29 Novembre 2023

Il rischio sportivo e adempimenti giuslavoristici per gli impianti sportivi

di Francesco ScrivanoGuido Martinelli
Scarica in PDF

L’articolo 33, comma 1, D.Lgs. 36/2021, riporta che, anche nel lavoro sportivo, devono trovare applicazione le norme sulla sicurezza sul lavoro, “in quanto compatibili con le modalità della prestazione sportiva”; da questa fattispecie emerge un’oggettiva diversità della natura dell’attività lavorativa “tradizionale”, rispetto a quella esercitata dagli sportivi, entrambe soggette alla tutela e agli obblighi in materia di sicurezza sul lavoro.

In particolare, nel luogo di lavoro tradizionale, ossia quell’ambiente in cui si svolge un’attività lavorativa non sportiva, il lavoratore nell’esercizio della propria mansione non accetta nessun rischio di infortunio (o malattia professionale) eziologicamente connesse all’attività stessa.

Il D.Lgs. 81/2008 prevede, infatti, una tutela globalmente intesa, rispetto a tutti i rischi alla salute e alla sicurezza (anche potenziali) del lavoratore (che derivano dallo svolgimento dell’attività lavorativa), con la conseguenza che gli obblighi in capo al datore di lavoro si plasmano e misurano in base ad una corretta valutazione dei rischi, in cui può incorrere il lavoratore nell’esercizio dell’attività, al fine della loro prevenzione, riduzione e, ove possibile, eliminazione.

Diversamente, nell’ambito sportivo, l’oggetto dell’attività è una prestazione fisica, dalla quale possono derivare fisiologicamente danni e/o infortuni, direttamente correlati all’attività sportiva stessa e, in qualche modo, ne costituiscono una caratteristica.

In tale contesto, è pacifico affermare che il lavoratore sportivo (diversamente dal lavoratore tradizionalmente inteso) accetta il rischio di subire un infortunio nell’esercizio della propria attività.

A tal riguardo, basti pensare a tutte quelle attività svolte dall’atleta che consistano in un contatto fisico, parimenti dicasi per gli allenatori e i tecnici che interagiscono a stretto contatto con gli atleti sportivi e, generalmente, da tutti i soggetti rientranti nella definizione di “lavoratore sportivo”, ai sensi dell’articolo 25, comma 1, D.Lgs. 36/2021, a mente del quale: «l’atleta, l’allenatore, l’istruttore, il direttore tecnico, il direttore sportivo, il preparatore atletico e il direttore di gara che, senza alcuna distinzione di genere e a prescindere dal settore professionistico o dilettantistico, esercita l’attività sportiva verso un corrispettivo».

Pertanto, nell’ambito sportivo, la tutela e prevenzione del rischio – cui è assoggettato il Datore di lavoro e/o il Committente – è relativamente inferiore, rispetto ad una tradizionale azienda.

Detto in altri termini, e facendo un esempio concreto, il pugile, nell’esercizio della sua mansione, accetta il rischio di recarsi un danno fisico (es. ematoma, rottura del setto nasale, lacerazioni della pelle) correlato all’attività che non può essere in alcun modo evitato, in quanto intrinseco alla natura dell’attività stessa. Parimenti dicasi per altre attività geneticamente pericolose quali, ad esempio, motociclismo, l’automobilismo, il rugby, il freediving e molti altri.

In un contesto sportivo sarà necessario, pertanto, redigere un DVR (documento di valutazione dei rischi) “su misura”, in base alla specifica mansione esercitata dal lavoratore, anche in considerazione delle carte e regolamenti redatti dalle federazioni sportive che fungono da linee guida alla redazione della documentazione in materia.

La prestazione svolta nel pieno rispetto delle norme di sicurezza stabilite dalla Federazione per quella tipologia di disciplina sportiva debbono far derivare, in una logica di lettura della “specificità dello sport” (ricordata sia nella L. 111/2023, che nel D.Lgs. 36/2021) che la prestazione possa essere considerata sicura.

