11 Gennaio 2023

La gestione degli impianti sportivi e l’Iva. Quali novità?

di Guido Martinelli
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La riforma dello sport, quella del terzo settore e quella della normativa Iva sulle prestazioni sportive (la cui entrata in vigore è prevista per il 1° gennaio 2024) intervengono, in maniera sostanziale, sulla disciplina fiscale collegata alla gestione di impianti sportivi.

In via preliminare si precisa che dalla data di entrata in vigore del decreto di riforma non potranno più essere considerate “associazioni o società sportive dilettantistiche” quelle realtà di mera gestione di impianti. Ossia quei sodalizi sportivi che, aggiudicatari della gestione dell’impianto, si limitano ad ospitare, dietro corrispettivo, attività gestite da sportive terze.

Questo sia perché il D.Lgs. 36/2021 ha previsto che l’oggetto sociale delle sportive debba necessariamente prevedere la “gestione di attività sportive dilettantistiche” (il termine gestione non è presente nel vigente articolo 90 L. 289/2002) ma, essenzialmente, perché la gestione “di impianti e strutture sportive” è considerata dal comma 1 bis dell’articolo 9 attività secondaria e strumentale (pur se estranea al calcolo dei limiti previsti dal primo comma della stessa norma) e, quindi, non rientrante “nell’esercizio in via stabile e principale dell’organizzazione e gestione di attività sportive dilettantistiche,” obbligatorio per le sportive alla luce dei contenuti del nuovo decreto.

Premesso, quindi, che il soggetto gestore “sportivo” debba svolgere all’interno dell’impianto anche attività diretta, vediamo le conseguenze fiscali sui corrispettivi incassati a fronte dell’”affitto” di quegli spazi all’interno dell’impianto non utilizzati per la gestione in prima persona di attività sportive.

Fino ad oggi si faceva riferimento alla defiscalizzazione operata ai fini dei redditi dall’articolo 148, comma 3, Tuir e ai fini iva dall’articolo 4, comma 4, D.P.R. 633/1972.

Queste norme che, ricordo, si applicano in tutti i casi in cui vi sia una prestazione di servizi tra enti su base associativa aderenti alla medesima organizzazione nazionale (il riferimento in questo caso è alla Federazione sportiva nazionale) si applicano in presenza di regolare presentazione di modello EAS, di statuto conforme alle previsioni di cui al comma 8 ma, essenzialmente, per quanto ora di nostro interesse, per attività “svolte in diretta attuazione degli scopi istituzionali”.

Ne deriva che l’attività di noleggio di spazi sportivi non potendo più rientrare tra “gli scopi istituzionali” produrrà sempre e comunque un provento di natura commerciale

A maggior ragione la norma non potrebbe trovare applicazione in presenza di un gestore che si configura “anche” associazione di promozione sociale iscritta al Runts, stante l’impossibilità per gli enti del terzo settore di applicare le agevolazioni di cui all’articolo 148, comma 3, Tuir.

Ma la circostanza che le prestazioni non rientreranno più tra le finalità istituzionali dell’ente gestore provocherà il loro assoggettamento ad Iva anche nel caso in cui il soggetto gestore sportivo non svolgesse altra attività soggetta a tale imposta. Ovviamente, l’aliquota applicabile sarà quella ordinaria del 22 per cento.

Altro motivo che potrebbe impedire l’utilizzo della norma di esclusione da imposta dei canoni di locazione degli impianti sportivi potrebbe essere, per le società sportive di capitali, l’aver optato per la parziale distribuzione di utili prevista dall’articolo 8, comma 3, D.Lgs. 36/2021.

Tale scelta potrebbe, per le società di capitali, inibire comunque la possibilità di utilizzare l’articolo 148 Tuir nonché la disciplina agevolativa ai fini Iva.

Ne deriva, quindi, che l’applicazione dell’Iva ad aliquota ordinaria sulle quote di utilizzo rende la mera attività di noleggio di impianti sportivi molto impattante come costo sul fruitore, quasi sempre un consumatore finale a tale titolo.

Questa scelta potrebbe far valutare, sussistendone gli ulteriori presupposti richiesti, l’opportunità per il gestore (comunque svolgente propria attività all’interno) di acquisire la qualifica di associazione di promozione sociale e quindi, applicando l’articolo 86 del codice del terzo settore, ridurre per le attività commerciali l’impatto dell’Iva sui fruitori dell’impianto.

Ancora tutte da valutare appaiono, invece, le disposizioni in vigore dal 1° gennaio 2024, che hanno, a seguito della procedura di infrazione comunitaria, imposto al legislatore di trasferire le prestazioni di servizi degli enti associativi non commerciali da operazione fuori campo Iva ad operazione esente da Iva.

In questo caso da un lato si potrebbe recuperare l’esenzione da Iva (annullando pertanto gli effetti economici della riforma dello sport) ma, dall’altro, su questa futura disciplina incombe un comma di non immediata decifrazione: L’esenzione dalla imposta si applica, inoltre, alle seguenti operazioni, a condizione di non provocare distorsioni della concorrenza a danno delle imprese commerciali soggette a Iva”.

Dalla lettura che l’Agenzia delle entrate ne darà di questo divieto di “concorrenza sleale” dipenderà l’esito delle agevolazioni ai fini Iva sui corrispettivi di noleggio di impianti sportivi per le associazioni e società sportive dilettantistiche.