8 Aprile 2015

La voluntary disclosure dei “delegati”

di Nicola Fasano
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Nel momento in cui oggetto di regolarizzazione sono i conti correnti esteri, è quasi fisiologico affrontare il tema dei soggetti delegati, ossia di coloro che pur non essendo intestatari del rapporto, hanno la procura ad operarvi. Ciò in quanto, le banche estere consigliavano molto spesso tale soluzione soprattutto per mantenere operativo il conto anche in caso di eventuali “impedimenti” in capo all’intestatario.

Sotto il profilo documentale, pertanto, la prima cosa da fare è chiedere alla banca estera, quanto meno per gli anni oggetto di collaborazione, oltre ai rendiconti, la certificazione attestante i titolari del conto e tutti i soggetti che su di esso potevano operare come delegati.

In questo modo, fra l’altro, si abbina al numero che figura negli estratti conto dei conti cifrati il nome dei soggetti che ne avevano la disponibilità e che aderiscono alla voluntary.

Proprio sotto quest’ultimo aspetto, va rimarcata la semplificazione prevista dall’art. 5-quinquies, comma 9, D.L. n. 167/1990 secondo cui in relazione alle attività nella disponibilità di più soggetti, si presume, salvo prova contraria, che il valore delle stesse siano da ripartirsi in parti uguali fra tutti i soggetti interessati.

Come chiarito dalla C.M. n. 10/E/2015, peraltro, la disposizione trova applicazione non solo in caso di cointestazione, ma anche in presenza di delegati sul conto.

Ne consegue che, se su un conto ci sono due cointestatari e un delegato, ciascuno di loro, ai fini del monitoraggio, indicherà la consistenza di un terzo dello stesso (restando salva l’eventuale prova contraria), in deroga al criterio ordinario tutt’ora applicabile “extravoluntary” ossia che ogni soggetto è tenuto a indicare in RW l’intero ammontare del conto.

Il principio, peraltro, vale “in assoluto” nel senso che la ripartizione in quote uguali si applica anche qualora uno dei cointestatari/delegati sia un soggetto effettivamente non residente fiscalmente in Italia (come confermato di recente dai vertici dell’Agenzia delle entrate nel corso di un convegno) ed in quanto tale non tenuto agli obblighi di monitoraggio. Ovviamente, in questi casi si deve valutare attentamente la posizione del non residente, verificando la effettività della residenza estera in quanto, a fronte di situazioni quanto meno dubbie, un “interesse” da parte dell’Agenzia delle Entrate non può certo essere escluso. Ciò premesso, se per esempio, nell’esempio precedente, il delegato non è fiscalmente residente in Italia, comunque i due intestatari si limiteranno a regolarizzare il proprio terzo di competenza.

La ripartizione in quote uguali, inoltre, potrebbe applicarsi anche come conseguenze dell’interposizione, una volta cioè che viene “smontato” lo schermo cui era fittiziamente intestato il conto, quest’ultimo si potrà considerare nella disponibilità comune degli interponenti.

L’approccio della ripartizione in parti uguali, tuttavia, con riferimento al delegato, opera nell’ambito del monitoraggio in quanto, la titolarità dei redditi resta pur sempre in capo agli intestatari del conto stesso.

Pertanto, nell’esempio precedente con due intestatari e un delegato, i redditi verranno ripartiti al 50% fra i due intestatari del conto. Nulla invece sarà imputato al delegato.

Sotto il profilo operativo, resta ferma che ciascun soggetto interessato, in linea di principio, presenterà una autonoma istanza di voluntary. Nel caso del delegato, solo al fine di regolarizzare le violazioni sul monitoraggio (sempre che, ovviamente, non sia a sua volta intestatario di altri investimenti o attività esteri a lui intestati e non dichiarati).