15 Gennaio 2016

La definizione dell’imposta principale di successione

di Luigi Ferrajoli
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Un’interessante pronuncia della Corte di Cassazione chiarisce l’efficacia dell’art. 16 della legge n. 289 del 27 dicembre 2002 sulla definizione delle liti fiscali pendenti applicato alla materia successoria.

In particolare, la norma in esame nel prevedere la possibilità per il ricorrente di definire, con un pagamento in percentuale sul valore della lite, i contenziosi in essere con l’Amministrazione finanziaria, individuava negli “avvisi di accertamento, provvedimenti di irrogazione delle sanzioni e ogni altro atto di imposizionegli atti definibili, con ciò ponendo all’interprete e prima ancora all’operatore della materia problematiche in ordine all’applicabilità dell’istituto al provvedimento di liquidazione dell’imposta di successione.

Questa la tematica ermeneutica da cui origina il contenzioso risolto dalla sentenza n. 24022 del 25.11.2015 emessa dai Giudici di legittimità, i quali si trovarono a dirimere una lite avente ad oggetto l’impugnazione di atto di liquidazione dell’imposta complementare derivante dall’accertamento di un maggior valore di alcuni immobili compresi nell’asse ereditario dei contribuenti, il quale era stato preceduto da un avviso di liquidazione dell’imposta principale dovuta per la successione, quest’ultimo definito con il citato condono.

Il suddetto condono era stato negato dall’Amministrazione con provvedimento che veniva impugnato ed annullato dai giudici del merito con pronuncia passata in giudicato che dichiarava condonabile la lite ed ammetteva i contribuenti alla definizione.

Il pronunciamento dei Giudici di merito sul successivo provvedimento di liquidazione dell’imposta di successione complementare riteneva efficace anche nei confronti dell’imposta complementare l’avvenuta definizione della controversia sull’imposta principale.

La c.d. “doppia conforme” di merito veniva dall’Ufficio impugnata con ricorso in cassazione per presunta violazione della norma di cui all’art. 16 della legge n. 289 del 2002 sul presupposto che la lite pendente attenesse solo e soltanto all’imposta che ne costituisce oggetto e che, pertanto, la definizione del giudizio avente ad oggetto l’imposta principale di successione non potesse esplicare efficacia anche nei confronti dell’imposta complementare successivamente liquidata.

Tuttavia, il Supremo Collegio muovendo dalla consolidata interpretazione giurisprudenziale secondo cui “in tema di condono fiscale esulano dal concetto normativo di lite pendente e, quindi, dalla possibilità di definizione agevolata ai sensi dalla L. 27 dicembre 2002, n. 289, art. 16, soltanto le controversie aventi ad oggetto provvedimenti di mera liquidazione del tributo” confermava le precedenti sentenze nel merito favorevoli ai contribuenti.

Il ragionamento dei Giudici di legittimità muove dalla necessità di definire prima di tutto il contenuto dell’avviso di liquidazione dell’imposta di successione, verificando se il provvedimento impositivo sia stato emanato sulla base della sola dichiarazione proveniente dagli eredi, senza rettifica dei valori e senza irrogazione di sanzioni, ovvero se sia stato emesso previa valutazione e rettifica, da parte dell’Ufficio finanziario, della congruità dei valori e dell’effettiva esistenza delle passività dichiarate, procedendo, in caso di dichiarazione incompleta o infedele da parte dell’erede, alla sua rettifica.

In quest’ultimo caso la Cassazione, in conformità ai precedenti dalla stessa citati in sentenza (Cass. n. 8196 del 2011, n. 18840 del 2006 e n. 20898 del 2014) ritiene che l’avviso di liquidazione dell’imposta di successione partecipi nella sostanza alla funzione propria dell’accertamento, e che la controversia conseguente alla sua impugnazione sia per ciò stesso annoverabile tra quelle condonabili ai sensi dell’art. 16 della legge n. 289 del 2002.

I Giudici della Corte danno atto che “nella fattispecie in esame la controversia relativa all’avviso di liquidazione dell’imposta principale di successione è stata ritenuta con sentenza passata in giudicato lite pendente condonabile ai sensi della L. n. 289 del 2002, art. 16 sicchè l’atto impositivo, in quanto considerato condonabile, non era evidentemente finalizzato alla mera o automatica liquidazione e riscossione dell’imposta, in base a valori incontestati ed a parametri prestabiliti, ma doveva contenere elementi – ad esempio una rettifica di valori – che giustificassero la persistente controvertibilità del presupposto della materia imponibile”.

E concludono per l’assenza di autosufficienza del ricorso promosso dall’Agenzia attesa l’assenza di riferimento, nell’atto introduttivo del giudizio di cassazione, al concreto contenuto dell’avviso di liquidazione dell’imposta principale da altro giudice ritenuto condonabile, con conseguente impedimento per il giudice di legittimità di conoscerne la portata.