 

Garanti della tutela della sicurezza nell’ambito sportivo: il gestore dell’impianto sportivo

A seguito dell’entrata in vigore del D.Lgs. 36/2021, tutti i prestatori d’opera sportiva-dilettantistica, laddove non inquadrati come occasionali o subordinati, vengono considerati presuntivamente collaboratori coordinati e continuativi, ai sensi e per gli effetti dell’articolo 409 c.p.c. e, quindi, percipienti di “redditi di lavoro”. Con la conseguenza che, fra le molteplici implicazioni normative, trova integralmente applicazione il D.Lgs. 81/2008.

L’articolo 3, comma 7, D.Lgs. 81/2008, recita: “nei confronti dei lavoratori a progetto di cui agli articoli 61, e seguenti, del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, e successive modificazioni, e dei collaboratori coordinati e continuativi di cui all’articolo 409, primo comma, n. 3, del Codice di procedura civile, le disposizioni di cui al presente decreto si applicano ove la prestazione lavorativa si svolga nei luoghi di lavoro del committente.

Pertanto, è ritenuto Committente, l’Ente sportivo che è proprietario dell’impianto e gestore diretto dello stesso. In tale ipotesi, essendo l’ente una Asd o Ssd, questa sarà tenuta «ad adottare le misure utili a eliminare o, ove ciò non sia possibile, a ridurre al minimo i rischi da interferenze tra la prestazione del soggetto e altre attività che si svolgano nell’ambito della medesima organizzazione», e, pertanto, sarà obbligata ad elaborare e redigere il DVR (del rischio sportivo e del rischio tradizionale), indipendentemente dalla loro dimensione e struttura. Ne deriva che, l’ente in questione si qualifica come «datore di lavoro» definito all’articolo 2, comma 1, lett. b), D.Lgs. 81/2008, come “il soggetto titolare del rapporto di lavoro con il lavoratore o, comunque, il soggetto che, secondo il tipo e l’assetto dell’organizzazione nel cui ambito il lavoratore presta la propria attività, ha la responsabilità dell’organizzazione stessa o dell’unità produttiva in quanto esercita i poteri decisionali e di spesa”.

Nell’ipotesi in cui vi sia molteplicità di organizzazioni, che esercitano la medesima attività all’interno del medesimo luogo/spazio di lavoro, vi è un riparto della responsabilità in tema di sicurezza.

L’ente che gestisce l’intero spazio (in qualità di proprietario o solo di gestore) e che concede in locazione (o in comodato) singoli spazi sportivi (es. corsie nuoto, campi da tennis) ad altre Asd/Ssd che, poi, li utilizzano organizzando l’attività del proprio personale, è tenuto, in quanto locatore a redigere il DVR e consegnarne una copia anche al conduttore, che deve avere contezza dei rischi che possono sorgere in quell’ambiente di lavoro con quelle particolari caratteristiche. Entrambi gli enti sono poi tenuti a redigere insieme il DUVRI (che è necessario anche in tutti i casi c’è un evento – competizione ecc.).

Parimenti, l’Ente sportivo che prende in affitto (o da Ente pubblico o da altro ente sportivo) spazi dell’impianto per esercitare la propria attività deve cooperare con il gestore e/o proprietario dell’impianto nella redazione del DUVRI. Quest’ultimo adempimento è necessario ogni volta che, in un ambiente comune, più realtà/ organizzazioni si trovano in “contatto” nello svolgimento dell’attività sportiva. Ne consegue, pertanto, che appare pacifico, ma da valutare di volta in volta al caso concreto, che qualora vi sia un evento sportivo, una competizione o una manifestazione sportiva, tutti gli enti sportivi sono tenuti a cooperare e collaborare, al fine di individuare i rischi interferenziali nascenti – appunto – dalla copresenza di più lavoratori sportivi in un comune ambiente di lavoro, il cui proprietario/gestore diretto deve consegnare/ predisporre tutta la documentazione in materia di sicurezza. Tutti ben comprendiamo che, in una sala di muscolazione, sarebbe opportuno poter entrare ben protetti dai carichi pendenti.

Un dato importante è anche quello relativo alla formazione e informazione dei lavoratori sui rischi connessi alla loro attività.

Non vi è dubbio che non vi sia miglior conoscitore dei rischi legati allo svolgimento di una prestazione sportiva, di colui il quale allena l’atleta.

Sarebbe proprio impossibile caricare sulla formazione dei tecnici federali anche tale onere da riportare nei club, semplificando ulteriormente la prassi di applicazione di dette norme?