26 Gennaio 2022

L’applicazione dell’Iva nelle cessioni d’oro

di Laura Mazzola
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La scheda di FISCOPRATICO

Il commercio di oro da investimento è esente Iva ai sensi dell’articolo 10, comma 1 n. 11), D.P.R. 633/1972.

In particolare, la disposizione prevede l’esenzione dall’applicazione dell’Iva, salvo l’opzione per l’imponibilità, per “le cessioni di oro da investimento, compreso quello rappresentato da certificati in oro, anche non allocato, oppure scambiato su conti metallo”, dove per oro da investimento si intende:

  • l’oro in forma di lingotti o placchette con purezza pari o superiore a 995 millesimi;
  • le monete d’oro di purezza pari o superiore a 900 millesimi, coniate dopo il 1800, che hanno o hanno avuto corso legale nel Paese di origine e che sono normalmente vendute ad un prezzo che non supera dell’80 per cento il valore sul mercato libero dell’oro in esse contenuto.

In assenza di tali requisiti il metallo prezioso non può considerarsi oro da investimento ma oro industriale e, di conseguenza, la sua cessione risulta imponibile con obbligo di assolvimento dell’Iva da parte del cessionario, mediante applicazione del meccanismo del reverse charge.

Infatti, ai sensi dell’articolo 17, comma 5, del D.P.R. 633/1972, “per le cessioni imponibili di oro da investimento di cui all’articolo 10, numero 11), nonché per le cessioni di materiale d’oro e per quelle di prodotti semilavorati di purezza pari o superiore a 325 millesimi, al pagamento è tenuto il cessionario, se soggetto passivo d’imposta nel territorio dello Stato”.

La prassi dell’Agenzia delle entrate, con le risoluzioni 168/E/2001, 375/E/2002 e 161/2005, in linea con quanto indicato dall’Ufficio italiano cambi e dalla Banca d’Italia, ha chiarito che il legislatore si è riferito all’oro nella sua funzione prevalentemente industriale da lavorare e non di investimento.

In particolare, come definito dall’Agenzia delle entrate con l’istanza di consulenza giuridica n. 13 del 18.11.2020, possono fruire del regime del reverse charge anche le “polveri d’oro” e le “paste contenenti polveri d’oro” impiegate nei processi di saldatura dei gioielli.

Ne discende che risultano escluse dal regime del reverse charge le montature di anelli e le chiusure di collane o bracciali, le quali posseggono già una propria destinazione d’uso.

Diverso, invece, sarebbe il caso di cessioni dei medesimi oggetti, con purezza pari o superiore a 325 millesimi, utilizzati nelle fusioni da parte di artigiani orafi, le quali scontano l’inversione contabile.

Riassumendo, nell’ipotesi di cessione di oro, possiamo avere tre circostanze con conseguente applicazione dell’imposta:

  • cessione di oro da investimento esente Iva, ai sensi dell’articolo 10, comma 1, n. 11), D.P.R. 633/1972, con possibilità di opzione per l’imponibilità. Nel caso di opzione, l’imposta deve essere assolta secondo il regime del reverse charge;
  • cessione di oro industriale imponibile Iva in capo ai cessionari, con applicazione del regime del reverse charge;
  • cessione di prodotti d’oro finiti imponibile Iva, con assolvimento dell’imposta in base alle regole ordinarie.

Si evidenzia, infine, che nell’ipotesi di cessione di oggetti d’oro usati, senza alcuna trasformazione, occorre applicare il regime del margine, di cui all’articolo 36 D.L. 41/1995.

In particolare, il margine deve essere applicato qualora il soggetto abbia acquistato da un privato consumatore o da un altro soggetto che ha applicato il medesimo regime fiscale.