6 Giugno 2016

La Corte UE decide sulla legittimità delle soglie di punibilità

di Luigi Ferrajoli
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Lo scorso 30 ottobre il Tribunale di Varese – Ufficio del Giudice per le Indagini Preliminari – ha emesso l’ordinanza n. 588 con cui è stato disposto il rinvio pregiudiziale della questione alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea. La decisione dei giudici lombardi offre nuovi spunti di riflessione sulla conforme interpretazione delle norme di cui al D.Lgs. n.74/00 al diritto europeo dopo la celebre sentenza “Taricco” che, com’è noto, ha affrontato il diverso tema dell’idoneità del termine prescrizionale previsto dalla legislazione nazionale ai fini di un’adeguata tutela degli interessi finanziari dell’Unione Europea.

La questione in esame trae origine dalla formulazione dell’accusa di reato nei confronti dell’amministratore di una Società a responsabilità limitata per non aver versato l’IVA per un importo pari a € 175.000 circa. La contestazione penale deriva a sua volta dalla comunicazione della notizia di reato presentata dai funzionari dell’Agenzia delle Entrate i quali avevano riscontrato che, nonostante la tempestiva presentazione dell’autoliquidazione dell’imposta, la Società aveva omesso il pagamento entro il termine ultimo che, nel caso di specie, coincideva con il termine per il pagamento dell’acconto per l’annualità successiva.

La recente modifica dei reati tributari operata dal D.Lgs. n.158/15 ha spinto il Giudice per le indagini preliminari ad interrogarsi se la previsione di una soglia di punibilità più alta per i delitti di omesso versamento Iva, rispetto a quella prevista in caso di omesso versamento dell’imposte sui redditi, si ponga in conflitto con l’obbligo per gli Stati membri di tutelare gli interessi finanziari dell’Unione Europea.

In particolare, il GIP del Tribunale di Varese si è chiesto se possa considerarsi conforme ai principi espressi dal diritto europeo l’omessa equiparazione tra le soglie di punibilità previste dagli artt.10-bis (i.e. € 150.000) per il reato di omesso versamento di ritenute dovute o certificate e 10-ter (i.e. € 250.000) per il delitto di omesso versamento di IVA.

Il secondo motivo di rinvio, invece, si focalizza sulla conformità della causa di non punibilità introdotta all’art.13 D.Lgs. n.74/00 ai principi immanenti al diritto europeo, chiedendosi in particolare se tale esimente osti alla promulgazione di una norma nazionale che escluda la punibilità dell’imputato qualora l’ente dotato di personalità giuridica ad esso riconducibile abbia provveduto al pagamento tardivo dell’imposta e delle sanzioni amministrative dovute a titolo di IVA. Com’è noto, la causa di non punibilità per estinzione del debito tributario può trovare applicazione solo nel caso in cui il pagamento avvenga prima dell’apertura del dibattimento, pertanto, ci si interroga se nel caso in cui il rapporto fiscale si riferisca ad una persona giuridica siano effettivamente rispettati i criteri di “effettività, proporzionalità e dissuasività sanciti dagli artt. 4.3 TUE e 325 TFUE”. Ed infatti, posto che le sanzioni tributarie dell’Ente non possono estendersi ai suoi amministratori, la misura penale resterebbe l’unica sanzione applicabile, motivo per cui il pagamento del debito fiscale da parte dell’Ente e l’applicazione della citata causa di non punibilità potrebbero condurre ad una inevitabile sterilizzazione del principio di dissuasività della pena.

Il Tribunale di Varese ha, inoltre, richiesto l’intervento della Corte di Giustizia dell’Unione Europea affinché verifichi se la “nozione di illecito fraudolento disciplinata all’art. 1 della Convenzione PIF vada interpretata nel senso di ritenere incluso nel concetto anche l’ipotesi di omesso, parziale, tardivo versamento dell’imposta sul valore aggiunto”. Sul punto, è doveroso evidenziare che il delitto di omesso versamento dell’IVA previsto e punito dall’art.10-ter del D.Lgs.74/00 si realizza semplicemente non versando l’imposta regolarmente, ragione che induce a ritenere il citato reato omissivo ben distante dal concetto di frode richiamato dalla Convenzione.

In conclusione si segnala che, nell’evenienza in cui i giudici europei reputino fondate le questioni prospettate dall’ordinanza in commento con esiti peggiorativi per l’imputato, sarà interessante verificare se prevarrà l’applicazione dei principi comunitari ovvero il “controlimite” del divieto di retroattività in malam partem previsto dalla normativa nazionale.