5 Giugno 2024

Novità in arrivo per le sanzioni penali tributarie: confisca e crediti inesistenti

di Marco Bargagli
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La scheda di FISCOPRATICO

Il D.Lgs. 74/2000, reca le norme riferite alla nuova disciplina dei reati in materia di imposte sui redditi e sul valore aggiunto, a norma dell’articolo 9, L. 205/1999.

In particolare, analizzando l’attuale assetto sanzionatorio, il legislatore intende colpire, ai fini penali tributari, particolari fattispecie riconducibili a fenomeni connotati da particolare fraudolenza, nell’ambito della frode fiscale.

Ad esempio, a livello penale tributario, la frode fiscale attuata mediante emissione e utilizzo di fatture false, consente spesso di accumulare un ingente “credito inesistente” ai fini Iva che, successivamente, viene utilizzato in compensazione per evadere le imposte erariali, abbattendo così il carico fiscale complessivo.

Giova ricordare che l’emissione della fattura falsa può anche avere altre finalità come, ad esempio, la creazione di un credito fiscale di altra natura, da esporre in dichiarazione dei redditi, con la chiara finalità di evadere le imposte.

Il legislatore ha, così, introdotto importanti misure per arginare le frodi fiscali e contestualmente aggredire il patrimonio dell’organizzazione illecita, operando la c.d. “confisca per equivalente” che, come noto, mira ad aggredire i beni dell’evasore fiscale per un importo pari alle imposte evase, comprese le sanzioni e gli interessi, come previsto dall’articolo 12-bis, D.Lgs. 74/2000.

Infatti, ai fini penali, ai sensi del richiamato articolo 12-bis, D.Lgs. 74/2000, appositamente rubricato “confisca”, nel caso di condanna o di applicazione della pena su richiesta delle parti, a norma dell’articolo 444 c.p.c. (c.d. patteggiamento), per uno dei delitti previsti dal D.Lgs. 74/2000, è sempre ordinata la confisca dei beni che ne costituiscono il profitto o il prezzo, salvo che appartengano a persona estranea al reato, ovvero, quando essa non è possibile, la confisca di beni, di cui il reo ha la disponibilità, per un valore corrispondente a tale prezzo o profitto.

Ciò posto, riassumiamo l’attuale ambito giuridico di riferimento, passando in rassegna le principali fattispecie penali tributarie, specificatamente previste dal D.Lgs. 74/2000:

Fatte queste doverose premesse, giova evidenziare che l’articolo 20, L. 111/2023, intende introdurre radicali modifiche, dando così attuazione una serie di princìpi e criteri direttivi specifici per la revisione del sistema sanzionatorio penale – tributario, realizzano una maggiore integrazione tra sanzioni amministrative e penali, evitando forme di duplicazione non compatibili con il divieto del principio del “ne bis in idem”, anche con riferimento alla nozione di credito inesistente.

Già in passato, nella prassi operativa, il credito inesistente era quello in relazione al quale mancava, in tutto o in parte, il presupposto costitutivo e la cui inesistenza non era riscontrabile mediante l’attuazione dei controlli di cui agli articoli 36-bis e 36-ter, D.P.R. 600/1973 e all’articolo 54-bis, D.P.R. 633/1972.

Adesso, con la previsione recata dall’articolo 20, comma 1, lettera a), numero 5), il legislatore intende formulare una distinzione più rigorosa, di natura anche sanzionatoria, tra le compensazioni indebite di crediti di imposta non spettanti e le compensazioni indebite di crediti di imposta inesistenti.

Come rilevabile nella relazione illustrativa al provvedimento legislativo, la prospettiva perseguita è quella di offrire al contribuente un quadro normativo chiaro in merito agli elementi costituitivi delle due fattispecie di reato punite all’articolo 10-quater, D.Lgs. 74/2000.

La definizione viene coordinata anche con la nuova formulazione con cui il legislatore delegato si accinge a modificare anche l’articolo 13, D.Lgs. 471/1997, recante disciplina delle sanzioni tributarie non penali.

Nello specifico, i crediti inesistenti vengono individuati in quelli per i quali difettano, in tutto o in parte, i presupposti costitutivi.

Di contro, i crediti non spettanti vengono definiti come quelli diversi dagli inesistenti, in quanto fondati su fatti reali non rientranti nella disciplina attributiva per il difetto di specifici elementi o particolari qualità, oltre che utilizzati in violazione delle modalità di utilizzo previste dalle leggi vigenti ovvero, per la relativa eccedenza, fruiti in misura superiore a quella prevista.

Rimangono esclusi dalla definizione di “non spettanza”, i crediti per i quali difettino adempimenti amministrativi di carattere strumentale, sempre che non siano previsti a pena di decadenza.

In buona sostanza, viene reso esplicito il rapporto di sussidiarietà tra le due fattispecie, partendo dalla definizione di “crediti inesistenti”, rispetto alla quale assume rilievo dirimente la verifica – per effetto di attività meramente ricognitive – degli elementi che nell’economia della specifica normativa di riferimento assurgono alla dignità giuridica di “presupposti costitutivi”.

Solo all’esito di un approfondito esame, una volta esclusa la possibilità di fa rientrare gli stessi nella categoria dei crediti inesistenti per effetto dell’immediato riscontro dei relativi presupposti costitutivi, andrà poi esplorato il distinto e residuale profilo della “spettanza” connesso ai profili per i quali residuino margini di apprezzamento valutativo.

Le definizioni sopra illustrate supportano, altresì, l’operatività del nuovo comma 2-bis, dell’articolo 10- quater, D.Lgs. 74/2000, che prevede la non punibilità dell’autore del reato quando «anche per la natura tecnica delle valutazioni, sussistono condizioni di obbiettiva incertezza in ordine agli specifici elementi o alle particolari qualità che fondano la spettanza del credito.».