15 Settembre 2015

La natura afflittiva del fermo amministrativo

di Luigi Ferrajoli
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Il fermo amministrativo, disposto ex art. 86 d.P.R. n.602/73, costituisce misura non alternativa ma afflittiva, sicchè la pretesa dell’esattore è impugnabile con un’azione di accertamento negativo, soggetta alle regole del rito ordinario di cognizione ed alle norme generali in tema di riparto di competenza per materia e per valore.

Tale principio è stato stabilito dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione con l’ordinanza n.15354/15; nel caso de quo il Giudice di Pace di Palmi aveva dichiarato la propria incompetenza per materia in ordine all’opposizione proposta da un contribuente avverso un provvedimento di fermo amministrativo conseguente al mancato pagamento di cartella esattoriale relativa a sanzioni amministrative (contravvenzioni al Codice della Strada), rimettendo la causa avanti il Tribunale.

Nello specifico il Giudice di Pace aveva ripreso un principio già stabilito dalle Sezioni Unite secondo cui la competenza per l’impugnazione di un provvedimento di fermo amministrativo (o anche di un semplice “preavviso”, relativo a crediti di natura non tributaria) è inderogabilmente del Tribunale, ai sensi dell’art.9, c.2, c.p.c., in virtù della natura esecutiva del provvedimento stesso (Cass. Civ. n.20931/11).

Riassunta la causa avanti il Tribunale, il Giudice adito aveva richiesto d’ufficio il regolamento di competenza ex art. 45 c.p.c., precisando che, pur condividendo l’orientamento di legittimità secondo cui sia il fermo di beni mobili registrati che l’ipoteca disciplinata dal d.P.R. n.602/73 sono atti funzionali alla realizzazione del credito e conseguenti all’esecuzione forzata, tuttavia non sono configurabili come atti del processo esecutivo.

Secondo il Tribunale, stante l’assenza di un collegamento procedurale diretto tra ipoteca e fermo, da un lato, ed il pignoramento e gli atti successivi a questo, dall’altro, i summenzionati istituti dovrebbero essere considerati come misure cautelari atipiche, a contenuto inibitorio di carattere provvisorio, con la funzione di garantire il soddisfacimento della pretesa di credito da parte dell’Amministrazione procedente e, pertanto, preordinati alla successiva esecuzione forzata. Sulla base di tali presupposti la tutela giudiziaria nei loro confronti andrebbe esperita davanti al giudice ordinario, competente per valore.

E’ stata quindi rimessa alle Sezioni Unite la questione se il fermo di beni mobili registrati sia qualificabile come strumento di conservazione della garanzia del credito, oppure come atto prodromico all’espropriazione forzata o, addirittura, come atto esecutivo, al fine di individuare il giudice competente.

La Cassazione nella sentenza in commento ha rilevato che “mentre la questione della natura giuridica del fermo di beni mobili registrati è sostanzialmente neutra allorché il giudizio di impugnazione debba svolgersi, in ragione del carattere tributario del credito tutelato, innanzi alle Commissioni tributarie, quanto alle forme e ai termini di proposizione dell’impugnazione, né, ovviamente, quanto alla competenza, a seconda della tipologia del vizio fatto valere, questa, qualora l’impugnazione appartenga alla giurisdizione del giudice ordinario, rileva, ove si configuri il fermo come atto preordinato alla esecuzione o come atto esecutivo, al fine di ascrivere l’opposizione, rispettivamente al primo o al secondo comma dell’art.615 c.p. oppure al primo o al secondo comma dell’art.617 c.p.c.”.

Dopo avere analizzato l’evoluzione giuridica dell’istituto in esame, la Cassazione ha rilevato che il fermo, che temporalmente, come l’ipoteca, si colloca tra notificazione della cartella di pagamento e pignoramento, è un atto discrezionale dell’agente della riscossione: la sua adozione non costituisce infatti presupposto per l’avvio della procedura esecutiva; la legge neppure prevede la possibilità di convertirlo in pignoramento e non sono stabiliti termini alla sua durata.

Secondo i Giudici di legittimità da ciò consegue che la misura in esame non può non essere qualificata in termini di misura alternativa all’esecuzione e che, pertanto “… trattasi di misura puramente afflittiva, volta a indurre il debitore all’adempimento, pur di ottenerne la rimozione. Come tale essa deve ritenersi impugnabile secondo le regole del rito ordinario di cognizione e nel rispetto delle norme generali in tema di riparto di competenza per materia e per valore, configurandosi, la corrispondente iniziativa giudiziaria, come un’azione di accertamento negativo della pretesa dell’esattore di eseguire il fermo, in cui al giudice adito sarà devoluta la cognizione sia della misura che del merito della pretesa creditoria”.

Ed inoltre, la circostanza che, secondo le Sezioni Unite, il fermo di beni mobili registrati costituisca una misura coercitiva, “nulla toglie al fatto che, sia per ragioni diverse da quelle prospettare nell’ordinanza di rimessione, la cognizione della controversia dovrebbe comunque essere devoluta al Giudice di Pace di Palmi esclusivamente per ragioni di valore”.

Sulla base di tali considerazioni le Sezioni Unite hanno quindi dichiarato inammissibile l’istanza di regolamento di competenza.