3 Dicembre 2020

Le attività didattiche delle sportive e degli enti del terzo settore: esenzione Iva?

di Guido Martinelli
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La scheda di FISCOPRATICO

Già in un precedente contributo (“Ancora sulla disciplina Iva applicabile ai corsi sportivi, pubblicato su EcNews del 09.05.2018) avevo evidenziato la possibilità, per le associazioni e società sportive dilettantistiche che svolgevano formazione sportiva attraverso “scuole” espressamente riconosciute dalla Federazione sportiva nazionale o disciplina sportiva associata di affiliazione (ma non ente di promozione sportiva) di applicare, alla propria attività didattica, l’esenzione da iva prevista dall’articolo 10, punto 20, D.P.R. 633/1972 relativa alle attività formative riconosciute da pubbliche amministrazioni.

Il limite alla possibilità di utilizzo di questa agevolazione era dato dalla necessità che questa venisse espressamente riconosciuta da una Federazione sportiva nazionale o disciplina sportiva associata, nell’ambito della funzione pubblicistica che questi enti hanno in materia di formazione, in virtù di quanto previsto dall’articolo 23 del vigente statuto Coni.

L’emanazione del codice del terzo settore (D.P.R. 117/2017) apre, però, una opportunità ulteriore.

Infatti, non appena sarà operativo il titolo X (ossia dal periodo di imposta successivo “all’autorizzazione della Commissione europea” e comunque della operatività del Registro; prima data possibile 1° gennaio 2022) entrerà in vigore anche l’articolo 89, comma 7, lett. b), del Codice del terzo settore che novella il citato punto 20 dell’articolo 10 D.P.R. 633/1972, sostituendo il termine Onlus con enti del terzo settore di natura non commerciale.

Ciò sembra far preludere alla possibilità che qualsiasi associazione sportiva che abbia anche la natura di ente del terzo settore non commerciale, possa godere, per l’attività formativa di corsi sportivi, della possibilità di operare in esenzione da Iva anche in assenza dell’esplicito riconoscimento della attività da parte della Federazione di appartenenza.

Questa possibilità appare di estremo interesse nel momento in cui, dette associazioni, a causa della loro iscrizione al Runts, perderanno ai fini reddituali la possibilità di usufruire dell’articolo 148, comma 3, Tuir e, presumibilmente, della omologa disciplina ai fini Iva prevista dall’articolo 4, comma 4, D.P.R. 633/1972.

Ma, de iure condendo, è altra l’ipotesi che potrebbe concretizzarsi di grande interesse per il mondo dello sport.

È attualmente in discussione, presso la competente commissione del Senato, il Disegno di legge n. 913, primo firmatario Faraone, “Disposizioni recanti interventi finalizzati all’introduzione dell’esercizio fisico come strumento di prevenzione e terapia all’interno del Servizio sanitario nazionale”. In attesa di verificare il decorso di questo provvedimento dobbiamo comunque ricordare che una Legge dello Stato, la L. 86/2019, che contiene la delega al Governo per l’emanazione di decreti di riforma dello sport, prevede quanto segue (articolo 5, punto 1): “il Governo è delegato ad adottare, entro dodici mesi dalla data… uno o più decreti legislativi… secondo i seguenti principi e criteri direttivi: riconoscimento del carattere sociale e preventivo-sanitario dell’attività sportiva, quale strumento di miglioramento della qualità della vita e della salute, nonché quale mezzo di educazione e di sviluppo sociale”.

Sta emergendo quindi, da più fonti, in alcuni casi già aventi forza di legge, l’assimilazione delle attività sportive ad attività terapeutiche in grado di produrre un effetto benefico preventivo sulla salute dei cittadini.

Ricordiamo poi che l’Agenzia delle entrate, con risposta a interpello n. 459 del 09.10.2020 ha scritto che, sebbene le prestazioni mediche debbano avere uno “scopo terapeutico”, da ciò “non ne consegue necessariamente che lo scopo terapeutico di una prestazione debba essere inteso in un’accezione particolarmente rigorosa… Al riguardo, la medesima Corte, nella sentenza 10 settembre 2002, causa n. C141/01, ha stabilito che «le prestazioni mediche effettuate a titolo di prevenzione … possono beneficiare di esenzione (…) anche nel caso in cui appaia che le persone che sono state oggetto di esami o di altri trattamenti medici a carattere preventivo non soffrono di alcuna malattia o anomalia di salute».”

La precedente circolare 4/E/2005 aveva già chiarito che l’ambito di esenzione per prestazione medica era limitato alle prestazioni mediche di diagnosi, cura e riabilitazione il cui scopo principale è quello di tutelare, mantenere o ristabilire la salute delle persone.

Ne deriva che, purché ovviamente prescritta da un medico e posta in essere da tecnico specializzato (laureato in scienze motorie?), l’attività sportiva potrebbe essere equiparata ad una prestazione sanitaria e di conseguenza si potrà giungere alla conclusione che alle prestazioni sportive si possa applicare l’esenzione Iva di cui all’articolo 10, punto 18, D.P.R. 633/1972 e successive modificazioni.

Il tutto senza maggiori costi per l’Erario in quanto, legittimamente o meno, sino ad oggi, per le prestazioni sportive dilettantistiche si è “quasi” sempre applicata l’esclusione da Iva ex articolo 4, comma 4, D.P.R. 633/1972.