessità di includere l’operazione nella comunicazione delle operazioni transfrontaliere (esterometro).

Occorre preliminarmente ricordare che la cessione ad un soggetto passivo d’imposta stabilito nel territorio dello Stato della licenza d’uso di un software (personalizzato o standard) per via telematica rientra tra le prestazioni di servizi che si considerano effettuate in Italia da soggetti non residenti, ai sensi dell’articolo 7-ter D.P.R. 633/1972.

Nel caso di prestazioni di servizi effettuate da un soggetto passivo stabilito in un altro Stato membro dell’Unione europea (acquisto avvenuto ante effetti della Brexit) il cessionario o committente adempie gli obblighi di fatturazione e di registrazione secondo le disposizioni degli articoli 46 e 47 D.L. 331/1993, convertito, con modificazioni, dalla L. 427/1993 (integrazione fattura con doppia registrazione nel registro Iva vendite e acquisti).

La nota di variazione è invece disciplinata dall’articolo 26 D.P.R. 633/1972 che, al comma 2, dispone quanto segue: “se un’operazione per la quale sia stata emessa fattura, successivamente alla registrazione di cui agli articoli 23 e 24, viene meno in tutto o in parte, o se ne riduce l’ammontare imponibile, in conseguenza di dichiarazione di nullità, annullamento, revoca, risoluzione, rescissione e simili […] il cedente del bene o prestatore del servizio ha diritto di portare in detrazione ai sensi dell’articolo 19 l’imposta corrispondente alla variazione, registrandola a norma dell’articolo 25”.

La disposizione precedente non può essere applicata dopo il decorso di un anno dall’effettuazione dell’operazione imponibile qualora gli eventi ivi indicati si verifichino in dipendenza di sopravvenuto accordo fra le parti.

Nel caso in cui il cedente o prestatore si avvalga della facoltà di cui al comma 2, il cessionario o committente, che abbia già registrato l’operazione, deve in tal caso registrare la variazione nei limiti della detrazione operata, salvo il suo diritto alla restituzione dell’importo pagato al cedente o prestatore a titolo di rivalsa (articolo 26, comma 5, D.P.R. 633/1972).

Ricorrendo i presupposti sopra descritti, tale facoltà può essere esercitata “anche dai cessionari e committenti debitori dell’imposta ai sensi dell’articolo 17”.

Nel rispondere all’interpello l’Agenzia ricorda che, in linea generale, nelle ipotesi di cessioni di beni o di prestazioni di servizi effettuate da un soggetto passivo stabilito in un altro Stato membro il cessionario/committente ha sempre la possibilità di variare in diminuzione l’imponibile/imposta dell’operazione.

In particolare:

  • l’esercizio di tale facoltà prescinde dalla natura del cedente/prestatore (soggetto passivo UE o extra UE), ma è legato alla sussistenza dei requisiti indicati nel richiamato articolo 26, commi 2 e 3, del decreto Iva;
  • si tratta di una possibilità e non di un obbligo.

Nel caso di specie, venuta meno l’operazione con la restituzione di quanto corrisposto – risoluzione per sopravvenuto accordo fra le parti – l’istante:

a) entro un anno dall’operazione (ossia entro novembre 2021) potrà emettere nota di variazione in diminuzione riferita alla stessa;

b) la nota, se elettronica via SdI, avrà come tipo documento TD17 integrazione/autofattura per acquisto servizi dall’estero”.

Sul punto con la “Guida alla compilazione della fatturazione elettronica ed esterometro” l’Agenzia aveva già chiarito che per le note di credito finalizzate a rettificare una fattura trasmessa in cui non è indicata l’Iva, in quanto il debitore d’imposta è il cessionario/committente, quest’ultimo può integrare la nota di credito ricevuta con il valore dell’imposta, utilizzando la medesima tipologia di documento trasmessa allo SdI per integrare la prima fattura ricevuta. Si tratta dei casi in cui è prevista la trasmissione allo SdI di un documento integrativo o di un’autofattura con i codici da TD16 a TD19.

La relativa nota di credito richiederà l’invio di un file xml con medesimo Tipo documento dell’operazione principale (nel nostro caso TD17), indicando gli importi con segno negativo. Pertanto, il contribuente non deve utilizzare il documento TD04. Infine, emessa la nota di variazione, si dovrà operare le conseguenti annotazioni nei registri Iva e non sarà necessario inserire tale operazione nell’esterometro.

Laddove invece si scelga di non gestire la variazione tramite SdI, ma di procedere in via analogica, l’operazione andrà inserita nella comunicazione delle operazioni transfrontaliere.

Esiste, a nostro avviso, una terza strada non contemplata nella risposta dell’Agenzia.

Il committente italiano potrebbe decidere di dare solo rilevanza contabile all’operazione di storno (fuori campo Iva articolo 26), evitando tutti gli adempimenti connessi alla registrazione della nota sul registro Iva (esterometro o invio tramite SdI).