1 Giugno 2023

Detraibilità dell’Iva non versata dal fornitore

di Roberto Curcu
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La scheda di FISCOPRATICO

Sempre più frequentemente si hanno notizie di avvisi di accertamento nei confronti di imprese che hanno ricevuto delle fatture da fornitori nazionali che si sono resi inadempienti del versamento dell’Iva incassata; in pratica, negli accertamenti viene contestata la detraibilità dell’Iva pagata a fornitori che non hanno versato il tributo all’Erario.

Questi rilievi possono avere diverse sfumature, e sono diversi a seconda che l’operazione sia o meno contestabile sotto il profilo della esistenza soggettiva e/o oggettiva.

Per quanto riguarda l’esistenza delle operazioni, rileviamo che si potrebbe ricadere in ipotesi di inesistenza soggettiva o oggettiva.

La seconda si ha quando una fattura rappresenta una operazione che in tutto o in parte è inesistente. Ad esempio, in presenza di una fattura per sponsorizzazione di 100, un bonifico in uscita di 100, e 30 rientrati in contanti, la fattura rappresenta una operazione oggettivamente inesistente; si è in presenza di un grave reato penale, ed ovviamente la detrazione dell’Iva su tale fattura è compromessa.

Altra cosa è l’inesistenza soggettiva dell’operazione.

Si acquista della merce e si riceve una fattura con Iva, si paga tale fattura al fornitore, e poi si scopre che tale operatore era interposto (“missing trader”).

In sostanza, la merce è stata di fatto fornita da altro soggetto, ed il soggetto che ha emesso fattura si è solo “interposto” al fine di acquistare senza Iva al fornitore reale, e cedere con Iva al cliente finale, ovviamente al fine di trattenere per sé l’importo dell’Iva.

Le contestazioni che possono colpire il cliente finale in questi casi sono di tre tipi: un coinvolgimento penale dello stesso nella frode del fornitore, con la dimostrazione che l’operazione sia stata conosciuta, favorita, od organizzata anche dal cliente; in questo caso, ovviamente, la detrazione dell’Iva è pregiudicata. Una seconda fattispecie si verifica in settori disciplinati indirettamente dall’articolo 60-bis del Decreto Iva, che prevede una solidarietà del cliente al pagamento dell’Iva evasa dal fornitore, quando gli acquisti sono effettuati a prezzi inferiori al normale. I beni che permettono tale contestazione sono in particolare autoveicoli, prodotti tecnologici, animali e carne, pneumatici e carburanti.

I problemi che si incontrano quando il proprio fornitore è un “missing trader” riguardano anche il caso in cui l’amministrazione dimostri che il cliente sapeva della frode del fornitore, oppure avrebbe potuto saperlo utilizzando l’ordinaria diligenza.

Siamo quindi in una terza situazione, dove non c’è concorso nella frode del venditore, e non si è in settori disciplinati dall’articolo 60-bis.

Su tale punto copiosa è la giurisprudenza comunitaria, che pone un freno agli accertamenti delle amministrazioni finanziarie dei vari Paesi, ma che richiede comunque una certa diligenza ai clienti.

Infatti, vi sono dei controlli che ogni azienda dovrebbe fare su propri fornitori, soprattutto quelli nuovi che si inseriscono in catene logistiche che già avevano consolidato comportamenti di un certo tipo; ad esempio, in settori dove è tipico l’acquisto intracomunitario a determinati prezzi, deve risultare anomalo che una società italiana neocostituita riesca ad inserirsi in tali reti di fornitura a prezzi competitivi (Iva esclusa!), e in tali casi opportune verifiche devono essere effettuate.

Vi è infine un ulteriore caso di contestazione, che riguarda prestazioni che sono state effettuate, e vi è la certezza che il fornitore reale sia il soggetto che ha emesso fattura, e viene contestata la detrazione dell’Iva al cliente in quanto il fornitore non ha versato ciò che ha incassato.

Il caso si verifica spesso in settori ad alta incidenza di manodopera, nel quale il debito Iva che non viene assolto dal prestatore ha una incidenza molto elevata.

Tipicamente, servizi ad alta incidenza di manodopera sono offerti da cooperative, e sono utilizzate dalle aziende per la maggiore flessibilità nella gestione della manodopera, rispetto alle rigidità del mercato del lavoro.

Ciò che sostengo è tanto vero che il primo a farne un uso copioso è l’ente pubblico, il quale non credo che si avvalga di cooperative di lavoro perché ha la correità o la consapevolezza che dall’altra parte possa esserci una frode.

Una eventuale contestazione che si fondi solo su una presunzione di colpevolezza per aver affidato tali servizi a cooperative di lavoro è quindi priva di ogni fondamento.

Fatta tale premessa, ed escludendo casi particolari (fatture con Iva maggiore del dovuto, prezzi anomali rispetto a quel settore, ecc….), è evidente che non sono tanti gli adempimenti che deve porre in essere il cliente per dimostrare di aver adottato la diligenza professionale necessaria ad evitare di essere coinvolto in una frode del fornitore, visto che non è in contestazione né l’effettività della prestazione, né la realtà del fornitore.