15 Febbraio 2024

I nuovi criteri per la determinazione della residenza fiscale delle persone fisiche

di Stefano Rossetti
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La scheda di FISCOPRATICO

Il D.Lgs 209/2023, modificando l’articolo 2, comma 2, Tuir, ha riscritto i criteri per la determinazione della residenza fiscale delle persone fisiche, i quali decorrono dall’1.1.2024.

La rivisitazione dei previgenti criteri si è resa necessaria, al fine di dare preminenza ai collegamenti fattuali con il territorio italiano rispetto a quelli formali, con ciò allineandosi alla maggior parte delle legislazioni estere.

Ricordiamo che, fino allo scorso 31.12.2023, ai sensi della previgente versione dell’articolo 2, comma 2, Tuir, si consideravano residenti in Italia le persone fisiche che, per la maggior parte del periodo d’imposta (ossia 183 giorni in un anno, o 184 giorni in caso di anno bisestile):

  • erano iscritte nel registro anagrafico della popolazione residente (criterio di natura formale);
  • avevano nel territorio dello Stato italiano il proprio domicilio (criterio di natura fattuale);
  • avevano nel territorio dello Stato italiano la propria residenza (criterio di natura fattuale).

Tali condizioni erano tra loro alternative, con la conseguenza che, anche la sussistenza di una sola delle stesse, era sufficiente a radicare la residenza di una persona nel territorio dello Stato.

Tali criteri non erano scevri di criticità; infatti:

  • il criterio della residenza anagrafica non era idoneo a garantire un effettivo radicamento del contribuente sul territorio nazionale;
  • il criterio del domicilio, invece, come declinato dalla giurisprudenza di merito e di legittimità, aveva dato adito ad un flusso costante di contenzioso. La giurisprudenza apprezzava sia i legami economici sia i legami familiari ed affettivi del contribuente, per l’individuazione del domicilio del contribuente ed essendo tali legami non oggettivamente “pesabili” generavano diverse interpretazioni tra Amministrazione finanziaria e contribuente.

Alla luce di tutto ciò, il legislatore è intervenuto prevedendo tre principali novità rispetto al passato; infatti viene:

  • fornita una nuova formulazione di domicilio;
  • introdotto un nuovo criterio che è quello della presenza sul territorio;
  • ridimensionata la valenza del criterio della residenza anagrafica, la quale ora rappresenta soltanto una presunzione relativa.

Secondo il nuovo articolo 2, comma 2, Tuir, una persona fisica è considerata residente nel territorio dello Stato se, per la maggior parte del periodo d’imposta (contando anche le frazioni di giorno):

  • ha fissato la residenza (come definita dal codice civile) nel territorio dello Stato;
  • ha il domicilio nel territorio dello Stato. Per dissipare i dubbi relativi all’esatto significato da attribuire al domicilio, il legislatore ne fornisce una interpretazione autentica, definendolo come “il luogo in cui si sviluppano, in via principale, le relazioni personali e familiari della persona”. Dunque, il legislatore ha inteso far coincidere il domicilio con il luogo in cui sono localizzati gli affetti del contribuente. Sicuramente questa definizione chiarificatrice è da accogliere con estremo favore; tuttavia, non si può fare a meno di sottolineare che ciò comporterà, in capo all’Amministrazione finanziaria, uno sforzo accertativo maggiore, poiché le relazioni affettive, per loro stessa natura, sono fluide e intangibili. Sotto questo profilo, sarà interessante vedere quale metodologia accertativa sarà attuata dall’Amministrazione finanziaria;
  • è presente nel territorio dello Stato. Sulla base della nuova formulazione, quindi, la mera presenza sul territorio italiano per la maggior parte del periodo d’imposta comporterebbe lo status di residente.

Oltre a quanto sopra, il criterio della residenza anagrafica viene mantenuto dal legislatore, ma in maniera depotenziata; infatti, esso viene fatto “retrocedere” a presunzione legale relativa.

In sostanza, il contribuente, qualora fosse iscritto nel registro anagrafico della popolazione residente, ma effettivamente trasferitosi all’estero, potrebbe dimostrare il proprio radicamento fuori dai confini nazionali, dimostrando di aver fissato la residenza e il domicilio all’estero e di non essere stato presente in Italia per più della metà del periodo d’imposta.

Sotto il profilo procedurale, resta tutto immutato, nel senso che l’onere della prova, nell’accertare i criteri sopra visti, rimane in capo all’Amministrazione finanziaria; tuttavia, se il contribuente si trasferisce in uno stato a fiscalità privilegiata, l’onere della prova si inverte.

In questa ipotesi, graverebbe sul contribuente l’onere di dimostrare che:

  • non vi è la volontà di dimorare abitualmente in Italia;
  • il centro delle relazioni e degli affetti non è localizzato in Italia;
  • non ha soggiornato nel territorio italiano per la maggior parte del periodo d’imposta.