1 Marzo 2022

La riforma dello sport: alcune questioni pendenti

di Guido Martinelli
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Lo scorso 1° gennaio è entrata in vigore la prima parte della riforma dello sport. Il D.Lgs. 40/2021, contenente le nuove misure di sicurezza per la pratica degli sport invernali, e alcuni articoli del D.Lgs. 36/2021, che troverà definitiva attuazione al prossimo 1° gennaio.

È proprio questo il decreto sul quale si impongono alcune considerazioni.

La prima relativa alle società sportive di cui al libro V titolo V del codice civile.

Per queste, infatti, in analogia a quanto previsto dal D.Lgs. 112/2017 per le imprese sociali, è prevista, dall’articolo 8, comma 3, la “possibilità” di destinare il cinquanta per cento degli utili alla distribuzione, tra l’altro, anche di dividendi ai soci.

Il precedente articolo 7, alla lett. d) del comma 1 prevede che le associazioni e società sportive dilettantistiche debbono prevedere l’assenza di scopo di lucro ai sensi dell’articolo 8. Quindi questa possibilità appare compatibile con la previsione normativa.

Ove la società sportiva decida comunque di escludere in statuto tale possibilità, resta sicuramente inalterato il diritto, previsto dall’articolo 90, comma 1, L. 289/2002 di applicare le agevolazioni fiscali previste per le associazioni sportive, prima tra le quali, per quanto ora di nostro interesse, la decommercializzazione dei corrispettivi specifici di cui all’articolo 148, comma 3, Tuir e articolo 4, comma 4 del decreto Iva.

Ma cosa potrebbe accadere, sotto il profilo fiscale, nel caso in cui la società sportiva decidesse di avvalersi di questa facoltà concessa dal legislatore di distribuire una quota parte di utili prodotti?

L’articolo 148, comma 8, prevede, alla lettera a), il divieto “di distribuire anche in modo indiretto utili o avanzi di gestione”. Identica formulazione è contenuta all’articolo 4, comma 7, lett. a), del decreto Iva.

A questo punto il dubbio che si pone è: una ssd che sia pure del tutto legittimamente decidesse di introdurre in statuto la facoltà di distribuire una quota parte di utili, potrà continuare a godere della decommercializzazione dei corrispettivi specifici? Qualche serio dubbio credo si possa avere.

Altro tema.

Sia la vigente formulazione del comma 18 dell’articolo 90 L. 289/2002 che il futuro articolo 7, lett. e), D.Lgs. 36/2021 (“… nello statuto devono essere espressamente previsti …. Le norme sull’ordinamento interno ispirato a principi di democrazia e di uguaglianza di diritti tra tutti gli associati…”) impongono alle Asd (non alle società di capitali o alle cooperative) l’obbligo di dotarsi di uno statuto “democratico”.

E qui si pone il problema del diritto di voto ai minorenni.

La Cassazione, con sentenza n. 23228/2017 ha affermato, sia pure in maniera solo incidentale, che i diritti partecipativi degli associati non possono essere limitati anche “se si trattasse di persone minori posto che essi sono rappresentati ex lege dai genitori, ovvero dal responsabile genitoriale”.

Tale principio è stato poi ripreso dal Ministero del Lavoro e delle politiche sociali con propria nota n. 1309 del 06.02.2019 laddove, dopo aver motivato i casi in cui sarebbe illegittimo uno statuto che inibisse l’accesso ai minorenni ribadisce, alla luce dell’insegnamento della sentenza sopra citata, che sarebbe contrario al principio della parità dei diritti tra gli associati escludere i minorenni dal diritto di voto in quanto “il relativo esercizio, in caso di minore età, deve ritenersi attribuito, ex lege, per i soci minori, agli esercenti la responsabilità genitoriale sugli stessi”.

La circostanza che la disciplina fiscale, ai fini della agevolazione, faccia riferimento solo ai maggiorenni, con riferimento al diritto di voto, non appare esaustiva, sotto il profilo civilistico, alla luce del pronunciamento giurisprudenziale e della prassi amministrativa. Ne potrebbe derivare, quindi, che uno statuto di Asd che non prevede il diritto di voto ai minorenni sia considerato non conforme ai fini dei requisiti per il riconoscimento sportivo dell’ente, con perdita del diritto di applicare le connesse agevolazioni fiscali.

Ma questo ragionamento porta ad una ulteriore considerazione.

Il combinato disposto di cui agli articoli 7 e 9 D.Lgs. 36/2021 indicano la necessità che l’attività sportiva debba essere svolta “in via stabile e principale”.  

Le altre attività potranno essere svolte “a condizione che l’atto costitutivo e lo statuto lo consentano e che abbiano carattere secondario e strumentale rispetto alle attività istituzionali”.

Senza voler entrare nel merito di una norma, ispirata dal codice del terzo settore ma che nello sport potrà portare notevoli difficoltà applicative (quante sono, ad esempio, le sportive che vivono esclusivamente di proventi di sponsorizzazione), la considerazione che si pone è chi controllerà nei confronti delle migliaia di Asd già iscritte al registro il rispetto di detti adempimenti.

Ricordo che gli statuti delle Asd non rientrano tra i documenti che sarà obbligatorio depositare presso il nuovo registro delle attività sportive e che il passaggio dal registro Coni a detto nuovo registro avverrà automaticamente senza alcun ulteriore filtro (al contrario di quello che, invece, sta avvenendo nel passaggio delle associazioni di promozione sociale e organizzazioni di volontariato dai registri regionali al Runts).

E, comunque, non sono fissati termini entro i quali le Asd possono provvedere all’adeguamento dei loro statuti. Analogamente non figurano, al momento, sanzioni per le Asd che non abbiano lo statuto adeguato.

Anche qui un chiarimento potrebbe essere utile.