8 Novembre 2023

La retrodatazione degli effetti contabili della fusione

di Fabio Landuzzi
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La scheda di FISCOPRATICO

La possibilità di disporre la retrodatazione degli effetti contabili e fiscali della fusione è di frequente utilizzata nella prassi professionale per ragioni di semplificazione nella gestione degli adempimenti amministrativi e fiscali, ai fini delle imposte sul reddito, connessi all’efficacia dell’operazione. Questa è una facoltà ammessa dal n. 6) dell’articolo 2501-ter, cod. civ., il quale dispone che è il progetto di fusione a determinare “la data a decorrere dalla quale le operazioni delle società partecipanti alla fusione sono imputate al bilancio della società che risulta dalla fusione o di quella incorporante”; questa data, ai sensi dell’articolo 2504-bis, comma 3, cod. civ., può essere anche anteriore a quella degli effetti c.d. civilistici della fusione, la quale di norma corrisponde con l’ultima delle iscrizioni dell’atto di fusione nel registro delle imprese salvo che, nel caso della fusione per incorporazione, sia determinata nell’atto di fusione una data successiva (facoltà sovente utilizzata per evidenti ragioni di semplificazione nella gestione di numerosi adempimenti connessi all’operazione).

Sul lato fiscale delle imposte sul reddito, il riferimento va all’articolo 172, comma 9, Tuir, ai sensi del quale la retrodatazione degli effetti della fusione può arrivare sino alla data “in cui si è chiuso l’ultimo esercizio di ciascuna delle società fuse o incorporate o a quella, se più prossima, in cui si è chiuso l’ultimo esercizio della società incorporante”.

Dal punto di vista contabile, l’Oic 4 realizza, inoltre, un collegamento diretto fra gli effetti contabili e fiscali della fusione: la data sino alla quale possono essere retrodatati gli effetti contabili “non può essere anteriore a quella di chiusura del precedente esercizio dell’incorporante”, una data limite che l’Oic 4 trae dalla norma fiscale.

Il tema della retrodatazione degli effetti contabili e fiscali è stato, come noto, oggetto di una interessante Massima del Consiglio Notarile di Milano, la n. 192 pubblicata nel 2020.

Nella Massima sono stati affrontati i limiti posti dalla disciplina civilistica alla retrodatazione degli effetti contabili della fusione (e della scissione), in modo combinato rispetto alle disposizioni sopra menzionate e vigenti sul fronte delle imposte sul reddito.

La questione posta nella Massima in commento viene tradotta con un semplice, ma chiaro esempio. Ci si domanda se sia possibile retrodatare al 1° gennaio dell’anno X gli effetti contabili di una fusione:

  • che ha effetti civilistici al 31 marzo dell’anno X+1;
  • dove tutte le società partecipanti chiudono l’esercizio al 31 dicembre;
  • in cui nessuna società al 31 marzo dell’anno X+1 ha già approvato il bilancio dell’esercizio chiuso al 31 dicembre dell’anno X.

Si parte dal constatare che non vi sono norme che sul piano civilistico espressamente pongono limiti alla retrodatazione degli effetti contabili della fusione, sicché l’assenza di limiti espliciti nell’ordinamento farebbe propendere per consentire la retrodatazione anche oltre l’esercizio in corso; in altri termini, anche in caso di retrodatazione c.d. “ultra esercizio”, come è quella esemplificata, le operazioni delle società fuse o incorporate sarebbero incluse nel bilancio della società risultante dalla fusione o incorporante, senza che ciò produca alcuna alterazione artificiosa.

Nel caso della fusione propria – c.d. fusione per unione – la retrodatazione degli effetti contabili, oltre il primo giorno dell’esercizio in corso, sarebbe inoltre visto come un fenomeno naturale qualora l’esercizio delle società “estinte” sia stato già chiuso alla data di efficacia civilistica della fusione stessa, e non sia ancora stato approvato il relativo bilancio.

Secondo la Massima, la retrodatazione degli effetti contabili incontra, quindi, un limite: le operazioni compiute tra la data di decorrenza degli effetti contabili (es. 1° gennaio anno X) e la data di efficacia civilistica della fusione (es. 31 marzo anno X+1) possono essere recepite nel bilancio della società risultante dalla fusione o della incorporante solo se già non lo siano state nel bilancio delle società fuse o incorporate.

In altre parole, non sarebbe possibile retrodatare gli effetti contabili della fusione oltre il primo giorno dell’esercizio in corso alla data di efficacia civilistica di fusione, solo qualora anche solo uno dei bilanci delle società partecipanti fosse già stato approvato, oppure fosse scaduto il relativo termine di approvazione. Secondo la Massima in commento, questo sarebbe il limite temporale invalicabile: il decorso della scadenza del termine legale di approvazione del bilancio, perché altrimenti la retrodatazione produrrebbe effetti distorsivi nella rappresentazione contabile di fatti di gestione riferibili a entità legali diverse e peraltro anche assai risalenti nel tempo.

La Massima afferma, perciò, che la retrodatazione degli effetti contabili della fusione incontra il solo limite dell’avvenuta approvazione, ovvero della scadenza dei termini per l’approvazione, del bilancio (anche di una sola delle società partecipanti) dell’esercizio nel quale si vuol far ricadere la data di decorrenza degli effetti contabili, così che sarebbe possibile retrodatare gli effetti contabili della fusione anche a una data che ricada in un esercizio già chiuso, purché non sia ancora stato approvato il relativo bilancio o non siano scaduti i termini per la relativa approvazione.

Sarebbe allora interessante che, proprio nell’ambito della corrente riforma della disciplina fiscale di alcune operazioni straordinarie, prendendo spunto anche dal contenuto della Massima in commento, si intervenisse per rendere più sistematico ed omogeneo il quadro normativo e regolamentare della retrodatazione degli effetti contabili e fiscali della fusione, considerata la sua utilità pratico professionale.