4 Aprile 2024

Accertamenti da notificare nei termini ordinari: estensione della “proroga Covid” da rigettare

di Chiara GrandiGiuseppe Stagnoli
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La scheda di FISCOPRATICO

Continua a tenere banco la querelle sull’applicabilità, o meno, della proroga introdotta dall’articolo 67, D.L. 18/2020 (c.d. “Cura Italia”) del termine di decadenza per la notifica degli avvisi di accertamento tributari relativi alle annualità non direttamente “colpite” dagli effetti delle disposizioni emergenziali da Covid-19.

Nella prima e più dura fase della pandemia, il Legislatore ha concesso una serie di proroghe dei termini degli adempimenti fiscali a favore dei contribuenti, compresi quelli inerenti agli adempimenti dichiarativi e di versamento, che scadevano nel periodo compreso tra l’8.3.2020 e il 31.5.2020. Parimenti, è stato previsto un analogo differimento, anche a favore degli enti impositori, che avrebbero potuto beneficiare di una corrispondente sospensione di 85 giorni per le attività di liquidazione, controllo, accertamento, riscossione e contenzioso. Inoltre, grazie al rinvio operato all’articolo 12, comma 1, D.Lgs. 159/2015, questa dilazione avrebbe trovato applicazione anche con riferimento ai termini di prescrizione e decadenza per la notifica degli atti impositivi.

Nonostante l’Agenzia delle entrate abbia fornito sin da subito un’interpretazione estensiva della applicazione della disposizione normativa in questione, l’analisi della più recente giurisprudenza di merito evidenzia un prevalente indirizzo dei giudici tributari volto a dichiarare inammissibile tale estensione, nonostante qualche più isolata pronuncia pro-interpretazione dell’Amministrazione finanziaria, soprattutto per quanto riguarda il campo dei tributi locali.

In particolare, nella circolare n. 18/E/2020, l’Agenzia delle entrate ha chiarito come questa sospensione avrebbe influenzato qualsiasi termine nel cui computo rientrava il periodo 8.3.2020 – 31.5.2020. Di conseguenza, per tutti i periodi d’imposta per i quali i termini di accertamento non erano ancora spirati al momento dell’entrata in vigore della sospensione (i.e. quelli dal 2015 al 2018 per i soggetti Irpef e per quelli Ires “solari”), la decadenza per la notifica degli avvisi sarebbe stata spostata in avanti di 85 giorni.

Tale interpretazione aveva fin da subito destato perplessità in dottrina, poiché non sembrava che l’intenzione del Legislatore fosse quella di introdurre una disparità di trattamento, prevedendo proroghe differenti per l’Amministrazione finanziaria ed i contribuenti. A maggior ragione, se si considera che lo stesso richiamato articolo 12, comma 1, D.Lgs. 159/2015, stabiliva che “le disposizioni in materia di sospensione dei termini di versamento […] a favore dei soggetti interessati da eventi eccezionali, comportano altresì, per un corrispondente periodo di tempo, relativamente alle stesse entrate, la sospensione dei termini previsti per gli adempimenti […] a favore degli enti impositori”. Un’interpretazione, questa, che è stata peraltro censurata dalla Corte di giustizia tributaria di primo grado di Torino: nella sentenza n. 890/2022, il collegio piemontese ha respinto, infatti, la tesi dell’Agenzia delle entrate precisando come “la Circolare invocata dall’Ufficio ha, evidentemente, forza vincolante solo per gli uffici, non assurgendo a forza di legge, neppure interpretativa”.

In senso analogo, si sono espresse la Corte di giustizia tributaria di primo grado di Latina, con sentenza n. 974/2023 e la Corte di giustizia tributaria di primo grado di Prato, con decisione n. 87/2023: in entrambi i casi, i giudici hanno confermato come la proroga debba considerarsi valida solo per l’anno in cui si è verificato l’evento eccezionale e non possa, invece, estendersi “a cascata” sui successivi, pena l’evidente ingiusto beneficio a favore degli enti impositori e a danno dei contribuenti, i quali certamente non hanno potuto godere di 85 ulteriori giorni per l’espletamento dei propri doveri tributari negli anni seguenti il 2020.

Inoltre, sia il collegio laziale che quello toscano hanno esteso la loro analisi all’ulteriore disposizione introdotta nel periodo emergenziale per disciplinare le scadenze relative all’emissione ed alla notifica degli atti impositivi. Il riferimento è all’articolo 157, D.L. 34/2020, a norma del quale gli avvisi (comunque denominati) i cui termini di decadenza, da calcolare senza tenere conto del periodo di sospensione inizialmente disposto dal più volte citato articolo 67, D.L. 18/2020, sarebbero scaduti tra l’8.3.2020 e il 31.12.2020, dovevano essere comunque emessi entro tale ultima data, ma notificati tra l’1.3.2021 e il 28.2.2022.

La volontà era quella di dilazionare nel tempo solo la notifica degli atti i quali, tuttavia, avrebbero dovuto in ogni caso essere redatti ed emessi entro l’ordinario termine di decadenza, ciò anche in considerazione del fatto che, come confermato nella già citata circolare n. 18/E/2020, in detto lasso di tempo non erano né sospese né tantomeno interrotte le attività degli uffici. Ebbene, a parere dei giudici, sarebbe stato irragionevole ritenere che per gli atti con scadenza nel 2020, l’anno più colpito dalla crisi pandemica, il Legislatore avesse voluto ripristinare l’ordinario termine decadenziale, mentre per quelli da notificare nei periodi successivi, quando ormai l’emergenza si poteva considerare superata, avesse voluto concedere un termine maggiore.

In attesa che sulla questione si possa formare un filone giurisprudenziale di merito più consistente e, infine, si possa esprimere la Corte di Cassazione, non si può che accogliere con favore l’orientamento delle recenti pronunce dei giudici di merito, volte ad evitare una ingiustificata dilazione dei termini di notifica degli avvisi di accertamento a vantaggio degli enti impositori fondata esclusivamente su un’interpretazione ad uso interno della norma, ma poco coerente con la ratio legis e l’eccezionalità della disposizione emergenziale.