14 Settembre 2023

Il regime di esenzione per le prestazioni sportive

di Roberto Curcu
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La scheda di FISCOPRATICO

In un precedente contributo abbiamo accennato al regime Iva delle associazioni di promozione sociale che gestiscono dei banchi mescita, alla normativa attualmente in vigore e alle future modifiche che dovrebbero intervenire nel luglio 2024, quando le prestazioni di servizi (tipicamente somministrazioni di alimenti e bevande) rese dietro pagamento di corrispettivi specifici perderanno l’attuale regime di esclusione da Iva, per ricadere potenzialmente in quello di esenzione, con la necessità comunque dell’apertura di una partita Iva.

Tra le varie prestazioni che vengono rese dalle associazioni ai loro soci, oltre alle somministrazioni di bevande già citate delle associazioni di promozione sociale, molto frequenti sono quelle svolte, dietro richiesta di corrispettivi specifici, per l’insegnamento di discipline sportive o per la pratica di uno sport, dalle associazioni sportive dilettantistiche. Prestazioni, queste, che per la versione attualmente in vigore dell’articolo 4, D.P.R. 633/1972, sono escluse da Iva.

L’articolo 4 – che, come detto, attualmente esclude da Iva i corrispettivi specifici per le prestazioni “sportive” – riguarda espressamente le associazioni sportive dilettantistiche, le quali, peraltro, ai sensi del comma 9, dell’articolo 4, devono garantire l’effettività del rapporto associativo, attraverso il rispetto di talune condizioni, tra le quali è possibile annoverare:

  • il divieto di distribuire utili;
  • l’obbligo di non restituire ai soci il patrimonio dell’ente;
  • la disciplina uniforme ed effettiva del rapporto associativo;
  • l’eleggibilità libera degli organi amministrativi;
  • il principio del voto singolo, ecc…

Ora, tralasciando le “false associazioni” – per le quali il mancato assoggettamento ad Iva dei corrispettivi specifici può portare anche a gravi conseguenze penali (per la contestazione del reato di omessa dichiarazione) – per le associazioni sportive dilettantistiche “genuine” non dovrebbero esservi dubbi (almeno fino alla modifica della normativa in commento) circa il regolare non assoggettamento ad Iva dei corrispettivi specifici. Nonostante la norma attualmente in vigore non sia pienamente compatibile con la disciplina comunitaria, l’errore nel recepimento della disciplina non può certamente essere addebitato al contribuente, e quindi – come è stato statuito dalla Corte di Giustizia UE – la diretta applicazione del diritto comunitario contro la norma nazionale incompatibile trova un limite nel principio di certezza del diritto. In sostanza, accertamenti nei confronti delle associazioni sportive dilettantistiche non sono possibili, stante la prevalenza del principio di certezza del diritto.

Le cose sono un po’ più complicate per le società sportive dilettantistiche. Oltre all’articolo 4, D.P.R. 633/1972, nell’ordinamento è presente l’articolo 90, L. 289/2002, per il quale “Le disposizioni della legge 16 dicembre 1991, n. 398, e successive modificazioni, e le altre disposizioni tributarie riguardanti le associazioni sportive dilettantistiche si applicano anche alle società sportive dilettantistiche costituite in società di capitali senza fine di lucro”. Tra le “altre disposizioni tributarie” che trovano applicazione a favore delle società sportive dilettantistiche, vi è anche l’articolo 4 (comma 4, secondo periodo) che esclude da Iva i corrispettivi specifici incassati dai soci? La domanda si pone in quanto il comma 2 dello stesso articolo prevede che sono sempre “commerciali” tutte le operazioni effettuate dalle società commerciali. Ipotizzando che alle società sportive dilettantistiche si applichino le agevolazioni Iva previste per le associazioni sportive dilettantistiche, è necessario che siano rispettati anche i principi di effettività del rapporto “associativo” previsti dall’articolo 9 (divieto di distribuire gli utili, disciplina uniforme del rapporto “associativo”, ecc…)?

Pare che dopo due decenni dalla pubblicazione della L. 289/2002 l’Agenzia delle entrate – smentendo dei pronunciamenti rilasciati in sedi locali – ritenga che le società sportive dilettantistiche non possono fruire del regime di esclusione da Iva dei corrispettivi specifici previsto per le associazioni sportive dilettantistiche, e quindi siano in corso degli “accertamenti pilota”.

