27 Novembre 2013

Il trust al nodo delle convenzioni

di Ennio Vial
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L’applicabilità delle convenzioni internazionali contro le doppie imposizioni ai trust è oggetto di discussione tra gli operatori del settore e la risposta alla questione è tutt’altro che scontata.

In base all’articolo 1 del Modello OCSE, la Convenzione si applica “alle persone che sono residenti di uno o di entrambi gli Stati contraenti”. Precisa il successivo articolo 3, primo paragrafo, lettera a) che la nozione di “persona” comprende le persone fisiche, le società ed ogni altra associazione di persone (body of persons).

A sua volta, il successivo articolo 4 fornisce la definizione di “residente di uno Stato contraente” individuandola in “ogni persona che, in virtù della legislazione di detto Stato, è assoggettata ad imposta nello stesso Stato a motivo del suo domicilio, della sua residenza, della sua sede di direzione o di ogni altro criterio di natura analoga”.

Pertanto, un trust rientra nell’alveo delle Convenzioni se:

  1. è possibile considerarlo come una persona fisica, una società o come un body of persons;
  2. è assoggettato ad imposizione in uno degli Stati contraenti;
  3. è considerato residente nello Stato contraente in cui è assoggettato ad imposizione.

Con riferimento alla prima condizione, considerata l’evidente impossibilità di assimilarlo alle persone fisiche, resta da valutare una sua equiparazione alle società ovvero ai “body of persons”.

A tal fine è opportuno precisare che, ai fini convenzionali, il termine “società”, ai sensi dell’articolo 3, primo paragrafo, lettera b) del Modello OCSE individua “qualsiasi persona giuridica o qualsiasi ente che è considerato persona giuridica ai fini dell’imposizione”.

In altri termini, il Modello OCSE rinvia alle legislazioni interne degli Stati membri impedendo di individuare una norma, generalmente valida, di equiparazione (ovvero di non equiparazione) del trust alle società.

La dottrina ritiene che il trust possa essere considerato come un body of persons e, in quanto tale, persona ai fini convenzionali.

Il suddetto articolo del modello è infatti da leggere in combinato disposto con il paragrafo 1 del Commentario ad esso relativo, secondo cui l’elencazione dei soggetti non è esaustiva e deve essere interpretata in senso lato; si afferma, infatti, che “the definition of the term “person” given in the sub-paragraph a) is not exhaustive and should be read as indicating that the term is “person” is used in a very wide sense”.

Si sostiene, pertanto, che se al trust non fossero applicabili le convenzioni contro le doppie imposizioni, sicuramente sarebbero applicabili al trustee persona fisica o giuridica.

Per quel che concerne la seconda condizione relativa all’assoggettamento ad imposizione, è evidente che essa debba essere analizzata con riferimento alle legislazioni interne degli Stati membri coinvolti.

Certamente se l’ordinamento giuridico dello Stato contraente che applica la convenzione riconosce al trust la soggettività passiva ai fini delle imposte sul reddito, occorre estendere al trust l’applicazione della Convenzione in oggetto, subordinatamente alla verifica della sua residenza fiscale.

Alcune convenzioni, come ad esempio quella con gli Stati Uniti d’America o con il Canada menzionano espressamente il trust, risolvendo a monte il problema.

Secondo parte della dottrina a conclusioni opposte, e cioè nel senso dell’impossibilità per il trust in quanto tale di poter beneficiare delle disposizioni contenute in una convenzione, si deve propendere nell’ipotesi di trust trasparenti. In questo caso, infatti, il reddito relativo al patrimonio costituito in trust è automaticamente trasferito ai beneficiari. Costoro saranno, conseguentemente, i beneficiari delle disposizioni convenzionali.

Il nodo dell’applicabilità del disposto convenzionale emerge soprattutto quando il trust è titolare di un reddito prodotto all’estero, come ad esempio un dividendo, per cui appare legittimo chiedersi se possiamo limitare il prelievo al limite previsto dalla convenzione. Nel caso opposto, tuttavia, ossia quello del trust estero che percepisce un reddito italiano, il problema non si pone in quanto l’applicabilità delle convenzioni è già stata sancita dall’Agenzia delle entrate con la C.M. 48/E/2007.

Viene infatti precisato dall’Amministrazione che per individuare la residenza di un trust si potrà fare utile riferimento alle convenzioni per evitare le doppie imposizioni.

E’ possibile che i trust diano luogo a problematiche di tassazione transfrontaliera con eventuali fenomeni di doppia imposizione o, all’opposto, di elusione fiscale.

Secondo l’Agenzia, il fatto che il trust sia stato annoverato, tra i soggetti passivi d’imposta, ai fini convenzionali comporta che il trust deve essere considerato come “persona” (“una persona diversa da una persona fisica” di cui all’articolo 4, comma 3, modello OCSE di convenzione per evitare le doppie imposizioni) anche se non espressamente menzionato nelle singole convenzioni.