27 Settembre 2013

L’Agenzia mette sotto la lente le rimanenze dei costruttori

di Matteo Balzanelli
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Alcuni contribuenti sono stati raggiunti da inviti da parte dell’Agenzia delle Entrate a fornire chiarimenti circa la compilazione del modello degli studi di settore in relazione alle rimanenze. In particolare, l’Agenzia ha chiesto di fornire delucidazioni circa l’imputazione delle rimanenze delle immobiliari di costruzione nei righi F12 (esistenze iniziali relative a materie prime e sussidiarie, semilavorati, merci e prodotti finiti, nonché prodotti in corso di lavorazione e servizi non di durata ultrannuale) e F13 (rimanenze finali di materie prime e sussidiarie, semilavorati, prodotti finiti e merci, nonché prodotti in corso di lavorazione e servizi non di durata ultrannuale), piuttosto che nei righi F06 e F07 (rispettivamente, esistenze iniziali e finali relative ad opere, forniture e servizi di durata ultrannuale), laddove i lavori abbiano avuto una durata superiore ai dodici mesi. L’intento è chiaro: cercare di “procurarsi il lasciapassare” per procedere ad accertamento ex art. 39, comma 2, D.P.R. n. 600/1973.

Il citato art. 39, come modificato dal Decreto semplificazioni (D.L. n. 16/2012), stabilisce che è possibile procedere ad accertamento induttivo anche “in caso di omessa presentazione dei modelli per la comunicazione dei dati rilevanti ai fini dell’applicazione degli studi di settore o di indicazione di cause di esclusione o di inapplicabilità degli studi di settore non sussistenti, nonché di infedele compilazione dei predetti modelli che comporti una differenza superiore al 15 per cento, o comunque ad euro 50.000, tra i ricavi o compensi stimati applicando gli studi di settore sulla base dei dati corretti e quelli stimati sulla base dei dati indicati in dichiarazione”.

Pertanto, se l’Agenzia riesce ad evidenziare l’errata compilazione del quadro F che comporti uno scostamento superiore al 15% (o 50.000 euro) tra ricavi stimati e dichiarati, si apre la strada per l’induttivo. E’ quindi necessario verificare che i lavori in corso siano stati correttamente indicati nel modello studi (anche nel quantum).

Partiamo quindi dalla situazione in oggetto. Posto che per le immobiliari di costruzione gli immobili costruiti, o in via di costruzione, rappresentano beni-merce, il criterio da utilizzare è quello definito per le rimanenze, e quindi essi andranno ad essere rappresentati in bilancio in base al costo di produzione, ovvero al valore di realizzazione desumibile dall’andamento del mercato, se minore (punto 9 del citato art. 2426). Al contrario, non si possono applicare i criteri diversamente stabiliti negli altri casi. Gli immobili (merce) non rappresentano infatti né beni fungibili, né lavori in corso su ordinazione, né tantomeno attrezzature industriali e commerciali, le materie prime, sussidiarie e di consumo. Tali beni, per le immobiliari di costruzione, non possono essere considerati lavori in corso su ordinazione in quanto l’attività tipica di tali soggetti consiste nella realizzazione in conto proprio di immobili, da destinare poi alla vendita. Gli stessi principi contabili nazionali definiscono, infatti, i lavori in corso su ordinazione (o commessa) quelli che si riferiscono a contratti, di durata normalmente ultrannuale, per la realizzazione di beni (o una combinazione di beni) o per la fornitura di beni o servizi non di serie che insieme formino un unico progetto, ovvero siano strettamente connessi o interdipendenti per ciò che riguarda la loro progettazione, tecnologia e funzione o la loro utilizzazione finale. I lavori in corso su ordinazione sono affidati con contratti di appalto o altri atti aventi contenuti economici simili concernenti la realizzazione di opere, edifici, strade, ponti, dighe, navi, impianti, la fornitura di servizi direttamente correlati alla realizzazione di un’opera o la fornitura di più beni o servizi pattuiti come oggetto unitario.

Dal punto di vista fiscale, le immobiliari di costruzione applicano il medesimo criterio di valutazione, in base al disposto dell’art. 92 del Tuir. Pertanto, salvo casi particolari, il dato civilistico coincide con quello fiscale.

A questo punto, si deve solo avere cura di indicare correttamente le rimanenze nel modello degli studi di settore. Queste devono essere indicate ai righi F12 e F13, e questo anche se i lavori durano più di dodici mesi. In questo caso, infatti, non rileva la durata dei lavori, bensì che questi sono effettuati in proprio (ossia su beni propri da destinare alla vendita). Tra l’altro sono le stesse istruzioni agli studi di settore che stabiliscono che nei righi F06 e F07 vanno indicate le esistenze iniziali e finali relative ad opere, forniture e servizi di durata ultrannuale valutate ai sensi dell’art.93, comma 5, del Tuir.

Se così si è operato, l’Agenzia non potrà quindi fare leva sullo strumento dell’accertamento induttivo.