1 Giugno 2023

Non conciliabili le liti afferenti i crediti d’imposta inesistenti

di Domenico SantoroGianluca Cristofori
Scarica in PDF
La scheda di FISCOPRATICO

Secondo l’orientamento espresso dall’Agenzia delle Entrate, le liti afferenti il recupero di crediti d’imposta inesistenti (o asseritamente tali) non sarebbero definibili né mediante la sottoscrizione di un accordo conciliativo, né accedendo alla disciplina della conciliazione agevolata (ex-articolo 1, commi da 206 a 212, L. 197/2022), potendo così emergere, tuttavia, possibili disparità di trattamento tra contribuenti, potenzialmente lesive del principio costituzionale di eguaglianza.

Più in dettaglio, l’articolo 13, comma 5, D.Lgs. 471/1997, inibisce la possibilità di definire in modo agevolato le sanzioni (ex-articoli 16, comma 3, e 17, comma 2, D.Lgs. n.472/1997) ai contribuenti che abbiano ricevuto la notifica di un atto di recupero di un credito d’imposta indebitamente utilizzato in compensazione, in quanto asseritamente inesistente.

Da tale preclusione alla possibilità di definire in modo agevolato le sanzioni irrogate con detti atti di recupero, l’Agenzia delle Entrate, in occasione di “Telefisco 2021”, ha fatto discendere l’impossibilità di definire le liti così insorte con la sottoscrizione di un accordo conciliativo.

A parere dell’Amministrazione finanziaria, infatti, “[…] la controversia avente ad oggetto l’atto di recupero di un credito inesistente, utilizzato in compensazione, non [può] essere definita tramite conciliazione, atteso che la riduzione delle sanzioni che ne conseguirebbe si porrebbe in contrasto con la corrispondente preclusione prevista con riferimento alla fase amministrativa”.

Nel contesto della cd. tregua fiscale, tuttavia, la citata limitazione alla possibilità di definire in modo agevolato le sanzioni è venuta meno, ancorché in modo temporalmente limitato, prevedendo l’articolo 1, commi 180 e 181, L. 197/2022 che gli “[…] atti di recupero non impugnati e ancora impugnabili alla data [del 1° gennaio 2023] e […] quelli notificati dall’Agenzia delle entrate successivamente, entro il 31 marzo 2023possono essere definiti in acquiescenza “[…] con il pagamento delle sanzioni nella misura di un diciottesimo delle sanzioni irrogate e degli interessi applicati, entro il termine per presentare il ricorso”.

Ciononostante, espressamente sollecitata a rivedere la propria tesi interpretativa in ragione del sopravvenuto diverso contesto normativo, la Direzione Regionale del Friuli Venezia Giulia dell’Agenzia delle Entrate, in una recente risposta (non pubblica) a un’istanza di interpello, ha ribadito quanto già precisato nel corso di “Telefisco 2021”, escludendo quindi la possibilità di accedere alla conciliazione agevolata per le liti che afferiscono l’impugnazione di atti di recupero di crediti d’imposta asseritamente inesistenti.

Tale interpretazione non appare però condivisibile, in quanto il quadro normativo delineato dal Legislatore con l’introduzione della cd. “tregua fiscale” sembrerebbe idoneo a consentire all’Agenzia delle Entrate di conciliare eventuali controversie pendenti alla data del 1° gennaio 2023 afferenti l’originaria impugnazione di atti di recupero di crediti d’imposta asseritamente inesistenti, finanche di proporre degli accordi conciliativi cd. “a zero”, con i quali sia consentito ai contribuenti di definire dette controversie (ri)versando i crediti d’imposta oggetto di contestazione e gli interessi maturati e maturandi, beneficiando soltanto della riduzione delle sanzioni voluta dal Legislatore in ragione del particolare momento storico di crisi gravante sugli operatori economici.

Depone in questi termini, innanzitutto, il chiaro tenore letterale della norma (articolo 1, commi da 206 a 212, L. 197/2022), la quale non contempla alcuna esclusione in tal senso dal suo ambito di applicazione.

Le uniche esclusioni sono, infatti, previste dal comma 210 del menzionato articolo 1 della Legge n.197/2022, il quale – in modo tassativo – precisa che “Sono escluse le controversie concernenti anche solo in parte:

  1. le risorse proprie tradizionali previste dall’articolo 2, paragrafo 1, lettera a), delle decisioni 2007/436/CE, Euratom del Consiglio, del 7 giugno 2007, 2014/335/UE Euratom del Consiglio, del 26 maggio 2014, e 2020/2053/UE, Euratom del Consiglio, del 14 dicembre 2020, e l’imposta sul valore aggiunto riscossa all’importazione;
  2. le somme dovute a titolo di recupero di aiuti di Stato ai sensi dell’articolo 16 del regolamento (UE) 2015/1589 del Consiglio, del 13 luglio 2015”.

Si consideri, inoltre, che l’interpretazione resa dalla Direzione Regionale del Friuli Venezia Giulia si pone in netto contrasto con gli obiettivi che il Legislatore avrebbe inteso perseguire con l’introduzione della disciplina di conciliazione agevolata delle liti pendenti, ovverosia “[…] supportare le imprese e, in generale, i contribuenti nell’attuale situazione di crisi economica dovuta agli effetti residui dell’emergenza pandemica e all’aumento dei prezzi dei prodotti energetici”, nonché deflazionare e ridurre i procedimenti contenziosi attualmente in essere.