Il problema del possibile assoggettamento ad Iva delle prestazioni di servizi rese dalle società sportive dilettantistiche, rischia di permanere anche quando entrerà in vigore la riforma al luglio 2024. Abrogato il regime di esclusione da Iva previsto dall’articolo 4, l’articolo 10 si arricchirà di un punto, che prevede il regime di esenzione:

  • per “le prestazioni di servizi strettamente connesse con la pratica dello sport o dell’educazione fisica rese da associazioni sportive dilettantistiche alle persone che esercitano lo sport o l’educazione fisica ovvero nei confronti di associazioni che svolgono le medesime attività e che per legge, regolamento o statuto fanno parte di un’unica organizzazione locale o nazionale, nonché dei rispettivi soci, associati o partecipanti e dei tesserati dalle rispettive organizzazioni nazionali”,
  • a condizione che “le associazioni interessate” rispettino i principi di effettività del rapporto associativo.

Se oggi ci si può chiedere, quindi, se il regime di esclusione da Iva previsto per le associazioni sia estensibile alle società, un domani la stessa domanda dovremmo riproporla per il regime di esenzione.

Fatta tale lunga premessa, si riesce forse a capire meglio la logica dell’articolo 36-bis, D.L. 75/2023, il quale, nel testo risultante dalla conversione ed in vigore al 17.8.2023, prevede al primo comma che “Le prestazioni di servizi strettamente connessi con la pratica dello sport, compresi quelli didattici e formativi, rese nei confronti delle persone che esercitano lo sport o l’educazione fisica da parte di organismi senza fine di lucro, compresi gli enti sportivi dilettantistici di cui all’articolo 6 del decreto legislativo 28 febbraio 2021, n. 36, sono esenti dall’imposta sul valore aggiunto”. In sostanza, dal 17.8.2023 le prestazioni di servizi delle società sportive dilettantistiche – qualora non siano escluse da Iva – sono esenti. Già questo comma non brilla di chiarezza, posto che ora non si capisce se l’esclusione da Iva (prevista dalla interpretazione estensiva della L. 289/90) non sia più applicabile, o se il regime di esenzione trovi applicazione solo in eventuali casi residuali in cui non sia invocabile il regime di esclusione previsto dall’articolo 4. Di sicuro, il regime di esenzione trova applicazione solo quando non trova applicazione il regime di esclusione, e ad oggi l’articolo 4 del decreto Iva non è abrogato. L’associazione sportiva dilettantistica continuerà quindi sicuramente ad applicare il regime di esclusione, e se già non la ha, non dovrà chiedere l’apertura di una partita Iva per queste operazioni.

Forse ancora più interessante è il secondo comma, il quale prevede che le prestazioni di servizi didattici e formativi strettamente connessi con la pratica dello sport, rese prima del 17.8.2023, sono esenti ai sensi dell’articolo 10, numero 20, D.P.R. 633/1972; chi scrive ritiene che questa norma vale per tutti i soggetti prestatori (e quindi non solo quelli resi da associazioni e società sportive dilettantistiche), e solo fino al 16 agosto 2023.

Indipendentemente dalla sua probabile incompatibilità comunitaria, siamo in presenza di una norma di interpretazione autentica che dovrebbe risolvere (parzialmente) il problema degli accertamenti in corso nei confronti delle società sportive dilettantistiche, o di quei soggetti che non godendo del regime di esclusione da Iva (ad esempio che hanno fatto prestazioni nei confronti di soggetti non soci, non hanno garantito un rapporto associativo effettivo, ecc…), hanno ritenuto che queste prestazioni comunque non fossero gravate da Iva (erronea applicazione del regime di esclusione, o esenzione come prestazioni didattiche), quando invece l’Agenzia delle Entrate – interpretando correttamente la recente giurisprudenza della Corte di Giustizia UE – ha chiarito che debbano essere assoggettate ad Iva del 22% (il caso si riferiva ai corsi di nuoto). In sostanza, anche il soggetto che non applicava il regime di esclusione, in buona fede ha applicato il regime di esenzione, e solo nel 2022 (interpello 393/2022, che richiama la sentenza della Corte di Giustizia UE 373/19, pubblicata a fine ottobre 2021) poteva venire a conoscenza che i corsi sportivi non possono essere ricompresi tra le prestazioni educative e didattiche che godono del regime di esenzione.

In sostanza, se non vi sono i requisiti per applicare un regime di esclusione da Iva per le prestazioni rese ai soci, fino al 16 agosto 2023 si “tollera” la mancata applicazione dell’Iva (salvo che comunque un passaggio retroattivo da operazioni escluse ad operazioni esenti può comunque portare a conseguenze negative).