10 Maggio 2021

L’acquisto da fornitori esteri di beni che si trovano in Italia

di Clara PolletSimone Dimitri
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La scheda di FISCOPRATICO

Gli obblighi relativi alle cessioni di beni e alle prestazioni di servizi effettuate nel territorio dello Stato da soggetti non residenti nei confronti di soggetti passivi stabiliti nel territorio dello Stato, sono adempiuti dai cessionari o committenti in base all’articolo 17, comma 2, primo periodo, D.P.R. 633/1972.

Possono essere destinatari della fornitura, oltre i soggetti passivi stabiliti nel territorio dello Stato, anche gli enti, associazioni e altre organizzazioni di cui all’articolo 4, comma 4, D.P.R. 633/1972 anche quando agiscono al di fuori delle attività commerciali o agricole e gli enti, associazioni e le altre organizzazioni non soggetti passivi, identificati ai fini dell’Iva (ossia i soggetti indicati all’articolo 7-ter, comma 2, lettere b e c D.P.R. 633/1972).

Si tratta del caso in cui il cedente o prestatore estero emette una fattura per la vendita di beni già presenti in Italia (non sono quindi importazioni o acquisti intracomunitari) al cessionario/committente residente o stabilito nel territorio nazionale, indicando l’imponibile ma non la relativa imposta, in quanto l’operazione è imponibile in Italia e l’imposta è assolta dal cessionario.

Se l’operatore non residente, che effettua la cessione di beni o la prestazione di servizi, è un soggetto comunitario, il cessionario o committente adempie gli obblighi di fatturazione e di registrazione secondo le disposizioni degli articoli 46 e 47 D.L. 331/1993, mediante integrazione della fattura.

Pertanto, il cessionario committente, ai sensi dell’articolo 17, comma 2, D.P.R. 633/1972, deve integrare il documento ricevuto (nel caso di cedente prestatore intracomunitario) o emettere un’autofattura (nel caso di cedente prestatore extra-comunitario) per indicare l’imposta dovuta che dovrà poi confluire nella propria liquidazione.

In entrambi i casi il cessionario committente può predisporre un altro documento con tipo documento TD19, contenente sia i dati necessari per l’integrazione sia gli estremi della fattura ricevuta dal fornitore estero, e può inviarlo tramite SdI. Il documento verrà recapitato solo al soggetto emittente.

Il codice TD19 deve essere utilizzato anche in caso di integrazione/autofattura ex articolo 17, comma 2, D.P.R. 633/1972 per acquisti da soggetti non residenti di beni già presenti in Italia con introduzione in un deposito Iva (articolo 50-bis, comma 4, lettera c), oppure per acquisti da soggetti non residenti di beni (o di servizi su beni) che si trovano all’interno di un deposito Iva utilizzando la natura N3.6 – non imponibili – altre operazioni che non concorrono alla formazione del plafond.

Il campo cedente prestatore contiene i dati del cedente estero con l’indicazione del paese di residenza dello stesso, mentre il campo cessionario committente contiene i dati del cessionario committente che effettua l’integrazione o emette l’autofattura. La data del file fattura elettronica è:

– la data di ricezione della fattura emessa dal fornitore UE (o comunque una data ricadente nel mese di ricezione della fattura stessa);

– la data di effettuazione dell’operazione con il fornitore Extra-UE, nel caso di emissione dell’autofattura.

Alternativamente alla trasmissione del TD19 via SdI, il cessionario committente può integrare manualmente la fattura o emettere un’autofattura cartacea o elettronica extra SdI ed è obbligato a comunicare i dati dell’operazione ricevuta dal fornitore estero, integrati con quelli dell’imposta, tramite l’esterometro.

La risposta n. 301 del 28 aprile 2021 dell’Agenzia delle entrate, in tema di sanzioni per errata fatturazione in reverse charge, analizza il comma 3 dell’articolo 17.

Nel caso in cui gli obblighi o i diritti derivanti dall’applicazione delle norme in materia di imposta sul valore aggiunto siano previsti a carico ovvero a favore di soggetti non residenti e senza stabile organizzazione nel territorio dello Stato, i medesimi sono adempiuti od esercitati, nei modi ordinari, dagli stessi soggetti direttamente, se identificati ai sensi dell’articolo 35-ter, ovvero tramite un loro rappresentante residente nel territorio dello Stato nominato nelle forme previste dall’articolo 1, comma 4, D.P.R. 441/1997.

L’estensione del meccanismo dell’inversione contabile non trova applicazione nel caso in cui le cessioni di beni o le prestazioni di servizi, territorialmente rilevanti in Italia, siano effettuate da un soggetto passivo non residente e privo di stabile organizzazione nel territorio dello Stato nei confronti di cessionari o committenti soggetti passivi che siano anch’essi stabiliti fuori del territorio dello Stato. In tale caso, torna di norma applicabile la regola generale di cui al comma 1 dell’articolo 17, che individua il debitore dell’imposta nel cedente o prestatore (risoluzione 28/E/2012).

In altre parole, quando le operazioni domestiche intercorrono tra soggetti non stabiliti ai fini Iva in Italia, né quivi in possesso di una stabile organizzazione, il fornitore deve emettere fattura con Iva utilizzando la partita Iva italiana, acquisita mediante identificazione diretta (se stabilito ai fini Iva in un Paese UE o in un paese terzo che abbia stipulato accordi di reciproca assistenza amministrativa ai fini Iva, ex articolo 35-ter del decreto Iva) ovvero attraverso un rappresentante fiscale (ex articolo 17, comma 2, del medesimo decreto Iva).