Depone nei succitati termini, inoltre, la circostanza che la riduzione delle sanzioni che ne conseguirebbe sarebbe del tutto fisiologica, in quanto perfettamente in linea con le altre norme di definizione agevolata delle liti, già insorte o soltanto insorgenti, introdotte con la cd. “Legge di Bilancio 2023”.

In tal senso, infatti, non può non essere osservato che, nel contesto della cd. “tregua fiscale”, il Legislatore ha esplicitamente introdotto:

  • la possibilità di definire in modo agevolato, entro il termine per proporre il ricorso, quanto dovuto a seguito della notifica di atti di recupero di crediti d’imposta asseritamente inesistenti, consentendo quindi ai contribuenti, in deroga alla disciplina ordinaria, di beneficiare della riduzione delle sanzioni “[…] nella misura di un diciottesimo delle sanzioni irrogate” (articolo 1, commi da 180 a 184, L. 197/2022);
  • la possibilità di definire in modo agevolato le liti tributarie afferenti atti di recupero di crediti d’imposta asseritamente inesistenti, mediante la presentazione della domanda all’uopo prevista e il pagamento di un importo parametrato al valore della lite (rectius, del credito d’imposta), senza alcuna debenza di sanzioni e interessi (articolo 1, commi da 186 a 205, L. 197/2022);
  • la possibilità di definire in modo agevolato le liti tributarie afferenti atti di recupero di crediti d’imposta asseritamente inesistenti, mediante la rinuncia al ricorso principale, per quanto concerne le liti pendenti alla data del 1° gennaio 2023 dinanzi alla Corte di Cassazione, consentendo così ai contribuenti, in deroga alla disciplina ordinaria, di beneficiare della riduzione delle sanzioni a un “[…] diciottesimo del minimo previsto dalla legge” (articolo 1, commi da 213 a 218, L. 197/2022);
  • la possibilità di definire i debiti risultanti dai singoli carichi affidati agli agenti della riscossione dal 1° gennaio 2000 al 30 giugno 2022, anche afferenti atti di recupero di crediti d’imposta asseritamente inesistenti, “[…] senza corrispondere le somme affidate all’agente della riscossione a titolo di interessi e di sanzioni, gli interessi di mora di cui all’articolo 30, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, ovvero le sanzioni e le somme aggiuntive di cui all’articolo 27, comma 1, del decreto legislativo 26 febbraio 1999, n. 46, e le somme maturate a titolo di aggio ai sensi dell’articolo 17 del decreto legislativo 13 aprile 1999, n. 112, versando le somme dovute a titolo di capitale e quelle maturate a titolo di rimborso delle spese per le procedure esecutive e di notificazione della cartella di pagamento” (articolo 1, commi 231 e seguenti, della L. 197/2022).

Merita, inoltre, osservare che la conciliazione agevolata delle liti tributarie pendenti alla data del 1° gennaio 2023 si pone in alternativa alla definizione agevolata delle liti pendenti disciplinata dall’articolo 1, commi da 186 a 205, della L. 197/2022 che, come noto, allo stesso modo consente ai contribuenti la possibilità di definire le controversie afferenti l’originaria impugnazione di atti di recupero di crediti d’imposta asseritamente inesistenti con il pagamento di un determinato importo rapportato al valore della controversia (determinato in ragione dello stato della controversia e dall’esito dei precedenti gradi di giudizio), non prevedendo nessuna esclusione in tal senso.

In ragione di quanto appena rappresentato, la tesi sostenuta dall’Agenzia delle Entrate potrebbe determinare una paradossale e ingiustificata discriminazione, potenzialmente lesiva del principio costituzionale di eguaglianza, formale e sostanziale, ad esempio tra:

  • i contribuenti che, a seguito della notifica di un atto di recupero di crediti d’imposta asseritamente inesistenti, non hanno versato – a fronte di una pronuncia cautelare favorevole o anche solo per ragioni opportunistiche – quanto dovuto a titolo di riscossione provvisoria in pendenza di giudizio, i quali potranno concretamente accedere alla definizione agevolata delle liti prevista dall’articolo 1, commi da 186 a 205, L. 197/2022, presentando la domanda all’uopo prevista e versando un importo parametrato al valore della controversia, ovvero all’ammontare del solo credito d’imposta in discussione, non essendo dovute le sanzioni e gli interessi medio tempore maturati;
  • i contribuenti che, a seguito della notifica di un atto di recupero di crediti d’imposta asseritamente inesistenti, nel pieno rispetto dei principi di collaborazione e di buona fede, hanno versato quanto dovuto a titolo di riscossione provvisoria in pendenza di giudizio – non avendo richiesto la sospensione dell’esecuzione dell’atto impugnato o non avendola ottenuta – i quali, non potendo accedere in termini effettivi alla definizione agevolata delle liti prevista dall’articolo 1, commi da 186 a 205, L. 197/2022, tenuto conto che tale disciplina espressamente sancisce che “La definizione non dà comunque luogo alla restituzione delle somme già versate ancorché eccedenti rispetto a quanto dovuto per la definizione stessa”, non avrebbero nessuna alternativa concretamente perseguibile, nonostante la condotta tenuta sia connotata da un minor grado di “pericolosità”, cui l’ordinamento dovrebbe corrispondentemente reagire con un minor grado di avversione. Per evitare tale effetto distorto, a tali soggetti dovrebbe essere garantito l’accesso all’istituto della conciliazione agevolata, riconoscendo loro il rimborso delle somme eventualmente versate in eccesso rispetto all’ammontare dovuto per definire la controversia.

Si auspica, quindi, una revisione dell’orientamento espresso nella succitata risposta resa dalla Direzione Regionale del Friuli Venezia Giulia dell’Agenzia delle Entrate.